COPERTINA

13 NOVEMBRE 2015




GIORNO 3 : PRIMA PRESENTAZIONE

 ORE 11.00

Il Contributo dell'allevamento






Per validare quanto detto per le Carni fresche, ormai è noto che:


1.    Sono da evitare cani di origine dubbie
2.    Evitare carni impasticciate: Impastate, tritate
3.    Evitare di consumare carni di fast food
4.    Evitare di consumare carne in modo eccessivo
5.    Evitare di avere una dieta poco varia


Facciamo distinzione tra le Carni ottenute all’estero e carni ottenute in Italia, in Italia esiste un disciplinare molto preciso che permette di ottenere una matrice muscolare molto più accettabile rispetto ad altre, se invece consideriamo le carni estere le tecniche e le leggi per la produzione cambiano e di conseguenza cambia anche la composizione del prodotto.

Ciò è detto, perché è inutile ed errato generalizzare.

Riportiamo qui, invece, le 2 principali parti  per un buon allevamento e un buon prodotto:

L’IMPORTANZA DEI FORAGGI e dell’igiene degli ambienti.

Anche le materie prime maggiormente utilizzate e consolidate nella formulazione della dieta possono rappresentare una fonte di rischio per la salute dell’animale. 


Proprio per tale motivo, oltre all’importanza di effettuare controlli analitici periodici, non va dimenticato che a fronte della comparsa di problematiche l’approccio vincente è indubbiamente quello di non attendere una conferma analitica di laboratorio ma di intervenire prontamente, applicando quelle strategie nutrizionali pertinenti ai sintomi riscontrati.

Le sostanze usate per l’allevamento


Le sostanze, lecite e illecite, impiegate nell'allevamento sono le seguenti:


•    antibiotici, usati per curare gli animali malati ma anche a scopo preventivo. Negli allevamenti industriali gli animali vivono in spazi ristretti che favoriscono lo sviluppo e la diffusione rapida di eventuali epidemie. A tutti gli animali, quindi, vengono somministrati farmaci allo scopo di prevenire eventuali malattie. Questi antibiotici possono rimanere nella carne macellata, e la legge impone dei limiti massimi da non superare.


•    anabolizzanti: questi prodotti sono vietati dalla legge europea, mentre alcuni di essi sono leciti in USA. Servono per aumentare la massa degli animali, soprattutto dei vitelli da latte e dei vitelloni, fino al 10-20% in più e accorciando i tempi di allevamento.


•    cortisone: anche questa sostanza è vietata dall'unione europea. Viene somministrata insieme agli anabolizzanti. Serve a dare benessere all'animale a fine ciclo, quando è stanco e stressato: lo fa stare bene e mangiare di più.


•    beta-agonisti o beta-stimolanti: si legano a specifici recettori delle cellule, modificandone il metabolismo a favore della crescita muscolare.






GIORNO 3 : SECONDA  PRESENTAZIONE

 ORE 15.00



   I  Nitrati  e i Nitriti




Il potassio nitrito (E 249), il sodio nitrito (E 250), il sodio nitrato (E251) e il potassio nitrato (E 252) sono additivi appartenenti alla categoria dei conservanti, gruppo delle so stanze destinate principalmente ad altri usi, ma aventi un effetto conservativo secondarioLa funzione tecnologica principale è quella di formare pigmenti rossi con la mioglobina; l'azione non si esplica direttamente, ma dopo riduzione, in seguito all'azione dei cocchi sviluppatisi nell'impasto, del nitrato in nitrito e di questo, per riduzione chimica spontanea, in ossido d'azoto.

Il pigmento rosso stabile dei prodotti crudi è la nitrosomioglobina, che nei prodotti sufficientemente salati e acidi, durante la stagionatura si denatura a nitrosilmiocromo (o nitrosomiocromogeno o nitrosoemocromo) rosso brillante, per l’azione denaturante del sale sulle proteine in mezzo acido. Nei prodotti cotti la nitrosomioglobina si denatura per effetto del calore trasformandosi sempre nel più stabile nitrosilmiocromo, che in questi prodotti assume però colore rosa. Hanno anche un'azione sul gusto poichè i nitrati danno luogo a prodotti di degradazione e a composti complessi responsabili del sapore particolare tipico dei prodotti salnitrati.


Effetto antibatterico dei nitriti La tolleranza al nitrito varia molto tra i diversi gruppi di batteri. Per le proprietà batteriostatiche del nitrito sono state date numerose spiegazioni:

1) interferenza con lo zolfo dell’organismo microbico,
2) reazione con gli alfa aminogruppi degli aminoacidi,
3) reazione con i monofenoli come tirosina,
4) reazione del prodotto di decomposizione
NO con catalasi e citocromi microbici.

L’attività antibotulinica del nitrito può essere dovuta all’inibizione di enzimi non emici contenenti ferro-zolfo. L’effetto batteriostatico del nitrito dipende dal pH. Quando il pH è abbassato di una unità l’effetto batteriostatico aumenta di circa 10 volte. Sebbene il microrganismo d’elezione sia il Cl. botulinum, l’effetto inibente è stato provato su altri microrganismi come il Cl.perfringens.4Il nitrito, nelle concentrazioni d’applicazione, non ha un apprezzabile effetto conservativo se usato da solo.

Tuttavia, se aggiunto a prodotti che sono trattati al calore al disotto della temperatura di sterilizzazione, ha un effetto ben definito contro il botulino, che consiste nell’inibizione della crescita delle cellule vegetative e nell’impedire la germinazione delle spore sopravvissute al processo termico, in combinazione con NaCl e con la refrigerazione.

Nei prodotti in scatola solo insieme al calore può prevenire lo sviluppo delle spore. Nei prodotti crudi stagionati il nitrito riduce il rischio di tossinogenesi da parte del Cl. botulinum. Nei prodotti fermentati l’insieme sale e nitrito (fino a 150 ppm), con pH in diminuzione, forma un potente sistema inibente. Nei formaggi il nitrato è attivo contro le spore di Clostridi. Effetto antiossidante: il nitrito concorre ad inibire la formazione del Warmed-Over Flavour (WOF) nelle carni cotte, per l’effetto di composti derivati e basse concentrazioni di nitrito sono efficaci nel minimizzare l’ossidazione dei lipidi nei prodotti crudi.

Formazione di nitrosamine


La riduzione dell’uso del nitrito nella tecnologia delle carni nasce dal possibile rischio della formazione di nitrosamine, sia preformate e presenti nel prodotto al tempo del consumo (prodotte durante la produzione o la cottura), sia nitrosamine che si formano dal nitrito residuo dopo l’ingestione. Non tutte le nitrosamine sono cancerogene, ma di alcune è certa la cancerogenicità, come esempio dimetilnitrosamina, dietilnitrosamina, n-propilnitrosamina, n-butilnitrosamina, piperidinenitrosamina. I nitriti possono reagire sia con amine secondarie che terziarie; la reazione avviene durante la frittura, o più probabilmente durante la digestione al pH acido dello stomaco.

Le sostanze attive sono aminoacidi liberi o legati in proteine; prolina, triptofano, tirosina, cisteina, arginina, istidina sono gli aminoacidi più comunemente implicati nella produzione di nitrosamine e nitrosamidi, molte delle quali potenti cancerogeni.
L’agente attivo di nitrosazione molto spesso è N2O3 (che si origina dalla degradazione del nitrito), ma, al pH della carne, la reazione tra l’ossido nitroso N2O3 e l’ascorbato è molto più veloce che tra N2O3 ed amine secondarie, purchè l’ascorbato sia in eccesso.


 I prodotti carnei sono spesso erroneamente i principali accusati, ma anche alimenti come il pesce, la birra, vegetali, che hanno quantità non trascurabili di nitriti, possono formare nitrosamine Limiti d'impiego (vedere tabella nelle Note al Decreto n. 209)  In origine si usava solo il nitrato (salnitro) nel trattamento delle carni. La presenza dei micrococchi (stafilococchi non patogeni) è però necessaria per trasformare il nitrato in nitrito ed occorrono lunghi periodi di salagione per permettere la riduzione. Dopo la produzione chimica di nitrito, l’uso di nitrato fu meno essenziale.

Il nitrito come additivo è disponibile solo in miscela con NaCl (inferiore a 1%); è consentito in tutti i prodotti carnei, salati, cotti, in scatola. La principale indicazione dei nitriti è quindi nei prodotti sottoposti a cottura e a ciclo di produzione rapido, dove non c’è periodo di stagionatura.

I nitrati trovano la loro principale applicazione nei prodotti carnei crudi stagionati, soli o in associazione con il nitrito. Tossicità La tossicità del nitrito è legata al potere metaemoglobinizzante. Fissandosi sulla emoglobina il nitrito ne blocca la funzione di trasportatore di ossigeno e può condurre a cianosi se più del 20% della emoglobina è trasformata. La dose mortale negli adulti è di qualche grammo, nei lattanti 0,1-0,5 g.

I nitrati non sono tossici in sé, ma se presenti in grandi quantità (come in certe acque e ortaggi) possono ridursi a nitrito e quindi dare metaemoglobinemia, particolarmente grave, o anche fatale, in lattanti, nei quali il pH dello stomaco è ancora vicino a valori di neutralità, pH che favorisce la riduzione dei nitrati a nitriti. Nell’adulto il sistema enzimatico di rigenerazione dell’emoglobina è più efficace. Studi recenti indicano che il nitrito inibisce la produzione di malondialdeide, che può essere tossica. Contenuto negli alimenti

Nei prodotti carnei i residui normalmente trovati sono insignificanti.

Gli alimenti più ricchi di nitrati sono gli ortaggi, in particolare le verdure a foglia come lattuga e spinaci. Il recente Regolamento CE N. 466/2001 dell’8 marzo 2001, che definisce i tenori massimi di taluni contaminanti presenti nelle derrate alimentari stabilisce i livelli di residui di nitrati in spinaci freschi (3000 mg/kg o 2500 mg/kg secondo il periodo di raccolta), spinaci in conserva, surgelati o congelati (2000 mg/kg), lattuga fresca (da 4500 a 2500 mg/kg secondo periodo di raccolta e tipo di coltivazione).





GIORNO 3 : TERZA  PRESENTAZIONE


 ORE 18.00



La prevenzione nutrizionale del cancro




Già nel 2007 il WCFR (World Cancer Found Research) aveva pubblicato un decalogo di raccomandazioni per la prevenzione del cancro che sono state recepite e confermate dal Nuovo Codice Europeo contro il cancro del 2014, un lavoro dello IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), in cui si riassumono i 12 punti attraverso i quali si stima sia possibile prevenire il 30% dei tumori.

Tra tali raccomandazioni sono presenti consigli nutrizionali determinati dalle tantissime evidenze scientifiche degli studi effettuati fino al 2014 e sono:
•    Mantenersi snelli per tutta la vita.
•    Mantenersi fisicamente attivi tutti i giorni.
•    Limitare il consumo di alimenti ad alta densità calorica ed evitare il consumo di bevande zuccherate.

Ad alta densità calorica sono i cibi industrialmente raffinati, precotti e preconfezionati, ricchi di zucchero e grassi. Si noti la differenza fra “limitare” ed “evitare”. Si può occasionalmente mangiare un cibo grasso e zuccherato ma bisogna evitare le bevande zuccherate.

•    Basare la propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non industrialmente raffinati e legumi in ogni pasto e un’ampia varietà di verdure non amidacee e di frutta. Almeno 5 porzioni al giorno.

•    Limitare il consumo di carni rosse ed evitare il consumo di carni conservate.
Fra le carni rosse sono comprese le carni ovine, suine, bovine e il vitello. Si noti la differenza fra il termine “limitare” (per le carni rosse) e “evitare” (per le carni conservate, comprendenti carni in scatola, salumi, prosciutti, wurstel), per le quali non si può dire che vi sia un limite al di sotto del quale probabilmente non vi sia rischio.


•    Limitare il consumo di bevande alcoliche.
Se proprio le si vogliono consumare si raccomanda di limitarsi ad un bicchiere di vino (da 120 ml) al giorno per le donne e due per gli uomini, solo durante i pasti.
•    Limitare il consumo di sale (non più di 5 g al giorno) e di cibi conservati sotto sale.
•    Evitare cibi contaminati da muffe (in particolare cereali e legumi, di cui ci si deve assicurare del buono stato di conservazione).

In particolare il tumore per il quale è stata maggiormente dimostrata l'importanza della prevenzione nutrizionale è il tumore al colon retto, nel 97% dei casi determinato da cattive abitudini alimentari.
Le fibre sono i principali coadiuvanti nella prevenzione del cancro al colon retto, tali sostanze si trovano negli alimenti di origine vegetale. Le fibre per le quali si è avuto un maggior riscontro preventivo sono quelle dei cereali integrali.

Tali fibre sono carboidrati fermentabili non assorbiti che vengono trasformati dalla flora intestinale in acidi grassi a corta catena che riducono l'attività di alcuni fattori carcinogeni. Interessante è anche l'effetto di aumento del volume fecale e il legame con le sostanze tossiche e cancerogene che ne determina una riduzione dell'assorbimento e quindi degli effetti nocivi sull'organismo.
E' raccomandato un consumo giornaliero di 20-35 g di fibre. Ciò e possibile consumando cereali integrali, legumi, verdura e frutta in abbondanza ogni giorno.


Soia




Tante altre sostanze contenute negli alimenti vegetali hanno una potente e diversificata azione antitumorale, come ad esempio le sostanze fitochimiche dele verdure crucifere, l'aglio, la curcuma, la soia.






In sostanza non esiste un super cibo anticancro, ma è la sinergia degli alimenti a creare l'ambiente adatto dove i tumori non possono svilupparsi con facilità.


                                                                                                        Dott.sa Giusy Cepollaro
                                                                                                         Biologa Nutrizionista