COPERTINA

12 NOVEMBRE 2015


GIORNO 2: SECONDA PRESENTAZIONE

 ORE 15.00


La scelta vegetariana



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In questi ultimi anni l'alimentazione e la scelta di vita vegetariana sono diventati argomenti attuali e le ultime dichiarazioni dell'OMS hanno riportato la scelta vegetariana nel dibattito pubblico.

Secondo il Meat Atlas 2014 circa il 10% della popolazione europea si definisce vegetariano e nel mondo sono 375 milioni le persone che seguono un'alimentazione green.
In letteratura scientifica la parola vegetariano indica tutte le varianti dell'alimentazione a base vegetale,quindi latto-ovo-vegetariana, latto-vegetariana, ovo-vegetariana e vegana.

L'American Dietetic Association (la principale organizzazione dei professionisti dell'alimentazione e della nutrizione degli Stati Uniti e la più grande al mondo) nel 2003 ha pubblicato un rapporto in cui esprime la propria posizione a riguardo delle diete vegetariane.

“E' posizione dell'American Dietetic Association che le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete vegetariane totali o vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e possono conferire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Le diete vegetariane ben pianificate sono appropriate per individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusa gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia, adolescenza, e per gli atleti.”

Tale rapporto è stato aggiornato e riconfermato nel 2009 riportando i risultati di una rassegna basata sull'evidenza di tutti gli studi in merito all'alimentazione vegetariana.

La mole enorme di dati ottenuti ha mostrato che la dieta vegetariana è associata a rischio ridotto di morte per cardiopatia ischemica. In più, i livelli di colesterolo LDL nei vegetariani sono inferiori e i valori di pressione arteriosa sono ridotti, ridotti anche i tassi di ipertensione e di diabete mellito di tipo 2 rispetto ai non-vegetariani.



I vegetariani tendono ad avere un ridotto indice di massa corporea (BMI), quindi a mantenersi più snelli e, dato molto importante, tendono ad avere ridotti tassi di tutti i tipi di cancro.
Studi condotti su popolazioni di vegetariani hanno dimostrato che i tassi di mortalità per cancro sono circa metà/tre quarti di quelli della popolazione generale.

 In particolar modo il tumore della mammella ha una incidenza bassissima nei Paesi con un'alimentazione prevalentemente vegetale.



Anche l'incidenza del tumore del colon retto è risultata ridotta nei vegetariani rispetto ai soggetti con dieta onnivora. Il tumore al colon risulta il cancro più strettamente associato con il consumo di carne.
Risultano ridotti anche i tassi di incidenza del tumore del polmone e della prostata.
Secondo alcuni studi, le diete a ridotto introito di derivati del latte possono ridurre il rischio di tumore della prostata e dell'ovaio.


Sebbene molti studi siano stati effettuati sull'associazione cancro-dieta vegetariana, molto resta ancora da scoprire sui meccanismi preventivi determinati da tale alimentazione.

I risultati finora ottenuti sono ascrivibili alle ridotte assunzioni di acidi grassi saturi e di colesterolo, alle elevate assunzioni di frutta, verdura, cereali integrali, frutta secca, soia, alla presenza di fibre, ai pigmenti come i carotenoidi e il licopene e ai principi attivi vegetali, le sostanze fitochimiche.

Per ottenere tali benefici per la salute è indispensabile che la dieta vegetariana sia ben pianificata, cioè equilibrata e variata. Ciò significa assumere i cereali, non solo pasta e riso ma anche cereali  in chicco come orzo, farro, segale, mais, assumere legumi, verdure, frutta secca, olio extravergine, grano saraceno, sorgo, quinoa e tutti i prodotti che la terra produce, variando l'alimentazione non trascurando alcun alimento.


                                                                                             Dott.sa Giusy Cepollaro
                                                                                               Biologa Nutrizionista





 GIORNO 2: TERZA PRESENTAZIONE

 ORE 18.00



La vera dieta mediterranea dimenticata



Il termine dieta mediterranea fu coniato per la prima volta da Ancel Keys, nutrizionista statunitense, che negli anni '50 osservò che le popolazioni mediterranee erano meno suscettibili ad alcune patologie rispetto alle popolazioni americane.

Tali osservazioni aprirono la via a diversi studi, tra cui il famosissimo Seven Countries Study che per vent'anni monitorò la dieta e le condizioni di salute di 12.000 persone tra i 40 ed i 60 anni, di diversi Paesi come Giappone, USA, Olanda, Jugoslavia, Finlandia e Italia. L'ipotesi di Keys fu confermata completamente da tale studio e la dieta mediterranea fu proposta al mondo intero come il regime alimentare ideale per ridurre l'incidenza delle cosiddette "malattie del benessere" .

Negli anni '90 la dieta mediterranea fu schematizzata attraverso una piramide alimentare che riassume  e quindi rende più facilmente applicabili i principi cardine di tale alimentazione.
Da allora tale piramide è diventata un simbolo della nostra cultura mediterranea.


La dieta mediterranea si basa soprattutto sulla qualità e non solo sulla quantità delle calorie ingerite e in particolare su:

•    Prevalente consumo di proteine vegetali rispetto a quelle animali
•    Consumo prevalente di grassi insaturi vegetali (l'unico grasso di condimento è l'olio extravergine d'oliva)
•    Riduzione della quota calorica globale
•    Aumento dei carboidrati complessi a sfavore di quelli semplici
•    Elevata introduzione di fibra alimentare
•    Riduzione del colesterolo
•    Il consumo di carne bianca limitato a una volta la settimana. Consumo quotidiano di legumi e settimanale di pesce.
•    La dieta mediterranea non prevede il consumo di insaccati, prevede la carne rossa una volta al mese.



Dalle osservazioni di Keys e dal Seven Countries Study molte cose sono cambiate, la nostra popolazione mediterranea è sempre meno sana, e la dieta mediterranea sta diventando sempre più un ricordo del passato. Secondo studi epidemiologici dell'AIE (Associazione Italiana di Epidemiologia) solo un italiano su 5 segue la dieta mediterranea.

Basta osservare i dati Istat sulla variazione abnorme del consumo di carni dalla fine del 1800 al 2015, per capire che dalla dieta mediterranea ci siamo discostati anche troppo.




Senza parlare dei  dati in crescita del consumo di cibi grassi e zuccherati e del boom delle bevande zuccherate che sempre più ci allontana dal sano regime mediterraneo aumentando a dismisura il dato dell'obesità adulta e infantile.

Tornando a una corretta applicazione della dieta mediterranea i benefici per la salute sono molteplici. La sua azione preventiva si esplica soprattutto sulle così dette “malattie del benessere”,  il sovrappeso, l'obesità il diabete mellito tipo 2, l’ipertensione arteriosa, l'ipercolesterolemia l'ipertrigliceridemia, l’iperuricemia, la gotta, la sindrome metabolica, le malattie cardiovascolari e il cancro.


                                                                                                     Dott.sa Giusy Cepollaro
                                                                                                       Biologa Nutrizionista


GIORNO 2: PRIMA PRESENTAZIONE

 ORE 11.00




Come sostituire o ridurre la carne nell'alimentazione




L'annuncio dell'OMS in merito agli effetti cancerogeni della carne lavorata e probabilmente cancerogeni della carne rossa ha sicuramente messo in discussione l'alimentazione moderna occidentale e l'abuso di prodotti animali a scapito della salute umana e dell'ambiente.

L'importanza di tale notizia sta nel portare il consumatore a riflettere sul tema alimentazione e a porre rimedio all'abuso di proteine animali e in generale all'abuso proteico e calorico.

Molti, dopo essere venuti a conoscenza delle informazioni riguardanti i rischi dell'assunzione di carni lavorate e rosse, si chiederanno: ma come posso sostituire la carne del tutto o ridurla nella mia alimentazione e non rischiare carenze proteiche e di ferro?

Innanzitutto partiamo dal fabbisogno proteico dell'individuo.

La RDA raccomanda di assumere 0.8 g di proteine per chilo di peso corporeo, cioè circa il 10% delle calorie totali giornaliere.

Ad oggi la quantità di proteine consumate giornalmente da un adulto è di circa il 17-20 % delle calorie totali. Una quantità eccessiva di proteine nell'alimentazione non apporta alcun beneficio all'organismo ma anzi affatica organi come fegato e reni.

Le proteine animali sono state definite “nobili”, perchè in esse sono presenti tutti gli aminoacidi essenziali (cioè che non vengono sintetizzati dall'organismo umano ma devono essere introdotti necessariamente con la dieta).

I cereali e la frutta secca sono carenti di un amminoacido essenziale, la lisina, però contenuto nei legumi, e i legumi sono carenti di aminoacidi solforati contenuti  nei cereali e nella frutta secca.






E' sufficiente perciò assumere cibi vegetali dei diversi gruppi alimentari come cereali, legumi, verdure ogni giorno per ottenere le giuste proporzioni degli amminoacidi essenziali. Una alimentazione variata ed equilibrata di prodotti vegetali permette di introdurre tutti gli aminoacidi essenziali.

Secondo gli ultimi studi non è necessario abbinare tali gruppi alimentari nello stesso pasto (la cosiddetta complementazione) ma l'assunzione nell'arco della giornata di cereali, legumi e verdure fornisce tutti gli aminoacidi necessari nelle giuste quantità e proporzioni.
Inoltre alcuni prodotti come la soia, l'amaranto, la quinoa e  il grano saraceno contengono  invece  tutti gli aminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni.

Il ferro è un altro elemento dell'alimentazione che porta molti interrogativi.
Il ferro presente negli alimenti vegetali si presenta in forma di ferro non-eme, molecola il cui assorbimento è influenzato da diversi fattori presenti nella dieta.


Fattori che favoriscono l'assorbimento del ferro:

•    vitamina C presente nella frutta
Fattori che inibiscono l'assorbimento del ferro:
•    tannini contenuti in tè, caffè
•    fitati presenti nella crusca dei cereali, negli spinaci e nei legumi
•    apporto eccessivo di calcio
•    alcune fibre dietetiche
•    polifenoli

L'assimilabilità del ferro varia tra il 2%-20% per il ferro non eme, a circa il 20% del ferro eme
Negli alimenti si trovano due diverse forme di ferro: ferro eme e ferro non eme. Nella carne e nel pesce si trova il  il 40% di ferro eme, facilmente assorbito dall'organismo umano, e il 60% di ferro non eme, ad assorbimento limitato.

Negli alimenti vegetali la totalità del ferro è non eme, ma la quantità di ferro è più elevata rispetto alla carne e al pesce. Ricordando che l'anemia da carenza di ferro colpisce circa il 15% della popolazione mondiale, non sono però stati ritrovati aumenti di incidenza di tale patologia nei soggetti che mangiano cibi prevalentemente vegetali.

Contenuto di ferro negli alimenti:




Cacao amaro in polvere
14,3
Crusca di frumento
12.9
Germe di frumento
10.0
Fagioli borlotti, Fagioli dall’occhio e canellini, Lenticchie
9.0-8.0
Radicchio verde, Pistacchi
7.8-7.3
Soia, Ceci, Pesche secche, Anacardi
6.9-6.0
Muesli, Lupini, Albicocche disidratate e secche, Rucola, Fave, Cioccolato fondente
5.6-5.0
Piselli, Farina d’avena, Grano saraceno
4.5-4.0
Carne di cavallo
3.9
Prugne secche, Fette biscottate, Frumento duro
3.9-3.6
Olive, Arachidi tostate, Pesche disidratate, Miglio, Frumento tenero, Nocciole e Uva secca
3.5-3.3
Agnello cotto
3.2
Farina di frumento integrale, Mandorle, Fichi secchi, Riso parboiled, Spinaci
3.0-2.9
Daino e Faraona
2.8
Datteri, Noci, Pane integrale, Mais
2.7-2.4
Vitello
2.3
Vitellone, Maiale, Tacchino, Gallina
1.9-1.6

Fonte: Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN). Tabelle di Composizione degli Alimenti, aggiornamento 2000, ©INRAN 2000, EDRA



                                                                                                Dott.sa Giusy Cepollaro
                                                                                                  Biologa Nutrizionista