COPERTINA

PRODUZIONI VEGETALI















La Castagna e la sua Produzione 




Cenni di Botanica e struttura

La castagna è il frutto dell’albero del Castagno  a differenza della castagna dell'Ippocastano che invece è un seme. Le castagne derivano infatti dai fiori femminili racchiusi da una cupola che poi si trasforma in riccio. Il frutto è un achenio, ha il pericarpo liscio e coriaceo bruno scuro, all'apice è presente la cosiddetta torcia cioè i resti degli stili mentre alla base è presente una cicatrice più chiara denominata ilo.

La forma dei frutti dipende, oltre che dalla varietà delle castagne, anche dal numero e dalla posizione che essi occupano all'interno del riccio: emisferica per i frutti laterali e schiacciata per quello centrale; i frutti vuoti, abortiti, di forma appiattita sono detti guscioni.

Componenti  della castagna


1.    Pericarpo (buccia) : si presenta liscio, consistente, di colore marrone con tonalità variabile, a volte con striature esterne e una peluria interna.
2.    Ilo o cicatrice ilare: parte basale del frutto, di colore chiaro e di dimensione variabile; presenta una raggiatura stellare con pelosità residua o meno e granulazioni puntiformi, chiamate granuli migliari.
3.    Torcia: apice della castagna costituito dai residui del perianzio e degli stili disseccati.
4.    Episperma: pellicola di colore camoscio in cui è avvolto il seme e che può penetrare o meno nella massa cotiledonare (polpa).
5.    Seme: può essere formato da uno (come nei Marroni) o due cotiledoni, ed è ricco di amido, sodo, biancastro all'interno e giallastro all'esterno.

Il riccio


Inizialmente di colore verde; in seguito alla maturazione (quando si apre in 2-4 valve) diventa giallo–brunastro. Internamente è di colore crema, rivestito da fine peluria. La cupola è di forma sub-sferica con un diametro variabile da 6–7 cm nelle piante selvatiche a 10–15 cm in quelle coltivate.
Alla fine del Novecento i cardi vuoti e le foglie raccolte venivano usati come lettiera per il bestiame bovino, ma non per quello ovino perché i cardi si attaccavano al vello.

Il castagno, come altre specie da frutto, dopo un periodo di riposo invernale, vive da marzo-aprile a novembre un'intensa attività vegetativa e riproduttiva durante la quale germogli, foglie, organi fiorali e frutti crescono e si sviluppano.

La maturazione dei frutti può avvenire più o meno tardivamente: per esempio il processo è assai precoce per gli ibridi euro-giapponesi che già fruttificano a fine agosto, mentre solitamente i Marroni fanno parte delle specie a maturazione tardiva.

Quando le castagne sono mature, ricci e castagne possono seguire differenti processi di distacco dalla pianta: i ricci possono aprirsi a maturità, lungo linee di satura, in 2-4 valve, oppure possono rimanere attaccati al ramo e, aprendosi, liberare le castagne che cadono a terra mature; la maggior parte delle volte, però, i ricci cadono a terra integri, chiusi o semi-aperti, trattenendo i semi nell'involucro.

Ciascuna modalità di distacco ha conseguenze immediate sulla raccolta e sulla sanità del prodotto: i semi che cadono racchiusi nel riccio sono meglio protetti, non subiscono lesioni meccaniche e minori sono gli attacchi da parte di batteri patogeni rispetto a quelli in caduta libera; inoltre, è facilitata la raccolta meccanica per raccattatura e successiva separazione delle castagne dai ricci. Per contro, i semi che cadono liberi rendono agevole la raccolta manuale, a patto che essa avvenga frequentemente per evitare che i semi siano attaccati dai batteri patogeni.

Una differenza….
Marroni di Roccadaspide IGP

I termini castagna e Marrone vengono spesso confusi, ma rimandano a due specie ben differenti di achenii. La differenza base è che nella castagna la percentuale di frutti settati è maggiore del 12%, mentre nei Marroni è minore del 12%. Spesso questa definizione non accontenta i castanicoltori e i commercianti che differenziano le due specie tramite differenze varietali.

In Italia con Marroni si intendono particolari cultivar di ottima qualità, con frutti adatti alla canditura, che presentano una superficie ilare di forma quasi rettangolare, una buccia chiara, brillante, con striature avvicinate spesso al rilievo e con una polpa senza cavità e facilmente separabile dall'episperma, che non si introduce all'interno del cotiledone (frutti non settati); inoltre, le piante di questi frutti sono più esigenti e meno produttive rispetto ai castagni ordinari, ed i ricci presentano solitamente 1 o 2 semi, mai settati e dal sapore dolce.

I miglioramenti nelle tecniche di coltivazione


Per le cultivar da frutto, le finalità dei lavori di miglioramento sono per lo più quelle classiche: buon comportamento agronomico, qualità del prodotto in funzione della destinazione commerciale, idoneità a conservazione, lavorazione e trasformazione del frutto.

Per i semi destinati al mercato del fresco i caratteri ricercati sono:

•    grosso calibro
•    forma rettangolare e simmetrica
•    epicarpo lucente, non troppo scuro, con striature accentuate
•    polpa consistente, senza cavità, non settata, saporita e dolce.



I semi di grossa pezzatura facilitano raccolta e lavorazione, in particolare la canditura nei Marrons glacés. Semi di media o piccola pezzatura, facilmente pelabili e dolci, sono idonei a essere trasformati in farina o conservati in vario modo (secchi, sotto vuoto, surgelati, in sciroppo acquoso) per venire utilizzati, già pelati, tutto l'anno; la pezzatura non riveste particolarmente rilievo per il prodotto destinato all'industria.

Tratti tecnologici di pregio dei semi, indipendenti dalla destinazione commerciale, sono:

•    facile pelabilità
•    episperma che non si insinua nel seme
•    semi senza cavità, monoembrionici
•    buccia priva di fenditure
•    resistenza a Cydia, Curculio e ad altri insetti
•    resistenza ai funghi quali Cyboria e ad altri agenti responsabili di infezioni fungine durante la conservazione.

Obiettivi del miglioramento genetico


   Tab 1

Frutto
Riccio
Pezzatura elevata per consumo fresco e canditura
Deiscente per la raccolta manuale
Pezzatura medio - piccola per essiccazione, farina, caldarroste
Non deiscente per raccolta meccanica
Colore non troppo scuro, brillante con striature evidenti
Spine lunghe e fitte per resistenza agli insetti
Uniformità di pezzatura

Seme monoembrionale

Facile eliminazione dell'episperma (manuale o meccanica)

Assenza di cavità all'interno del seme

Assenza di intrusioni dell'episperma

Buon sapore, aromatico

Consistenza adeguata

Attitudine alla canditura

Resistenza a Cydia spp., Curculio elephas, Cyboria batschiana




La raccolta

La raccolta delle castagne avviene in tempi diversi a seconda delle aree geografiche. In Italia generalmente la castagnatura inizia verso la fine di settembre e in passato questa attività (che copriva un periodo di tempo di circa 10-15 giorni dal mattino alla sera) era considerata uno fra gli avvenimenti più importanti della vita agricola.



In Garfagnana (LU) i proprietari delle selve che avevano necessità di manodopera si recavano a Castelnuovo Garfagnana, in occasione del mercato settimanale, l'ultimo giovedì di settembre e il primo d'ottobre. Nella piazza principale avveniva il “mercato delle Lombarde” (Lombardi erano chiamati gli abitanti delle province di Modena e Reggio Emilia). Qui si sceglievano le donne e si prendevano con loro accordi circa il trattamento giornaliero, il salario, i giorni di inizio e fine lavoro.
Tecniche di raccolta

1.    Abbacchiatura: modalità in genere eseguita dagli uomini con la quale i cardi non ancora maturi, caduti a terra dopo essere percossi con pali, vengono raccolti con pinze di legno e posti in un locale (ricciaia o ericerio) per poi farvi uscire le castagne battendoli. Questa tecnica, oggi molto rara per i danni che arreca alla pianta, era normalmente praticata nel corso del Medioevo in funzione del sistema di conservazione, come attestano scritti del periodo. I cumuli di ricci ancora chiusi venivano ricoperti con uno strato di foglie e terra, ben pressato e bagnato a intervalli regolari, sì da favorire il processo di fermentazione dei semi, che in questo modo si mantenevano sani e freschi fino a primavera. Più tardi anche Michelangelo Tanaglia nel suo De Agricoltura propone l'abbacchiatura e la costituzione della ricciaia, ma solo per favorire l'apertura dei ricci: i semi, infatti, dovrebbero essere liberati dopo circa due settimane e conservati sottosabbia per mantenersi fino a maggio.

2.    Raccolta delle castagne da terra: modalità in genere affidata alle donne e ai ragazzi. Le castagne, a terra per l'apertura o la caduta spontanea dei ricci, venivano raccolte con l'utilizzo di un particolare tipo di rastrello, dentato da un lato e a punta dall'altro, per essere poi depositate nel seccatoio (o metato).

In questo periodo l'accesso nelle selve altrui era vietato da Statuti rurali[10], che riguardavano sia il transito degli individui sia il pascolo delle bestie.
Terminata l'opera di raccolta aveva inizio il “ruspo” (raccolta da parte dei poveri delle castagne rimaste sul terreno) e successivamente “il rumo” (possibilità di accesso degli animali nelle selve).



    Tab 2

Epoca
Sviluppo vegetativo
Fioritura maschile
Fioritura femminile: Maturazione frutti
Metà - fine marzo
Rigonfiamento gemme


Fine marzo - inizio aprile
Rottura perule


Metà - fine aprile
Sviluppo foglioline, caduta perule
Comparsa amenti (lunghezza 0,5–1 cm)

Metà maggio - inizio giugno
Completo sviluppo foglie
Glomeruli dei fiori ben evidenti. Gli amenti raggiungono la lunghezza definitiva
Comparsa fiori
Metà - fine giugno

Comparsa stami. Per le varietà astaminee: apertura perigonio
Ingrossamento fiori
Giugno - metà luglio

Emissione polline, piena fioritura (50% amenti)
Stili ben visibili, stimmi recettivi
Fine agosto - novembre


Maturazione frutti




Dalla Raccolta alla vendita e alla trasformazione

La castagna, come altri semi, ha un'elevata attività metabolica nei giorni che seguono la fuoriuscita del riccio o la cascola dall'albero: i carboidrati presenti in quantità rilevante nella polpa sono utilizzati nella respirazione dei tessuti con produzione di calore, oltre che di CO2 e acqua.
L'ammassamento e la temperatura ambientale concorrono ad accelerare lo sviluppo di muffe e marciumi di partite con eccesso di umidità, mentre un'asciugatura troppo rapida stacca l'episperma e permette alle crittogame di intaccare il seme.

Per lo stoccaggio di grandi masse, dove agli effetti dell'attività metabolica delle castagne si sommano quelli degli agenti patogeni, vanno previste celle frigorifere in grado di eliminare con la ventilazione l'eccesso di calore.

Non sono da sottovalutare neanche i rischi di contagio, durante lo stoccaggio in cella, da parte di muffe presenti nei cassoni o su altre castagne, mentre la differenza di temperatura tra frigorifero e semi favorisce condensazioni e ammuffimenti.

Pertanto le castagne, pur essendo considerate dal punto di vista merceologico tra i frutti secchi, si differenziano da essi, oltre che per il basso contenuto lipidico, soprattutto per la difficoltà di conservazione.



La polpa, costituita da circa il 50% di acqua, e l'epicarpo, poroso e non lignificato, favoriscono lo scambio gassoso con l'ambiente e gli attacchi da parte di numerosi insetti e patogeni fungini.
Nella conservazione si affiancano tecniche antiche e moderne, ma la qualità finale è fortemente condizionata dallo stato sanitario del prodotto alla raccolta e dal processo di lavorazione volto a scartare i frutti alterati, arrestare le infezioni fungine per prolungare nel tempo le caratteristiche organolettiche, mediante un controllo assiduo del tenore in acqua delle castagne.

Mercato del fresco

A questo settore, di notevole importanza, sono destinate le primizie, immediatamente confezionate e commercializzate dopo la raccolta. Esse rappresentano però una piccola quota del mercato del fresco, alimentato da produzioni di castagne e Marroni generalmente migliori per caratteristiche organolettiche. Queste primizie vengono sottoposte, prima della commercializzazione, a trattamenti di condizionamento volti a garantire sanità del prodotto e prolungarne il periodo di vendita, evitando flessione dei prezzi del periodo successivo alla raccolta. Il mercato impone, con forza sempre maggiore, che i frutti siano coinvolti nell'eliminazione dei parassiti animali (sterilizzazione) e sottoposti a trattamenti di conservazione a medio termine (curatura).

Lavorazioni per il mercato del fresco


All'inizio della filiera viene effettuata la precalibratura: i frutti con calibro inferiore ai 25 mm vengono inviati all'industria, quelli con calibro compreso tra i 26–27 mm alla curatura, mentre quelli con calibri superiori sono sottoposti subito a sterilizzazione.


Al termine dei trattamenti conservativi prescelti (sterilizzazione con o senza curatura), le castagne subiscono una calibratura: cilindri rotanti, con fori di diametro prestabilito, sono in grado di suddividere il prodotto in base alla pezzatura, con scarti di 0,5 mm. All'inizio della catena di selezione si trovano i crivelli in grado di trattenere le castagne più grosse e rilasciare le altre, in modo da minimizzare i tempi della loro permanenza nella calibratrice, e passarle subito alle operazioni di cernita, spazzolatura e confezionamento, mentre i frutti di pezzatura minore vengono trasportati, su nastro, al selettore successivo, per una nuova calibratura, con fori di diametro inferiore.
Con la cernita si elimina tutto ciò che è bacato, alterato e difettoso: le castagne, disposte su nastri trasportatori, vengono selezionate accuratamente a mano.


La spazzolatura, effettuata con cilindri muniti di setole corte e fitte, oltre a ridare lucentezza ai frutti, elimina eventuali muffe superficiali sviluppatesi sull'epicarpo e allontana impurità e polveri.
Castagne e Marroni, infine, vengono confezionati, per pezzatura e trattamento, in sacchi di rete di plastica o di iuta, all'esterno dei quali sono apposte le informazioni di denominazione, sede e eventuali marchi commerciali, di processo o di origine geografica.

Il prodotto industriale

L'industria propone un'ampia gamma di trasformati conosciuti e apprezzati da secoli. Marroni e castagne sono offerti dal mercato durante tutto l'anno e si possono trovare in soluzione acquosa, a secco, sotto vuoto, surgelati, sciroppati, canditi, glassati, sott'alcol, sotto forma di purea e crema dolce, macinati in farina, trasformati in muesli, zuppe, prodotti per neonati, e infine sotto forma di bevande quali alcol di castagne, liquori, birra e bibite analcoliche.


Metodi di conservazione

La Ricciaia

Nei tempi antichi le castagne, ancora chiuse nei ricci, venivano ammassate in cumuli di 0,5–1 m posti sopra una piattaforma di terra battuta e ricoperte di foglie, felci e altri materiali vegetali periodicamente inumiditi. Questo ammasso organico prende il nome di ricciaia e al suo interno i frutti subiscono un parziale processo di fermentazione e si conservano integri e lucidi come appena raccolti per alcuni mesi.

Questo sistema, ormai caduto in disuso, favoriva l'apertura dei cardi ed era indicato per le varietà di ricci che a maturazione cadono dalla pianta ancora chiusi.

Curatura o Idroterapia


Ancora oggi il metodo adoperato per la conservazione delle castagne è quello della curatura, un tempo chiamata “novena” perché durava nove giorni. La pratica consiste nell'immergere le castagne in acqua, a temperatura ambiente, per un periodo che varia dai 4 ai 10 giorni. A causa della mancanza di ossigeno in immersione, i batteri presenti nei frutti vengono eliminati e si sviluppano microrganismi che favoriscono una leggera fermentazione.

Sterilizzazione o termo idroterapia

I frutti vengono immersi per 45 minuti circa in vasche di acqua calda a 50° (massima temperatura sopportabile dalle proteine senza denaturarsi). A fine trattamento le castagne subiscono il raffreddamento tramite getti d'acqua e l'asciugatura: queste tre fasi sono sufficienti per il consumo a breve termine, mentre per il commercio a medio - lungo termine è necessario che la termo idroterapia sia seguita dalla curatura.

Refrigerazione

Esistono due variabili per il metodo di conservazione della refrigerazione: quella in atmosfera normale (AN) e quella in atmosfera controllata (AC). Nella prima pratica sono impiegate celle frigorifere con temperatura compresa tra 0 e +2 °C ed umidità del 90-95%, nella seconda sono impiegate celle frigorifere con temperature prossime a 0 °C, alti tassi di CO2 e bassi tenori di O2, per rallentare le attività metaboliche e ridurre l'invecchiamento dei frutti.





Surgelazione


Le castagne sbucciate vengono conservate a -18/-20 °C per un periodo di 6-12 mesi, senza alterazioni. Al termine della pratica, lo scongelamento avviene per semplice trasferimento a temperatura ambiente, oppure per immissione di vapore acqueo, acqua tiepida o acqua fredda.








 



Gli infestanti dannosi

Cydia fagigladana (Tortrice intermedia delle castagne)

La C. fagigladana è diffusa in Russia, Iran ed Europa. In Italia la specie è presente nei castagneti del centro ed in quelli del sud, in particolare in Campania; nei castagneti del settentrione, invece, i suoi rilevamenti sono assai minori: nel Piemonte Nord-occidentale, in indagini risalenti agli anni novanta, questo parassita non è mai stato reperito. L'insetto adulto ha un'apertura alare di 13–19 mm, è di colore bruno con striature chiare a “spina di pesce”. A maturità diviene una larva rossastra di 14–17 mm che vive scavando gallerie nell'endosperma di faggiole, ghiande e castagne.

Cydia splendana (Carpocapsa o tortrice tardiva delle castagne)
     Lo stesso argomento in dettaglio: Cydia splendana.

La C. splendana presenta una distribuzione euroasiatica. In Italia la specie è distribuita in tutte le aree dove vegeta il castagno. L'insetto adulto ha un'apertura alare di 16–19 mm, è di colore grigio cenere e bruno. A maturità si trasforma in una larva biancastra o rosea lunga 12–16 mm, che si nutre prevalentemente di castagne e faggiole, ma anche di noci.

Pammene fasciana (Tortrice precoce delle castagne o del faggio)

La P. fasciana presenta una distribuzione euroasiatica ed è diffusa in tutta Italia. L'insetto adulto ha un'apertura alare di 15–18 mm ed è di colore bianco-avorio. A maturità diviene una larva di 11–13 mm, di colore biancastro o roseo, che vive a spese dei semi di castagno, faggio, quercia e acero. Per quanto riguarda il castagno, il parassita attacca direttamente i giovani ricci nei quali scava una galleria interna, passando così da cupola a cupola.



 Curculio elephas (Balanino o punteruolo delle castagne)

 Lo stesso argomento in dettaglio: Curculio elephas.

Il C. elephas è comunemente diffuso in Europa meridionale e nelle aree montane dell'Africa del Nord (Algeria). In Italia il parassita è presente in tutte le aree dove vegeta il castagno. L'insetto adulto è giallastro - grigio con antenne e zampe rossastre, è privo di ali ed è lungo dai 6 ai 10,5 mm. A maturità diviene una larva priva di zampe di 12–15 mm, di colore biancastro con il capo bruno-nerastro.

L'insetto vive sui castagni e sulle querce, mentre gli adulti si nutrono delle giovani gemme, le larve si sviluppano all'interno dei semi delle piante ospiti. Le ghiande e le castagne che cadono anticipatamente dal ramo sono i frutti danneggiati dal C. elephas, danno che varia a differenza della spinosità del riccio.















Juglans regia L. :____________________
                             La Noce





Appartenente alla Famiglia delle Juglandaceae

Etimologia

Juglans è un termine latino coniato in onore di Giove: "Jovis glans" cioè la "ghianda di Giove" poiché presso gli antichi Romani il noce era l'albero consacrato al re degli dei. L'aggettivo "regia" che significa "regale" rivela che l'albero fu introdotto in Occidente dai re di Persia.
Il noce è un albero alto da 10 a 20 m, a chioma folta, espansa e tondeggiante. Ha tronco eretto, dritto, con diametro basale fino a  1-2m, coperto da una corteccia liscia grigio-biancastra nei primi anni, più scura quella del tronco adulto, fessurata longitudinalmente.


Foglie alterne, imparipennate, con 5-7 foglioline ellittiche e a margine intero, quasi sessili, di colore verde scuro superiormente, più chiare sotto, leggermente vellutate per la presenza di ciuffi di peli all'inserzione delle nervature secondarie sulla principale.


Il noce è pianta monoica con fiori diclini, cioè i sessi sono distinti, ma presenti nello stesso individuo.

I fiori maschili sono raccolti in amenti penduli,cilindrici,alla base dei rami dell'anno precedente, hanno un piccolo perigonio di 3-4 pezzi,10-40 stami e resti di un pistillo atrofizzato; quelli femminili sono solitari o raggruppati a 2-4, hanno un perigonio di 4 tepali saldati alle brattee e alle bratteole,formante un involucro che nel frutto diviene carnoso avvolgendolo,ovario infero bicarpellare e uniloculare,sono inseriti all'estremità dei rami dello stesso anno. Fiorisce da aprile a maggio.

Il frutto del noce è una drupa,composta da un involucro esterno carnoso ed odoroso (il mallo), nocciolo interno legnoso ed ovoidale diviso in due valve,contenente il seme formato da 2 cotiledoni eduli, ripiegati, irregolarmente lobati, cerebriformi, detti gherigli. I due cotiledoni sono infossati in quattro compartimenti del guscio che sono incompletamente distinti da un falso setto lignificato e resistente. Il seme del noce possiede un ottimo sapore, tanto più delicato quanto più è fresco, essendo ricco di olio di ottima qualità, ma che tende ad irrancidire in breve tempo. Maturano in autunno; già in settembre, tuttavia, il  guscio ha raggiunto una definitiva solidità.

Noci e Cucina
Una noce in cucina è una categoria meno restrittiva rispetto a quella botanica, il termine infatti può essere attribuito a molti semi che in realtà noci non sono. Ogni grosso seme oleoso che abbia un guscio e venga usato per l'alimentazione (crudo, cotto, tostato, macinato, pressato per estrarne l'olio) assume volgarmente la qualifica di noce.
Pinoli coreani con e senza guscio


Alcuni frutti e semi che sono effettivamente noci nella tradizione culinaria (o farmaceutica), ma non dal punto di vista della definizione botanica:





•    Noce in senso comune: è un seme contenuto in una drupa (prodotta da Juglans regia).
•    Noce pecan: è un seme contenuto in una drupa (prodotta da Carya illinoensis).
•    Noce del Brasile: è un seme contenuto in una capsula (prodotta da Bertholletia excelsa).
•    Noce di cocco: è una drupa fibrosa (prodotta da Cocos nucifera e altre specie di palme).
•    Noce di areca o Noce di ara o Noce di betel: è una drupa (prodotta da Areca catechu)
•    Noce moscata: è un seme contenuto in una drupa (prodotta da Myristica fragrans).
•    Noce di cola: è un seme (prodotto da alberi del genere Cola).
•    Noce macadamia o Noce del Queensland: è un seme (prodotto dalla Macadamia integrifolia).
•    Noce d'acagiù o anacardio: è un achenio (prodotto da Anacardium occidentale).
•    Noce vomica: è una bacca (prodotta da Strychnos nux-vomica).
•    Nocciola cilena: è un seme usato in modo simile alla noce macadamia (prodotto da Gevuina avellana).
•    Nocciolina o Arachide: è un seme contenuto in un baccello indeiscente (che non si apre)



Alcuni studi epidemiologici hanno rivelato che le persone che consumano noci abitualmente corrono meno rischi di subire cardiopatie coronariche. Alcuni studi clinici hanno dimostrato che il consumo di varie tipologie di semi, quali ad esempio le mandorle e le noci comuni, può diminuire le concentrazioni del colesterolo LDL.

L'alto contenuto di arginina stimola la produzione di ossido nitrico che è indispensabile all'elasticità dei vasi sanguigni.
Oltre ai benefici cardiaci, le noci generalmente hanno un bassissimo indice glicemico (GI). Conseguentemente, i dietologi si raccomandano affinché le noci siano incluse nelle diete prescritte ai pazienti con deficienze di insulina (diabete); inoltre sono ricche di sali minerali e di vitamine B.
Ricche di Omega-3, calcio, magnesio, acido folico e antiossidanti prevengono l'artrite e rendono la pelle più bella

Impieghi della noce

In cosmetica: Dalla macerazione del mallo di noce si estrae un pregevole olio richiesto dall'industria cosmetica-saponiera. Nel mallo si trovano grosse quantità di juglone che è antisettico e cheratinizzante, favorisce cioè il rinnovo delle cellule della pelle. Può essere usato come abbronzante in quanto è capace di stimolare la produzione di melanina. Inoltre possiede una quantità di acidi grassi insaturi e di vitamine che ne fa una sorta di filtro naturale contro i raggi solari, paragonabile a un fattore di protezione 2-3, adatto quindi a pelli già abbronzate. Il decotto di foglie è utilizzato per scurire i capelli e contrastarne la caduta.

In  fitoterapia, al noce vengono tradizionalmente riconosciute proprietà astringenti, toniche, antisettiche, cicatrizzanti. Ha proprietà amaro-toniche, digestive, decongestionanti e astringenti intestinali, vantaggiose nel trattamento di diarree e dissenterie.

 Buoni risultati si sono ottenuti nel contrastare parassitosi intestinali dovute soprattutto alla Taenia solium. E' stato usato anche per curare, seppur con risultati opinabili, infiammazioni linfoghiandolari di origine tubercolare. E' utile per  dermatosi, eczemi, geloni, nelle infiammazioni oculari, in alcuni disturbi della sfera genitale: leucorree nelle donne e orchite nell'uomo.

Favorisce la diuresi, stimola la funzione pancreatica ed epatica ed è quindi utile per ridurre il senso di pesantezza. L'estratto delle foglie era anche usato in passato nel trattamento del diabete, il noce infatti ha anche azione ipoglicemizzante.

In dietetica è utilizzato soprattutto come frutta(si mangiano i gherigli) e nell'industria liquoristica per produrre il popolare "nocino". Le noci sono un alimento altamente energetico poiché contengono elevate quantità di lipidi, gran parte dei quali polinsaturi.

 In particolare la noce è piuttosto ricca di acido alfa-linolenico. A questo tipo di grassi viene attribuita la proprietà di diminuire il colesterolo cattivo (LDL) ed i trigliceridi.
Inoltre, essendo ricche di antiossidanti le noci possono aiutare a ridurre lo stress ossidativo e a contrastare l'invecchiamento cutaneo e cellulare.

Anche le proteine in essa contenute nascondono proprietà terapeutiche. Infatti sono particolarmente ricche di un amminoacido, l'arginina che viene trasformato dalle cellule della parete vasale in nitrossido, una sostanza in grado di prevenire e contrastare i fenomeni dell'arteriosclerosi.
Sono inoltre ricche di sali minerali (rame, zinco, ferro e fosforo), vitamine del gruppo B e vitamina E.

I pannelli costituiti dai residui dei gherigli torchiati vengono destinati all'alimentazione del bestiame.

In agricoltura biologica è usato come pianta repellente

ALTRI USI: l'olio grasso ricavato dal noce viene utilizzato come lubrificante e dato il suo alto coefficiente essiccativo, dall'industria delle vernici.
Il legno di noce è poi assai ricercato per la produzione di mobili e pavimenti grazie alla sua facile lavorabilità e la lunga durata.

Coltivazione


Il noce vegeta su terreno profondo, da moderatamente secco a umido, mediamente sciolto e ben areato, piuttosto ricco di sostanze nutritive, con buona frazione di humus; può vegetare anche su suoli leggermente acidi, ma preferibilmente basici .
 Esposizione in  pieno sole, ma non disdice la mezz'ombra. Il noce non va consociato con altre specie,  a causa della secrezione, da parte delle sue radici, di sostanze tossiche. Le sostanze che pervadono la fitta rete di radici, come anche foglie e frutti, sono infatti sgradite agli altri vegetali, ma utilissime all'uomo.

DROGA: La droga del noce è costituita dalle foglie e  dal mallo. Le foglie si raccolgono nei mesi di maggio-giugno, prima del totale sviluppo, staccandole senza il picciolo. Il mallo si raccoglie da agosto a settembre a completa maturazione. La droga deve essere essiccata rapidamente in luogo fresco e areato, per evitare precoci annerimenti delle parti.

Le foglie e il mallo sono ricchi di tannini, di vitamina C, acido citrico, malico, oli essenziali, di juglone, di acido caffeico, quercetina.

Allergia alle noci

L'allergia alimentare alle noci è un problema relativamente comune tra gli individui, e spesso può causare seri problemi. Per le persone allergiche ingerire o entrare in contatto anche con piccole quantità di prodotto (soprattutto se presente in preparazioni industriali non dichiarate) può causare fatali shock anafilattici.


L'allergia alle arachidi è la più comune; studi effettuati[quali?], hanno dimostrato che alcune allergie alle arachidi possono essere causate dall'utilizzo delle stesse nel cibo per neonati; infatti se viene somministrato a un bambino che non è in grado di digerirle completamente, il corpo reagisce contro questo alimento.

Comunque non c'è alcuna connessione (reazione crociata) tra l'allergia alle arachidi con quella alle noci, infatti coloro che sono allergici alle prime, non è detto siano allergici anche alle noci.









Ogni Estate ha la sua : L'Anguria




L'anguria il cui nome tecnico è  Citrullus Lanatus è una pianta della famiglia Cucurbitaceae, originariamente proveniente dall'Africa tropicale ed è spesso identificato come il frutto dell'estate, dissetante, rinfrescante ed ipocalorico, è in grado di assicurare un prezioso, quanto più abbondante, apporto idrico.
L'anguria è chiamata comunemente anche cocomero, e in botanica prende il nome di Cucumis citrullus o Citrullus vulgaris.  Si distingue dagli altri frutti per le proprie massicce dimensioni, oltre chiaramente per il peso, che talvolta raggiunge addirittura i 20 chili: ad ogni modo, la qualità del frutto non è sempre proporzionale al peso.


L’altro ben noto modo di chiamare l’anguria è cocomero, seppur più simile al nome scientifico del frutto, è tipico delle regioni centrali e meridionali d'Italia, mentre nel Nord si preferisce chiamare il frutto “anguria”.

Tuttavia entrambi i termini - “cocomero” ed “anguria” - affondano le radici nell'antichità, ed ambedue si collegano al cetriolo: “cocomero” infatti, deriva dal latino cucumis, mentre “anguria” trae origine dal greco antico angurion, i cui significati riconducono, per l'appunto, a “cetriolo”.


La sua Botanica

E’ una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Curcubitaceae, tipica dell'Africa meridionale e tropicale. Il fusto, erbaceo e rampicante, è sdraiato e raggiunge lunghezze considerevoli, oltrepassando talvolta anche i 10 metri; le foglie sono grandi, pelose, incise e trilobate. I fiori sono sia femminili, che maschili, mentre i frutti, massicci, pesanti e voluminosi, presentano una forma tondeggiante od ovale. 

Il frutto è una falsa bacca (peponide) dalla buccia dura e relativamente sottile; l'interno è di colore rosso (o, meno frequentemente, giallo, arancio o bianco a seconda della varietà) e ricco di semi, che possono essere neri, bianchi o gialli. La polpa è costituita per oltre il 90% di acqua, ma contiene anche un discreto quantitativo di zuccheri, soprattutto fruttosio, e vitamine A, C (8.1 mg per 100 g di frutto), B e B6. I frutti sono disponibili esclusivamente nel periodo estivo, da Maggio a Settembre.
 I semi, nascosti nella polpa rossa, zuccherina e dolcissima dell'anguria, possono essere neri, giallastri o bianchi, dalla tipica forma a goccia.


L'esterno dell'anguria, la corteccia, è dura, e presenta un colore verde brillante striato da lastre verde chiaro o maculato da chiazze giallastre o bianche: la scorza non è edibile.

L'anguria è un ottimo alleato nelle diete ipocaloriche; ad ogni modo, il consumo eccessivo è sconsigliato ai pazienti diabetici.
L'anguria è fonte di vitamine antiossidanti (A e C), vitamine del gruppo B (B6) e sali minerali, in particolare potassio, fosforo e magnesio (rispettivamente, 112, 11 e 10 mg/100g di prodotto).
Tutavia è compresa nella categoria degli alimenti più dissetanti e rinfrescantiin assoluto: tant'è vero che è costituita da oltre il 93% di acqua, e fornisce pochissime calorie (solo 16 per 100 grammi di prodotto, ancor meno rispetto al melone). Nell'anguria si contano all'incirca 3,7 grammi di zuccheri per etto di frutto, 0,4 di proteine e 0,2 di fibre.

Una proprietà molto importante è quella di essere dissetante, su questo l'anguria è il cardine tra i frutti, considerata la smisurata quantità d'acqua in essa presente.
Anche la proprietà depurativa si confà perfettamente all'anguria: tant'è che per alcuni popoli Africani, i Beciuaniani, il frutto viene esaltato persino come sacro e purificatore.
L'attività depurativa dell'anguria è direttamente correlata a quella diuretica: stimolando la diuresi, nell'organismo viene infatti favorita l'eliminazione delle scorie in eccesso.



CITRULLUS LANATUS


  L'anguria o cocomero è una pianta della famiglia Cucurbitaceae, originariamente proveniente dall'Africa tropicale

    Valori nutrizionali

Cocomero
Quantità per 100 grammi
 

Calorie 30
 
Lipidi 0,2 g

Acidi grassi saturi 0 g

Acidi grassi polinsaturi 0 g

Acidi grassi monoinsaturi 0 g

Colesterolo 0 mg

Sodio 1 mg

Potassio 112 mg

Glucidi 8 g

Fibra alimentare 0,4 g

Zucchero 6 g

Proteine 0,6 g


Retinolo
569 IU
Acido ascorbico
8,1 mg
Calcio
7 mg
Ferro
0,2 mg
Vitamina D
0 IU
Piridossina
0 mg
Cobalamina
0 µg
Magnesio
10 mg




La modica quantità di sali minerali e vitamine presente nell'anguria rappresenta un utile rimedio naturale - seppur blando - contro stati di stanchezza, affaticamento fisico e stress, tipici dei mesi estivi. Essendo ricca di potassio, l'anguria è consigliata anche alle persone che lamentano disturbi estivi legati ad alterazione della pressione osmotica, ritenzione idrica, eccitabilità neuromuscolare e lievi alterazioni della ritmicità del cuore.

Per la presenza di vitamine, sostanze antiossidanti e carotenoidi, l'anguria rientra tra i frutti studiati dalla ricerca in questi ultimi anni come possibile - ma non ancora dimostrato - rimedio alla prevenzione dei tumori

L'anguria, da consumarsi preferibilmente lontano dai pasti perché tende a rallentarne la digestione, fornisce una certa sensazione di sazietà: a tal proposito, rappresenta un ottimo ausilio per tenere sotto controllo la fame in quelle persone che, non riuscendo a controllarla, tendono a sovralimentarsi.
I semi di anguria vantano blande proprietà lassative.



Tra gli insetti, il parassita più importante è l'afide Aphis gossypii. Tra le malattie da funghi, vi sono l'oidio (causato da Erysiphe cichoracearum e dal Sphaerotheca fuliginea), la peronospora (causata da Pseudoperonospora cubensis), la muffa grigia (causata da Botrytis cinerea) e il nerume (causato da Alternaria alternata). Tra le micotossine, vi è la patulina.


Ricerca e studi


Il succo dell'anguria (insieme a quello di pomodoro) è riuscito a prevenire lo sviluppo dell'enfisema polmonare in animali allevati in ambienti la cui aria era di proposito inquinato con normale fumo di sigaretta. I ricercatori giapponesi stanno considerando la possibilità di ripetere lo studio anche sull'uomo sottoponendo a una cura a base di Licopene un gruppo di malati colpiti da disturbi di ostruzione polmonare in forma cronica. Secondo gli scienziati giapponesi il Licopene, presente in abbondanza in pomodori e anguria, sarebbe in grado di opporsi alle malattie del polmone grazie all'elevato potere antiossidante







Cynara scolymus

Pianta
·  Il carciofo è una pianta della famiglia Asteraceae coltivata in Italia e in altri Paesi per uso alimentare e, secondariamente, medicinale.
·  ·  Valori nutrizionali dei Carciofi
Quantità per
· 
100 grammi
Calorie 47
· 
Lipidi 0,2 g

Acidi grassi saturi 0 g

Acidi grassi polinsaturi 0,1 g

Acidi grassi monoinsaturi 0 g

Colesterolo 0 mg

Sodio 94 mg

Potassio 370 mg

Glucidi 11 g

Fibra alimentare 5 g

Zucchero 1 g

Proteine 3,3 g


Retinolo
13 IU
Acido ascorbico
11,7 mg
Calcio
44 mg
Ferro
1,3 mg
Vitamina D
0 IU
Piridossina
0,1 mg
Cobalamina
0 µg
Magnesio
60 mg

Il carciofo (Cynara scolymus L.) è una pianta della famiglia Asteraceae coltivata in Italia e in altri Paesi per uso alimentare e, secondariamente, medicinale.

Il carciofo è una pianta erbacea perenne alta fino a 1,5 metri, provvista di un rizoma sotterraneo dalle cui gemme si sviluppano più fusti, che all'epoca della fioritura si sviluppano in altezza con una ramificazione dicotomica. Il fusto, come in tutte le piante "a rosetta", è molto raccorciato (2-4-cm), mentre lo stelo fiorale è robusto, cilindrico e carnoso, striato longitudinalmente.

Le foglie presentano uno spiccato polimorfismo anche nell'ambito della stessa pianta (eterofillia). Sono grandi (fino a circa 1,5 m in alcune cultivar da seme), oblungo-lanceolate, con lamina intera nelle piante giovani e in quelle prossime ai capolini, pennatosetta e più o meno incisa in quelle basali. La forma della lamina fogliare è influenzata anche dalla posizione della gemma da cui si sviluppa la pianta. La superficie della lamina è verde lucida o verde-grigiastra sulla pagina superiore, mentre nella pagina inferiore è verde-cinerea per la presenza di una fitta tomentosità

Le estremità delle lacinie fogliari possono esse spinose in alcune varietà (Spinoso di Palermo, Spinoso Sardo).
I fiori sono riuniti in un capolino (detto anche calatide) di forma sferoidale, conica o cilindrica e di 5–15 cm di diametro, con un ricettacolo carnoso e concavo nella parte superiore. Sul ricettacolo sono inseriti i fiori (flosculi), tutti con corolla tubulosa e azzurro-violacea e calice trasformato in un pappo setoloso, utile alla dispersione degli acheni tramite il vento (disseminazione anemocora). 

Nel capolino immaturo l'infiorescenza vera e propria è protetta da una serie di brattee involucrali strettamente embricate, con apice inerme, mucronato o spinoso, a seconda della varietà. Fiori e setole sono ridotti ad una corta peluria che si sviluppa con il procedere della fioritura. In piena fioritura le brattee divergono e lasciano emergere i fiori. La parte edule del carciofo è rappresentata dalla base delle brattee e dal ricettacolo, quest'ultimo comunemente chiamato cuore. In Sardegna è molto richiesta anche la parte terminale dello scapo fiorale dalla terzultima o penultima foglia.

 

Il frutto è un achenio (spesso chiamato erroneamente "seme") allungato e di sezione quadrangolare, provvisto di pappo. Il colore varia dal marrone più o meno scuro al grigio con marmorizzazioni brune.


In questa specie sono stati identificati, con l'ausilio di marcatori molecolari (AFLP, microsatelliti e transposon display), tre differenti taxa:
  • C. cardunculus L. var. sylvestris Lam. (cardo o carciofo selvatico) abbondantemente diffusa allo stato spontaneo nel bacino del mediterraneo centro-occidentale;
  • C. cardunculus L. var. altilis DC. (cardo coltivato o cardo domestico);
  • C. cardunculus L. var. scolymus (L.) Fiori (carciofo).

Varietà


Le varietà di carciofo sono classificate secondo diversi criteri. I principali sono i seguenti:

  • In base alla presenza e allo sviluppo delle spine si distingue fra varietà spinose e inermi. Le prime hanno capolini con brattee terminati con una spina più o meno robusta, le inermi hanno invece brattee mutiche o mucronate.
  • In base al colore del capolino si distingue fra varietà violette e verdi.
  • In base al comportamento nel ciclo fenologico si distingue fra varietà autunnali o rifiorenti e varietà primaverili o unifere. Le prime si prestano alla forzatura in quanto possono produrre capolini nel periodo autunnale e una coda di produzione nel periodo primaverile. Le seconde sono adatte alla coltura non forzata in quanto producono capolini solo dopo la fine dell'inverno.

Fra le varietà più famose si annoverano il Brindisino, il "Paestum" (carciofo IGP proveniente dall'omonima città della magna Grecia di Capaccio-Paestum) Spinoso sardo (coltivato anche in Liguria con il nome di Carciofo spinoso d'Albenga), il Catanese, il Verde di Palermo, la Mammola verde, il Romanesco, il Mazzaferrata di Cupello, il Violetto di Toscana, il Precoce di Chioggia, il Violetto di Provenza, il Violetto di Niscemi. Le varietà di maggiore diffusione in passato erano il Catanese, lo Spinoso sardo e il Violetto di Provenza, fra i tipi autunnali forzati, e il Romanesco e il Violetto di Toscana fra quelli primaverili non forzati. Lo Spinoso sardo, una delle varietà più apprezzate nel mercato locale e in alcuni mercati dell'Italia settentrionale ha subito un drastico ridimensionamento dagli anni novanta a causa della ridotta pezzatura media dei capolini e della minore capacità produttiva rispetto ad altre cultivar (Tema, Terom, Macau, ecc.).


La produzione mondiale del carciofo, secondo la FAO, nel 2011 è stata superiore a 1,5 milioni di tonnellate, di cui oltre il 60% nell'area mediterranea.


Di fatto i carciofi si coltivano soprattutto in Italia, Egitto e Spagna. Negli Stati Uniti d'America la maggior produzione di carciofi si ha nello Stato della California, e all'interno della California la contea di Monterey concentra più dell'80% del totale.

Da qualche anno, a causa di un'epidemia degli asparagi, nelle terre nuove del progetto Chavimochic del Perù si cominciò a coltivare il carciofo con il fine di esportarlo ai paesi europei, facendo del Perù il quarto produttore mondiale.

Una resa tipica della coltivazione è di 100 quintali per ettaro.



Tecnica colturale


Il carciofo viene considerato una coltura da rinnovo e si avvale, al momento dell'impianto, di un’aratura profonda. E' una coltura poliennale: la durata di una carciofaia non è definibile a priori; se non intervengono fattori avversi essa può essere anche di 7-10 anni.
E' da considerarsi una coltura da rinnovo, a cui far seguire un cereale o, come nelle zone orticole, altri ortaggi. L'opportunità dell'avvicendamento è consigliabile per evitare gli inconvenienti della coltura ripetuta.





La preparazione del terreno viene effettuata in epoca diversa, in relazione alla modalità d'impianto della coltura, per ovuli o per carducci, all'inizio dell'estate o in autunno. Prima dell'impianto è necessaria una lavorazione profonda (40-50 cm), a cui seguono lavorazioni più superficiali con frangizolle ed erpice per preparare un perfetto letto di semina. La concimazione organica deve essere fatta in concomitanza della lavorazione profonda.

L'apporto di fertilizzanti è fondamentale per la produttività della carciofaia: una coltura di carciofo può asportare dal terreno circa 250-300 kg/ha di azoto, 350-400 kg/ha di potassa e 50-100 kg/ha di anidride fosforica.. Da ciò deriva la necessità di somministrare i fertilizzanti minerali in dosi elevate.
Generalmente, la concimazione fosfatica e quella potassica sono effettuate all'atto dell'impianto della carciofaia e negli anni successivi, al momento del risveglio. La concimazione azotata, in parte è distribuita insieme agli altri due elementi, in parte frazionata in un paio di volte in copertura durante il periodo di massimo accrescimento della vegetazione.

 

Impianto


Di solito si esegue nel periodo autunno-primaverile per "carducci", utilizzando il materiale proveniente dalla scarducciatura di altre carciofaie. I carducci sono germogli che crescono alla base della pianta e vengono distaccati con una porzione di radice. I carducci per i nuovi impianti devono essere ben sviluppati, con una lunghezza di 20-40 cm e provvisti di 4-5 foglie, la cui parte distale viene tagliata al momento dell'impianto. Nelle zone irrigue meridionali, dove si pratica il risveglio anticipato, è frequente l'impianto per "ovuli" in estate. Gli ovuli sono le gemme di grossezza diversa che si formano alla base del fusto interrato, da cui alla ripresa vegetativa hanno origine i carducci. Gli ovuli si distaccano dalla pianta madre in estate durante la fase di riposo. E' consigliabile sottoporre l'ovulo alla pregermogliaziano. Spesso, l'impianto estivo è fatto con ovoli, provenienti da carducci messi a vivaio nell'annata precedente, quindi già ben radicati e formati.
Il sesto d'impianto della carciofaia è variabile, sia in relazione alla durata della carciofaia, che allo sviluppo della varietà. La distanza media è di cm 100 x 100 o cm 120 x 120, in modo da ottenere un numero di piante all'ettaro intorno a 7-10 mila. Oggi si tende ad allargare la distanza tra le file (170-200 cm) e a diminuirla sulla fila (60-80 cm).

 

Interventi colturali


Nei primi stadi della ripresa vegetativa si eseguono diverse lavorazioni al terreno o per il controllo delle infestanti o per l'interramento dei fertilizzanti in modo da permettere un rapido accrescimento delle piante. Queste emettono un certo numero di carducci in buona parte da eliminare. La scarducciatura sarà più o meno intensa a secondo della varietà, della fertilità del terreno e della densità delle piante. A seconda delle condizioni colturali, vengono lasciati uo o due o tre carducci per pianta.

Il controllo delle infestanti è di fondamentale importanza. Tra le infestanti della carciofaia c'è una lunga serie di malerbe annuali, biennali e perenni. Tra queste un ruolo di rilievo spetta alle graminacee e all'acetosella (Oxalis spp.). Quest'ultima infestante ha un ciclo autunno-primaverile coincidente con quello della coltura ed ha una notevole capacità di diffusione, essendo fornita di organi di moltiplicazione sotterranea (bulbilli) che vengono diffusi dagli organi rotanti delle macchine durante le lavorazioni. Prima dell'impianto si può intervenire con prodotti ad azione fogliare come glufosinate ammonio o gliphosate, in presenza di malerbe già note, aggiungendo un prodotto residuale quale il trifluralin, seguito da un leggero interramento, o pendimethalin, distribuito in superficie. Successivamente gli interventi vanno effettuati in pre-emergenza delle infestanti.


Irrigazione



E' uno degli interventi colturali più importanti ai fini dell'anticipo di produzione cel carciofo in autunno nelle aree meridionali. In relazione all'epoca del risveglio estivo e dell'andamento climatico, i fabbisogni idrici possono essere più o meno elevati, per cui dove la disponibilità idrica è carente, l'irrigazione viene ritardata verso la seconda metà del mese di agosto..
Frequenti irrigazioni, con un turno medio di 8-10 giorni sono necessari in estate ed, in qualche caso, alcuni interventi in autunno, qualora l'andamento climatico decorra siccitoso. Il metodo irriguo più diffuso è l'aspersione.

Raccolta e produzione


La raccolta dei capolini è scalare, ha inizio verso la prima decade di ottobre per la coltura precoce e termina in giugno con quella più tardiva. In relazione al tipo di coltura ed alla varietà, il numero delle raccolte può variare da un minimo di 3-4 ad un massimo di 15-20, tendendo presente che la lunghezza del ciclo produttivo può variare da un minimo di 20 giorni ad un massimo di 180-220 giorni. Il numero dei capolini per pianta oscilla da 4-5 a 14-15.
Nel complesso una carciofaia produce 50-100 mila capolini ad ettaro, pari ad una produzione in peso di 60-120 quintali ad ettaro.. La raccolta è effettuata a mano con taglio dei capolini con stelo lungo ed alcune foglie. per agevolare il trasporto della produzione fuori del campo si utilizzano rimorchi o carri-raccolta trainati, forniti di ali laterali.

La valutazione qualitativa dei capolini viene effettuata in base alla pezzatura, alla compattezza ed alle caratteristiche di freschezza e sanità. per il mercato fresco, molta importanza riveste la precocità di maturazione. Oltre al consuno fresco, il carciofo viene utilizzato dall'industria conserviera sia per la produzione di "carciofi al naturale", di "carciofini sott'olio" e di "carciofi surgelati".
E' un ortaggio dal buon valore alimentare ed adatto ad essere preparato in una infinità di modi culinari. Abbastanza ricco di ferro.
Il carciofo è ricco non solo di fibra, vitamine, sali minerali ed aminoacidi, ma anche di sostanze fenoliche che presentano proprietà benefiche per l'organismo. Ha inoltre una una forte capacità antiossidante.

Per uso alimentare vengono utilizzati anche i teneri carducci, i quali quando vengono sottoposti alla pratica della imbiancatura vanno sotto il nome di "gobbi".
Notevole è il sottoprodotto di foglie della carciofaia, che costituisce un ottimo alimento fresco per gli animali. Anche i residui della lavorazione industriale dei capolini hanno un impiego zootecnico, o vengono essiccate per preparare una farina di carciofo.

Le proprietà medicinali del carciofo ed il sapore amaricante degli estratti ne fanno una pianta di largo consumo nell'industria liquoristica e medicinale. In genere, per uso industriale, si utilizzano le piante a fine ciclo di produzione, in fase di essiccamento naturale. 


Avversità e parassiti


Il carciofo pur essendo una pianta rustica è soggetta ad alcune avversità.
Tra le fitopatie l'atrofia del capolino riveste un ruolo importante, ma solo per le varietà tardive. La malformazione si presenta con capolini di dimensioni ridottissime o con capolini normali con brattee non completamente sviluppate e con margine superiore imbrunito. Diversi fattori concorrono al manifestarsi di questa fisiopatia: temperature superiori di 25° C nella fase di transizione dell'apice caulinare da vegetativo a riproduttivo, condizioni idriche, contenuto di sali solubili nel terreno ecc.
Dei danni da gelo abbiamo già accennato.
Il carciofo è una tra le specie sensibili ai diserbanti di tipo ormonico (2,4 D).
Il carciofo è dotato di ampia espansione fogliare e di fusti e gemme molto carnose, per cui è particolarmente soggetto agli attacchi di parassiti animali. Il più temuto parassita del carciofo è l'arvicola (topo campagnolo) la cui enorme diffusione limita fortemente la durata degli impianti.
Tra gli insetti che danneggiano i capolini, due specie di lepidotteri sono degne di particolare attenzione: la nottua del carciofo (Gortyna xanthenes Germ.) e la depressaria (Depressaria erinaceella Stg.).

Altri fitofagi ricorrenti sono gli afidi (Brachycaudus cardui, Aphis fabae, Myzus persicae ecc.) e la cassida (Cassida deflorata Suffr.).
Tra le malattie crittogamiche quella che interessa maggiormente il carciofo è rappresentata dai marciumi del colletto (Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp.), presenti soprattutto nei terreni mal drenati.
L'oidio (Leveillula taurica) e la peronospora (Bremia lactucae) non sono molto diffuse e generalmente non creano problemi fitosanitari.


L'Italia detiene il primato mondiale nella produzione di questo ortaggio (pari a circa il 30%). Le zone di maggiore produzione sono la Sicilia (Piana di Gela e di Catania), Sardegna e Puglia





 

 

 

 

 

 

 

Principi attivi


Dopo l'acqua, il componente principale dei carciofi sono i carboidrati, tra i quali si distinguono l'inulina e le fibre.

I minerali principali sono il sodio, il potassio, il fosforo e il calcio.

Tra le vitamine prevale la presenza di B1, B3, e piccole quantità di vitamina C.

Più importante per spiegare le attività farmacologiche degli estratti di carciofo è la presenza di un complesso di metaboliti secondari caratteristici:

  • Derivati dell'acido caffeico: tra gli altri acido clorogenico, acido neoclorogenico, acido criptoclorogenico, cinarina.
  • Flavonoidi: in particolare rutina.
  • Lattoni sesquiterpenici: tra gli altri cinaropicrina, deidrocinaropicrina, grosseimina, cinaratriolo.