COPERTINA

Alimentazione e Storia




Cibo nel Medioevo. Cosa si mangiava?






Siamo nel Medioevo in un castello e ci chiamano, con un bel campanaccio, per andare a mangiare. Cosa troveremo in tavola? Ci Imbatteremo in una disposizione di cibi, posate e oggetti vari molto diversa da oggi.

In primis non troveremo ne patate ne pomodori che furono introdotti in Europa solo dopo la Scoperta dell’America, e noi con questo viaggio nel tempo siamo ben 300 anni prima di Colombo.  

Via dunque tutto ciò che proviene dall’America come il mais, il caffè, il tabacco ed il peperoncino. Non fumerete dunque ma berrete sicuramente tanto vino preferibilmente allungato. Insaporirete il cibo con molte spezie, dunque niente ketchup o maionese ma pepe, zenzero, cannella, chiodi di garofano e zafferano.







Una volta a tavola alternerete cibi dal sapore deciso, che dovevano sposarsi con la grande acidità della panna che al tempo aveva un gusto aspro e veniva usata anch’essa per accompagnare i piatti; con l’agrodolce, perché spesso la selvaggina o il pollame si mangiava con l’aggiunta di zucchero o fichi secchi; e con l’aspro, causato dallo zucchero e dai prodotti usati per conservare i cibi come l’aceto … ricordiamoci che il Frigorifero non esisteva ancora.


 




Va aggiunto che le portate maggiormente apprezzate erano quelle più curiose alla vista dunque vi troverete di fronte portate con cibi impiattati  in modo particolare con accostamenti  di colori diversi o che nascondo sotto un tipo di pietanza dell’altro tipo di cibo. Se ci pensate il presentare dei piatti in modo artistico è in voga oggi in tutti i più grandi ristoranti ma questa pratica già c’era nel Medioevo.






Qui però parliamo di una tavola di Signori ricchi perché il popolo non poteva permettersi tutto questo andando verso zuppe di verdure, piatti a base di latte o cereali, frutta fresca o secca e, a partire dal XII secolo, anche verso uova e galline grazie alla possibilità delle famiglie più povere di acquistare animali da cortile.







Prima di mangiare diamo uno sguardo ai condimenti coi quali si cuoceva il cibo. Oggi si usa generalmente il burro a nord e l’olio a sud ma nel Medioevo la situazione era diversa. L’olio era usato preferibilmente solo per le insalate mentre per friggere o cucinare si usava il grasso del maiale detto lardo o strutto, che veniva sostituito dall’olio solo quando mancava.

 Al latte vaccino o di provenienza animale si preferiva il latte di Mandorle perché più a lunga conservazione oltre che le Mandorle stesse usate per il loro sapore dolciastro e per il colore che davano ai piatti o ai dolci molto apprezzato al tempo. Anche le uova, che da sole fungevano da piatto a se, veniva usato come legante un po’ come oggi. Anche l’aceto fatto con il vino “andato a male”era usato per condire.






Stanno arrivando i piatti ma non possiamo parlare di cibi suddividendoli come facciamo oggi con le definizioni di primo, secondo, contorno,frutta e dolce perché questo ordine si diffonderà solo a partire dal’1800.

Nel Medioevo il pranzo si svolgeva diversamente e parliamo sempre e comunque delle tavole dei nobili. In Francia le portate venivano disposte tutte insieme sulla tavola senza un ordine preciso, in altre parti d’Europa il tipo di cibo da dare ad ogni singolo commensale e la qualità di esso dipendeva dal commensale stesso secondo un ordine gerarchico. In linea generale si cominciava con frutta fresca di stagione ed insalate. Seguivano le carni preferibilmente arrostite. 

 Poi il dessert nel quale si servivano dolciumi che erano principalmente spezie confette allo zucchero o frutta e seguiva “l’issue de table “ composta da formaggi , frutta candita e dolci leggeri spesso accompagnati da ippocrasso o malvasia. Per finire, in un’altra stanza si degustava il “boute-hors” (letteralmente “caccia fuori”) che consisteva nel mangiare prodotti che favorissero la digestione o pulissero la bocca come il coriandolo e lo zenzero canditi, prodotti che bisognava masticare molto.





In Italia si potevano trovare, nell’ordine detto prima, ravioli o lasagne in brodo, carni lessate o arrostite, selvaggina , e, per concludere, torta di frutta e spezie.
Capitava spesso di incrociare formaggi prodotti più con latte di pecora che con quello di mucca  delle volte con l’aggiunta di erbe. Si mangiavano anche arrostiti alla griglia ed insaporiti con zucchero e cannella o fusi e spalmati su crostoni di pane. Il burro invece era prodotto ancora come al tempo dei romani.






Nel Medioevo si usava raramente il miele come dolcificante a differenza dei romani che ne facevano largo uso. Per dolcificare i ricchi usavano lo zucchero che era comunque ancora troppo costoso per questo veniva spesso sostituito con vini dolci, mosti naturali, frutta secca, uva, datteri e prugne.





Da bere oltre l’acqua c’erano il vino e l’agresto, un succo estratto dall’uva prima che giungesse  a maturazione. Si bevevano anche succhi di altri frutti come gli agrumi
.
Il Vino del tempo era invece meno equilibrato c’è però una differenza tra i vino prodotto prima e dopo l’Età Comunale. Nell’Alto Medioevo il vino era mantenuta ad un basso grado alcolico ed era allungato con vari ingredienti secondo il gusto cioè con l’acqua o con il mosto cotto e poteva essere anche aromatizzato con l’aggiunta di spezie e frutta. 

Nel Basso Medioevo invece c’è il salto di qualità diventando il papà del nostro vino, verrà lavorato cioè secondo regole che rispettino la separazione dei vitigni ( distinguendo il vino rosso da quello bianco e dunque non mescolando più l’uva) e il processo di vinificazione ( c’è un controllo delle diverse fasi di produzione). Il Vino veniva servito in coppe di metallo o in coppe di legno.





Tornando ai tempi di oggi possiamo concludere che molte cose sono cambiate da all’ora ma molti elementi della cucina medioevale sono rimasti o, quelli spariti, sono stati da base per molte delle nostre ricette moderne.

Testo di:
Claudia Cepollaro (Aries13Leo23)



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Banchetti e Potere al tempo di Cleopatra: 
         Quando il Cibo era l’anticamera degli Accordi





 




La storia che stiamo per raccontare è una storia vera, tante sono state le notizie aggiunte e le falsificazioni o arricchimenti cinematografici, questo perché la vita del personaggio, del quale qui citiamo solo un aspetto, è molto nota e ricca di molteplici aspetti, mistero e fascino.




 Ultima "Regina" dell'Antico Egitto, Cleopatra VII della dinastia Tolemaica, che regnò dal 51 al 30 a.C. fronteggiando la potenza dell’avanzamento romano con una strategia politica basata su magnetismo personale e stile di vita lussuoso.


Giovanissima divenne amante del maturo Giulio Cesare, per avere in seguito con il triunviro Marco Antonio un lungo e profondo legame d'amore che si concluse con la morte di entrambi.
Ai due amanti più celebri dell'antichità si ascrive il merito d'aver creato una delle prime associazioni gastronomiche della storia: raggruppava i maggiori buongustai dell'epoca ed aveva il nome di "Circolo degli Inimitabili". I soci alternavano cacce e feste a discussioni coi dotti della Biblioteca e puntate avventurose nei quartieri malfamati.


La scoperta e traduzione di alcuni papiri rinvenuti nell’oasi del Fayum, la più ricca del regno di Cleopatra, ha rivelato interessanti indicazioni sulla gastronomia di quel tempo.

Nell'antico Egitto la base dell'alimentazione erano pane e birra e grandi rilevanza avevano vino e olio. Si praticavano caccia e pesca, ma erano gli orti anche di piccole dimensioni, diffusi sia presso le case dei contadini che nelle grandi ville dei ricchi dignitari, ad assicurare l'apporto proteico. 

Nei frutteti venivano coltivati cocomeri, meloni, fichi, palme da dattero, e fra il XVI e il X sec. a.C., a seguito dei contatti commerciali con il Mediterraneo orientale, arrivarono sulle tavale agiziane meli, melograni e olio. Si raccoglieva e apprezzava anche la frutta selvatica, come le giuggiole (simili alle ciliegie) e le noci di palma dum.


Negli orti abbondavano numerose varietà di verdure, tra cui cipolle, porri, aglio, sedano, cetrioli e soprattutto ceci, fave e lenticchie. Particolarmente coltivata era la lattuga, i cui cespi raggiungevano grandi dimensioni: forse per questo motivo la lattuga era sacra al dio Min, protettore della fecondità. Lessi o arrostiti erano gustati anche alcuni tipi di tuberi e rizomi.

 Dai reperti dei corredi funerari e le scene presenti nelle tombe, si è potuto arrivare a conoscere sia i prodotti alimentari finiti, sia le caratteristiche della loro produzione e i procedimenti della loro conservazione e cottura.

Naturalmente i reperti dei corredi e le immagini delle tombe ci hanno tramandato le usanze alimentari di personaggi con buone possibilità economiche: l’abbondanza di disponibilità di cibo, che non tutti potevano permettersi, era ovviamente indice di ricchezza; anche nella statuaria egizia si può notare che l’adipe presente sul corpo di alcuni personaggi indica un alto livello sociale e grandi possibilità economiche. 


Ma l’antica saggezza egiziana non esitava ad ammonire contro gli stravizi e le esagerazioni della tavola! In alcuni papiri con “insegnamenti morali” si leggono infatti delle massime molto significative e anche molto attuali, come “Non ti abbuffare di cibo: chi lo fa avrà la vita abbreviata”, oppure “E’ gran lode dell’uomo saggio contenersi nel mangiare”, o infine “E’ meglio stentare dalla fame che morire d’indigestione”.



 Gli Egiziani furono i precursori della cucina mediterranea e non come sarebbe logico supporre di quella araba, più ricca di spezie. Utilizzavano olio extravergine d’oliva, formaggi leggeri, verdure, erbe aromatiche, legumi, cereali, e consumavano pietanze a base di pesci e carni.
 

Grazie ai Papiri è stato possibile scoprire che a tavola della Regina Cleopatra, donna colta e intelligente, infatti si narra che fosse capace di una conversazione irresistibile, faceva spesso bella mostra di se il piccione farcito accompagnato a verdure di stagione.


Si gustava poi la zuppa di fave, ma anche d’orzo o di farro, che di solito apriva la lista delle portate. La selvaggina si alternava spesso a carni ovine. Non mancavano però occasioni più raffinate dove faceva capolino il pesce del Nilo.

I dolci consistevano in prelibati tortini di fichi e noci, ricoperti di miele. Ad innaffiare un simile pasto non mancava del buon vino greco e della birra, preziosa eredità dei faraoni.
Sulla ricerca di una vita inimitabile da parte di Cleopatra ed Antonio vogliamo riportare due episodi memorabili.

Il primo fu la scommessa fatta dai due su chi avrebbe offerto il banchetto più costoso. L’evento narrato da Plinio, e immortalato in numerosi dipinti, racconta che se Antonio si era affannato a cercare cibi rari ed esotici, Cleopatra aveva speso oltre dieci milioni di sesterzi in costosi manicaretti, sciogliendo inoltre in una coppa di aceto uno dei suoi orecchini di perle d’inestimabile valore.

L’altro episodio propone gli eccessi quotidiani praticati nelle cucine del palazzo reale d’Alessandria.
La scena, descritta daI medico Filota al nonno di Plutarco, narra della sua visita alla corte, e dello stupore provato scoprendo che in cucina c’erano in cottura otto cinghiali, a diversi stadi di arrostitura, perché Marco Antonio esigeva in ogni momento disponibile carne cotta al punto giusto, nel caso gli venisse fame o arrivassero ospiti inattesi

Da antichi ritrovamenti, gli archeologi hanno potuto ricostruire al meglio le tipicità dell’epoca di Cleopatra qui ne riportiamo un esempio:

Dulcis Coccora per Cleopatra

I Coccora sono dei semi commestibili di piante mediterranee che nell’antichità venivano aggiunti ai dolci. Oggi potrebbero essere sostituiti dai semi del melograno o dai frutti di bosco.
Preparare i dolcetti lavorando farina, acqua ed aggiungendo all’impasto pezzi di fichi secchi e noci.
Modellare delle piccole palline da mettere a cuocere e caramellare nel miele bollente.
Servire queste delizie miste a coccora.



NOCI CARAMELLATE

Era una ricetta che veniva preparat mescolando la farina di mandorle con lo zucchero, aggiungendo poi abbastanza acqua di arancio in modo da ottenere una pasta abbastanza densa, tipo marzapane. Si farcivano con un po' di questa pasta dei gherigli di noce che poi erano adagiati su delle foglie di papiro. Lo zucchero veniva poi sciolto con qualche goccia di acqua e cotto, fino quando incominciava a caramellare. Le noci con il caramello sono poste su un vassoio.






L’importanza del pane

Gli Egiziani possono essere considerati, con gli Ebrei, i primi ad aver apprezzato il pane lievitato.

I cereali coltivati nella Valle del Nilo, favorita dalle annuali inondazioni del fiume che, lasciando sul terreno uno strato di fertile limo, davano la possibilità di ottenere due raccolti l'anno, erano, in prevalenza, tre: il farro, uno specifico tipo di frumento (triticum aestivum) e l'orzo. Dopo la mietitura e la battitura (per separare i chicchi dalla paglia), la conservazione veniva fatta in grandi granai a forma di silos.



 I chicchi venivano trasformati in farina con macine di pietra o a mano, dalle donne, che li frantumavano tra due pietre lisce; si impastava, aggiungendo sale marino. Era difficile evitare del tutto che la finissima sabbia del deserto si mescolasse alla farina, causando una precoce erosione della dentatura. Non è chiaro come esattamente fosse la procedura per la lievitazione, se si usassero i fermenti della birra o l'avanzo di pasta inacidita del giorno precedente. La cottura avveniva su lastre di pietra arroventate, nei tempi più antichi, o, successivamente, in forni cilindrici, spesso in ambito domestico.

I pani fatti con sola farina d'orzo erano destinati per la quasi totalità alla produzione della birra: tolti da forno a metà cottura, imbevuti di liquore di datteri, lasciati fermentare, pressati e filtrati attraverso un setaccio. Si otteneva così una bevanda, la birra, moderatamente alcoolica, alla quale, con l'aggiunta di altri ingredienti, si potevano variare gusto e gradazione.


Le botteghe offrivano ai clienti una vasta scelta di pani, salati e dolci, di varie forme: i più economici erano i non lievitati -l'attuale piadina- fatti con farina d'orzo o mista; più costosi, invece, i lievitati perché fatti unicamente con farina di grano che, in quanto ricca di glutine, è più adatta alla lievitazione. 

C'erano pani a ciambella, a treccia, a triangolo, a mezzaluna, pani conici destinati alle offerte nei templi e, per i bambini, pani a forma di animali o di pupazzi. Per ottenere le focacce dolci -lo zucchero non era conosciuto- si usavano miele, datteri, fichi e uva passa, con eccellenti risultati.


La birra

Cleopatra beveva Birra, questa era infatti la regina delle bevande nell’antico Egitto.

Cleopatra amava bere la bevanda ma anche donarla e farla preparare ai commensali, inoltre come rito propiziatorio amava donarla agli Dei.

Alla base dell’alimentazione degli antichi egizi c’erano soprattutto il pane e la birra. La birra era una bevanda molto comune, consumata per lo più dai contadini e dagli artigiani, ma che anche le classi agiate non disdegnavano.
 
Birra cosumata in Egitto
Gli ingredienti base erano principalmente due: l’orzo e il farro. Se nell’Antico Regno (2.755 a.C. – 2.221 a.C.) la birra veniva preparata per la maggior parte col primo ingrediente, all’epoca di Amenhotep II (Nuovo Regno) si cominciò a usare in sua sostituzione il farro. La birra prodotta con l’orzo risultava più torbida e necessitava di essere filtrata, quella prodotta col farro era invece del tutto priva di residui.

Grazie ad alcune raffigurazioni presenti nelle tombe di due nobili vissuti al tempo della V dinastia (2.650 a.C. – 2.180 a. C.), riusciamo oggi ad avere un’idea di come veniva fabbricata all’epoca questa bevanda sebbene esistessero diversi metodi per la sua preparazione.



Probabilmente la più famosa di tutti i sovrani dell'Antico Egitto e conosciuta con il nome di Cleopatra, anche se fu la settima e ultima regina a possedere quel nome. Cleopatra comunque non fu mai di fatto un’unica vera sovrana dell'Egitto, avendo regnato insieme al padre, al fratello, al fratello-marito e al figlio ma di sicuro la più ammaliante e tattica Donna-Sovrano.