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PORTALE GASTROENTEROLOGIA 2



Il Formaggio e la Dipendenza...





Il formaggio è un prodotto antichissimo e allo stesso tempo molto noto e consumato nel mondo. E’ proprio il suo consumo che induce studiosi a sviluppare studi frequenti su qualità, composizione e miglioramenti. 

E’ notizia di questi giorni che l’Università del Michigan ha pubblicato sulla US National Library of Medicine il suo nuovo studio sul formaggio con il quale evidenzia che oltre ad essere un alimento eccellente con tutte le sue proprietà ha inoltre un effetto di dipendenza.

Considerando i dati raccolti, sarebbe emerso un'altra informazione importante e cioè che uno degli alimenti che creano maggior dipendenza è la pizza, ma secondo gli esperti, ciò sarebbe dovuto alla presenza del formaggio stesso. Lo studio ha fatto emergere che la dipendenza è legata al modo in cui gli alimenti vengono elaborati.


Un esempio è che gli alimenti ricchi in grassi ed elaborati, proprio a causa della oro composizione grassa questi possono creare maggiore dipendenza rispetto ad altri. Il formaggio sembra far parte di questa categoria in quanto la caseina, una proteina che si trova nel latte e quindi anche in tutti i prodotti lattiero-caseari, durante la digestione, rilascia delle sostanze chiamate casomorfine, una serie di sostanze simil effetto dell’oppio le quali causano appunto dipendenza. 
 Esistono tuttavia altri studi oltre questo appena citato, nei quali si spiega che il formaggio avrebbe un ottimo effetto anti-carie. 



La proposta proviene dall'Academy of General Dentistry, associazione di dentisti statunitense che ha pubblicato sulle pagine della sua rivista clinica, General Dentistry, dove il derivato del latte aiuta a mantenere i valori di pH nella bocca a livelli non dannosi per lo smalto e potrebbe proteggere la superficie dei denti grazie ad alcuni suoi componenti.




Allo stesso tempo in Europa diversi Laboratori di ricerca come alcuni in Svezia e in Uk stanno valutando rischi e malattie che derivano da un alto consumo di formaggio. Tuttavia le ricerche continuano e siamo ancora distanti a giungere ad una conclusione.









Il Rapporto Scelta alimentare e
                  Benessere psico-fisico: La ricerca


E ben nota l’importanza di immettere regolarmente l’attività fisica nella propria vita , come è ben noto che  un’alimentazione equilibrata ha la finalità di garantire un apporto adeguato di energia e di nutrienti al nostro organismo, prevenendo in questo modo  sia carenze che eccessi nutrizionali o comunque effetti dannosi.





Tuttavia, Agroalimenti e Dintorni analizza con Voi, un aspetto particolare che valorizza queste affermazioni introduttive e alla stesso tempo ne motiva il legame.



Esiste dunque la scelta di un alimento da parte del consumatore, la quale scelta è quasi mossa da una scelta antecedente, questa fa pensare al fatto che molti consumatori scelgono di scegliersi gli alimenti, si evincerà da quanto scritto e studiato che c’è una forte relazione psicologica e pratica che determina la scelta di un alimento anziché un altro e in fine il suo impatto sul corpo.



La concretizzazione della scelta di alimenti e data dall'alto della loro ingestione che è un evento “drammatico” in senso omeostatico. Questo originale approccio generale è stato ripreso dalla psicologia che, in numero studi, discute l'ipotesi che gli alimenti, pur essendo certamente indispensabili per l'apporto di energia e di nutrienti e pur avendo sicuro significato di rinforzo psicologico positivo, possono costituire una potenziale minaccia per l'organismo.

L'ipotesi, ancora oggetto di studi, potrebbe dare motivazione fisiologica al fatto che la generale risposta immuno-neuro-endocrina del corpo al processo alimentare inizia già dalla fase cefalica, con una reazione a prevalenza simpatica, tipica dell'allarme, e che sempre più numerose sono le indicazioni di partecipazione dell'amigdala, centrale di rischio, all'informazione di ingestione di alimenti.

 Infatti, il trasferimento di energia dall'ambiente al corpo tende a modificarne il livello entropico, e la natura estranea degli alimenti ingeriti ne cimenta l' indispensabile capacità di assimilazione.
così la specie, allo stesso modo con cui ha appreso le risposte utili per evitare o tollerare l'ingestione di sostanze dannose, ha appreso come operare in modo anticipatorio per minimizzare l'impatto degli alimenti sul corpo, modulare il contenuto di alimenti in ciascun pasto, attivare i diversi componenti del sistema di risposta allo stress durante la funzione dell'apparato digerente e gestire il comportamento post prandiale in modo da poter minimizzare il rischio di disorganizzare i diversi sistemi omeostatici.

 Dalla ricerca scientifica si ottengono spesso risultati differenti dalle attese semplicistiche, come per i gli studi sui rapporti tra qualità degli alimenti del pasto e latenza nell’insorgenza di sonnolenza sia pomeridiana che serale inoltre, si ipotizza che il sistema di difesa contro l'eccessiva introduzione di alimenti possa essere impropriamente attivato, e così contribuire all'insorgenza di problemi clinici come l'ipoglicemia reattiva connessa con abnorme sensibilità all'insulinasi manifesterebbe in tal caso, anche in campo di nutrizione, il classico continuum tra fisiologia e patologia funzionale, la quale si instaura ogni volta in cui i sistemi di regolazione controllo vengono meno e al loro specifico compito di conservare la variabilità entro limiti fisiologici.

Allo scopo di semplificare l'esposizione si riporta la versione più recente della cascata dello stazionamento che introdotta nel 1991 nell' approccio psicofisiologico è tuttora valida la figura cui corrispondono stessa sequenza temporale e stesso schema viscerale cognitivo evidenzia che nella fase Pre-ingestiva prevalgono stimoli esogeni sensoriali o culturali che concorrono a istituire o attivare meccanismi cognitivi di sistemi centrali di memoria a lungo termine, innata e appresa, come preferenza o avversione condizionata.

Nello stadio precoce della fase post in gestiva la risposta sensoriale permane rinforzata da stimoli viscerali e gli effetti sono ancora esempio di meccanismi anticipatori.

Senza netta separazione subentrano gli stadi tardivi assorbimento e post assorbimento in cui prevalgono stimoli viscerali e con meccanismi a retroazione si manifestano gli effetti diretti o indiretti dei nutrienti che entrati in circolo raggiungono diversi organi con risposte anche metaboliche.


A proposito di fattori individuali della scelta di alimenti sono state ricordate le determinanti genetiche della fase pre investiva ora a proposito gli effetti dell'ingestione sull' individuo sono da ricordare le determinanti genetiche delle risposte a retroazione negativa della fase post assorbitiva.

 La sistemazione logica degli argomenti studiati per comprendere bene il fenomeno è suddivisibile in 3 schemi che valutano gli effetti:

1. Gli effetti Pre-ingestivi o Post-ingestivi
2. Gli effetti Pre-assorbiti e/o Post-assorbitivi
3.Gli effetti sulle funzioni del cervello e o del corpo




Si può concludere che spesso, anzi spessissimo molti Disturbi del Comportamento Alimentare come anche Intolleranze, Malesseri Generici anche in campo dello stato mentale di benessere sono ricollegabili ad errate scelte in materia di cibo, saper scegliere e preparare il proprio alimento è la base dell'uomo e dell'essere vivente, infatti non ci si nutre di materia inorganica ma di materia organica e questa occupa il problema 1 per ogni individuo.


















Nuove Frontiere sul binomio 

                          Alzheimer ed Alimentazione.

 





La malattia dell’ Alzheimer, noto anche come  morbo di Alzheimer, demenza presenile di tipo Alzheimer, demenza degenerativa primaria di tipo Alzheimer o semplicemente Alzheimer, è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in età presenile (oltre i 65 anni, ma può manifestarsi anche in epoca precedente). Si stima che circa il 60-70% dei casi di demenza sia dovuta a Alzheimer disease.


La causa e la progressione della malattia di Alzheimer non sono ancora ben compresi. La ricerca indica che la malattia è strettamente associata a placche amiloidi e ammassi neurofibrillari riscontrati nel cervello, ma non è nota la causa prima di tale degenerazione. Attualmente i trattamenti terapeutici utilizzati offrono piccoli benefici sintomatici e possono parzialmente rallentare il decorso della patologia; anche se sono stati condotti oltre 500 studi clinici per l'identificazione di un possibile trattamento per l'Alzheimer, non sono ancora stati identificati trattamenti che ne arrestino o invertano il decorso.


Tuttavia è notizia attuale la conoscenza di nuovi dati ufficiali sull'Alzheimer. Si sa che solo nella Provincia di Trento valutazioni fatte su dati che risalgono al 2009, sono 7200 i malati censiti.
Nel 2013, invece, l'Unità Valutativa per l'Alzheimer ha riscontrato 525 nuovi casi. Si può quindi ipotizzare una presenza di circa 10.000 malati. Al contempo esiste  l'effetto sulla società della malattia la quale sarebbe tale da coinvolgere oltre 30.000 persone.




Mentre in Italia si stimano un minimo di 1.000.000 di malati, numero destinato a crescere, dato l'allungamento delle vita e il fatto che un ottantenne su tre, in media, si ammala. I dati messi alla luce dal presidente dell'Associazione Alzheimer Trento Onlus sabato 12 settembre presso la Sala Conferenze CaRiTro di Trento, durante il primo degli appuntamenti del mese Alzheimer, "Alimentazione e Alzheimer". “


Agroalimenti e Dintorni si è soffermato sul lavoro del Dr. Michele Pizzinini, specializzato in Scienze dell'Alimentazione, che ha messo in guardia contro i fattori che aumentano il rischio di Alzheimer: l'obesità e l'eccesso di zuccheri.

Esisterebbe quindi una certa correlazione tra stile di vita basata sull’alimentazione e malattia. Tra le prime regole di una corretta alimentazione, dunque, fare colazioni abbondanti e corrette, dividere gli apporti nutritivi in base ad una regola facile cioè privilegiare i carboidrati a pranzo e le proteine a cena, diminuendo l'assunzione di zuccheri e aumentando gli antiossidanti naturali, frutta e verdura.
Andrea Arighi, Neurologo dell'unità Dipartimentale malattie neurovegetative presso l'Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ha invece spiegato che sono presenti nel corpo Biomarcatori che permettono di individuare il futuro insorgere dell'Alzheimer anche con 10-15 anni di anticipo.
Per quanto riguarda la cura pratica dell'alimentazione del malato, Giorgia Caldini, Responsabile Centro Diurno Alzheimer Trento, ha spiegato che l’essenziale è conoscere bene la persona malata. Non c’è, infatti, un’evoluzione tipo della malattia dunque la cosa migliore è lavorare sulle singole biografie, per non stravolgere le abitudini, ma anzi rinforzarle. “






Un nuovo studio pubblicato sul sul Journal of Alzheimer’s Disease ben evidenzia il rapporto tra alimentazione e malattia di Alzheimer.
Si tratta del primo studio effettuato su larga scala che dimostra che gli AGEs (Advanced Glication End products ndr) sono un importante fattore di rischio per la malattia di Alzheimer.

Gli AGEs sono prodotti di una Glicosilazione aberrante di Proteine che si formano nel nostro organismo durante il processo di invecchiamento e che sono ulteriormente introdotti attraverso la dieta. Queste sostanze sono in grado di accrescere il rischio di Alzheimer producendo alterazioni a tutti i livelli: infiammazioni, danni vascolari, danni neuronali e stress ossidativo.

Carne e formaggi stagionati sono particolarmente ricchi di AGEs. Nella nostra ricerca abbiamo dimostrato che un’alimentazione ad elevato contenuto di carne e basso contenuto di cereali e verdure contribuisce a un alto contenuto di queste sostanze nell’organismo, indipendentemente dal modo in cui i cibi vengono cotti.

La classica dieta mediterranea e la classica dieta giapponese, invece, comportano un basso accumulo di AGEs nel corpo, per via del ridotto contenuto di carne e della ricchezza in cereali e verdure di questi regimi alimentari.

Lo studio evidenzia che le Alterazioni del Metabolismo del Rame possono portare alla formazione di Placche Amiloidi, che sono una manifestazione della malattia di Alzheimer. I dati emersi da altre ricerche scientifiche suggeriscono, inoltre, che una dieta ricca di vitamina E e B12 può essere d’aiuto nel migliorare il metabolismo del rame e quindi ridurre il rischio di Alzheimer.



L'Educazione alimentare al centro del Programma.

Quindi in conclusione, gli alimenti che non dovrebbero mai mancare sulle nostre tavole se vogliamo mantenere un cervello sempre giovane sono:  molta verdura, frutta, pesce, alimenti che dovrebbero costituire la base della nostra dieta, secondo i principi base della dieta mediterranea classica.
Dall’altro lato, è importante ridurre il consumo di carne, formaggi e, soprattutto, evitare i cibi precotti, dato che gli AGEs sono comunemente introdotti in questi alimenti come additivi.

















Cosa pensa l'organismo del Ferro "alimentare"?





L'organismo umano contiene circa 3-4 g di Ferro sotto forma di ferro emico Fe2+ (ione ferroso) e di ferro non-emico Fe3+ (ione ferrico). Per Ferro emico si intende il ferro legato al gruppo eme delle proteine emoglobina e mioglobina, che ammonta al 75% del ferro totale presente nell'organismo (65% nell'emoglobina e 10% nella mioglobina).




Sul piano generale il Ferro è un minerale piuttosto abbondante nella crosta terrestre, mentre sul piano alimentare la carenza di ferro rappresenta la prima causa di anemia a livello mondiale. E' quindi molto importante imparare a conoscere quali sono gli alimenti più ricchi in ferro e come avviene l'assorbimento del loro prezioso contenuto, in quanto un altro problema da considerare è il malassorbimento di quest’ultimo.
Il bilancio del Ferro nell'organismo viene primariamente mantenuto esaltandone o rallentandone l'assorbimento a livello intestinale; non a caso l'organismo delle persone carenti è generalmente in grado di assorbire il ferro alimentare in maggiori quantità.


Negl’alimenti il ferro è presente principalmente in due forme:


Ferro eme: forma legata alle emoproteine muscolari (emoglobina o mioglobina); facilmente assorbibile, è tipico degli alimenti animali ed in particolare di quelli carnei (pollame, manzo, maiale, cavallo, selvaggina, pesce ecc.), dove costituisce circa il 40-50% del totale. E' invece assente nei latticini.
L'assorbimento del ferro eme è indipendente dalla composizione della dieta, poiché l'intera molecola (dopo la proteolisi della mioglobina o dell'emoglobina cui è legata) passa intatta dal lume alla cellula intestinale, senza ostacolo da parte degli altri nutrienti.





Ferro non eme: il ferro inorganico, scorporato dal gruppo eme, può trovarsi sotto forma di sale in due diverse forme ioniche:
Fe2+ ferroso o ferro bivalente (solubile);
Fe3+ ferrico o ferro trivalente (insolubile).
Lo stato di ossidazione influenza l'assorbimento del ferro libero; in particolare, affinché possa essere assorbito dagli enterociti il ferro elementare deve trovarsi nella forma bivalente (Fe2+).
Il ferro non eme si trova principalmente negli alimenti vegetali (del tutto privi della forma eme), ma anche in quelli carnei (dove non tutto il ferro si trova nella forma eme).
All’interno del gruppo eme troviamo uno ione ferroso (Fe2+) legato ad una molecola di proto porfirina; questo può generare confusione, poiché spesso si descrive la carne come un alimento ricco di ferro bivalente facilmente assorbibile. In realtà tale affermazione è valida soltanto in riferimento allo ione ferroso dell'eme, poiché quando si parla di ferro inorganico non esistono grandissime differenze tra l'assorbimento del ferro trivalente e bivalente (quest'ultimo viene comunque assorbito in modo leggermente migliore rispetto al precedente).




Il ferro viene assorbito prevalentemente nel Duodeno, quindi nel tratto prossimale dell'intestino tenue. Come anticipato, gli enterociti assorbono direttamente il ferro di tipo eme, mentre per quanto riguarda le forme inorganiche, il minerale viene assorbito esclusivamente in forma bivalente. Durante il transito nello stomaco l'acidità dell'ambiente gastrico favorisce la riduzione di Fe3+ a Fe2+ ed insieme alla Pepsina libera il ferro legato alle Proteine. Di conseguenza, quando la sintesi e la secrezione di succhi gastrici è alterata (ad esempio per l'utilizzo di farmaci inibitori della pompa protonica), l'assorbimento del ferro è sostanzialmente ridotto. A livello dell’orletto a spazzola degli enterociti, esiste comunque una proteina - denominata citocromo b duodenale (Dcytb) - in grado di ridurre il ferro trivalente a ferro bivalente, permettendone l'assorbimento. Nello stato ferroso, il minerale viene quindi trasportato attraverso la membrana apicale dell'enterocita sfruttando il trasportatore bivalente del ferro (DMT1).

In una ipotetica classifica di biodisponibilità avremmo quindi al primo posto il Ferro eme, seguito dalla forma inorganica Fe2+ e un po' più indietro dalla forma non eme Fe3+.
Alcune sostanze della dieta, come acido ascorbico (vitamina C) e acido citrico, favoriscono l'assorbimento del ferro mantenendolo nella forma Fe2+. Sortiscono invece un'effetto contrario le fibre alimentari, ed alcuni anti-nutrienti (fitati e tannini) di origine vegetale.

Dopo essere entrato nella cellula enterica, il ferro può attraversarne la barriera basolaterale e passare nel circolo sanguigno accorpandosi alla
transferrina, essere utilizzato dall'enterocita per le sue normali funzioni o essere depositato come riserva (legato alla ferritina); in quest'ultimo caso sarà eliminato dopo pochi giorni insieme alla desquamazione della cellula intestinale .
Come descritto a proposito del passaggio del minerale dalla membrana apicale (orletto a spazzola) al citoplasma dell'enterocita, anche il passaggio attraverso la membrana basolaterale implica la presenza di uno specifico trasportatore.

Grazie a questo duplice meccanismo di regolazione, l'assorbimento del ferro è direttamente proporzionale alle necessità di sintesi di nuovi globuli rossi ed inversamente proporzionale all'entità delle riserve. 

IN LINEA GENERALE, le persone sane assorbono circa il 10% del ferro alimentare ( percentuale che aumenta fino al 20-30% in condizioni di carenza); nello specifico, l'intestino è in grado di assorbire tra il 2 ed il 10% del ferro fornito dai vegetali (esclusivamente ferro non emico) e tra il 10-35% di quello contenuto nelle fonti animali (ferro emico + ferro non emico).

Diamo ora una veloce carrellata dei principali alimenti ricchi in Ferro:

Le carni, il fegato, i legumi, i crostacei, la frutta secca e i vegetali verdi. Contengono invece minime quantità di ferro: il burro, il latte e gli alcolici (ad eccezione del vino).



Il ferro presente negli alimenti è assorbito lentamente ed in misura ridotta (dal 5 al 10% del ferro ingerito). L'assorbimento dipende dalla forma in cui esso si trova nell'alimento, infatti il ferro emico è meglio assorbito di quello non-emico. Il ferro emico è presente negli alimenti di origine animale mentre il ferro non-emico si trova soprattutto nei vegetali.
Nelle verdure il ferro si trova infatti presente nella forma Fe3+, più precisamente sotto forma di idrossido di ferro, o labilmente legato a composti organici come citrati, lattati e zuccheri. Potrà essere assorbito soltanto dopo essere stato liberato e ridotto a Fe2+.
Le sostanze riducenti come l'acido ascorbico (vitamina C) e i gruppi -SH (sulfidrili), quelle che lo mantengono solubile come il fruttosio (zucchero presente nella frutta) ne favoriscono l'assorbimento.
L'assorbimento del ferro è inibito da ipocloridria (diminuzione della concentrazione di acido cloridrico a livello gastrico) e aumento del pH gastrico (tipica l'anemia ferro-priva dell'anziano con ipo o acloridria) e come già detto, dalla presenza di fitati, ossalati, fosfati  contenuti nei vegetali, che con il ferro formano complessi insolubili, da caffè e .





Contenuto in Ferro facilmente assorbibile


ALIMENTO
Mg di ferro/100 grammi
Mg di ferro presumibilmente assorbiti per 100 grammi di alimento
5-10
0,77
Carne di Cavallo
3,9
0,9
Carne di Bue
2,5
0,6
Altre carni (inclusi i salumi)
1-2
0,3-0,4
1
0,1



Contenuto in Ferro difficilmente assorbibile


ALIMENTO
Mg di ferro/100 grammi
Mg di ferro presumibilmente assorbiti per 100 grammi di alimento
Cacao, lievito
10
0,5
VERDURE (radicchio, spinaci, indivia, broccoletti) FRUTTA SECCA OLEOSA (noci, nocciole) CIOCCOLATO
1 - 5
0,2
LEGUMI (fagioli, ceci)
2
0,06
1,5
0,09
1
0,05
PASTICCERIA (torte, biscotti(
1-3
0,05-0,1
FRUTTA FRESCA, ORTAGGI, LATTE, FORMAGGI
< 1
<0,05


Sono note interazioni con alcuni farmaci che ne riducono l'assorbimento quali antiacidi, colestiramina, antinfiammatori FANS inibitori della COX 1, penicillammina, tetracicline, alcune vitamine e alcuni sali minerali.

Nei prodotti vegetali il contenuto di ferro diminuisce del 15% circa per la cottura con molta acqua e del 10% circa nella cottura a vapore (senza acqua).





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Il RAD 21 alla base della ricerca






La pseudo-ostruzione intestinale è una malattia motoria intestinale, caratterizzata da un rallentato transito e da una ridotta capacità di spingere il cibo attraverso l’intestino. Ciò, quindi, generalmente comporta anche nausea e dispepsia ricorrenti, stitichezza e, nei momenti in cui compaiono forti coliche addominali, si possono evidenziare risultati radiologici talvolta simili a quelli di una subocclusione intestinale, in assenza però di una vera e propria ostruzione meccanica. Questa patologia può esordire ad ogni età e può essere una condizione primaria (idiopatica o ereditaria), oppure secondaria (cioè causata da un'altra malattia).
Si tratta dunque di una patologia motoria e può essere causata o da problemi con la muscolatura liscia dell'intestino, oppure da problemi dei nervi intestinali. Le cause secondarie invece possono essere risiedere in sclerodermia, amiloidosi, sclerosi multipla, ipokaliemia, diabete mellito o farmaci anticolinergici.

Le persone con pseudo ostruzione intestinale cronica idiopatica hanno frequenti dolori addominali, dispepsia, costipazione oppure diarrea reattiva a costipazione cronica. Inoltre la radiografia in ortostatismo, eseguita al momento della colica addominale, mostra livelli idro-aerei nonostante l'assenza di una vera e propria ostruzione meccanica.





Uno studio italiano ha svelato l'origine genetica della pseudo occlusione intestinale cronica, una malattia che colpisce l'intestino provocando problemi nutrizionali, dipendenza dai farmaci, ricoveri frequenti e interventi chirurgici.

A realizzare lo studio un team guidato da Elena Bonora e Roberto De Giorgio del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell'Università di Bologna e del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi.
La ricerca, pubblicata su Gastroenterology e a cui hanno collaborato anche l'Università di Washington, la Duke University e il Karolinska Institute di Stoccolma, ha individuato nella mutazione presente in entrambe le copie del gene RAD21 la base dell'insorgenza di una forma di pseudo occlusione intestinale cronica in pazienti figli di consanguinei.





Le analisi di laboratorio dimostrano che l'alterazione causa una riduzione dei neuroni presenti nell'apparato
digerente, associandosi a un'alterata motilità intestinale.

La disfunzione è legata ad anomalie del cosiddetto cervello intestinale, rivelandosi così legata a difetti della funzione motoria dell'apparato digerente e non a cause organiche.
In altre parole, l'intestino “simula” la presenza di un'occlusione e si comporta come se da ciò derivasse un blocco delle attività, mentre in realtà il tratto intestinale non soffre di alcuna ostruzione.
Si tratta di una ricerca che apre nuove e interessanti prospettive di cura per tutti i pazienti colpiti da questa rara patologia.                                                 


                                                        
    foto:  radiografia stato di occlusione intestinale



La ricerca, ha permesso di scoprire come una nuova mutazione presente in entrambe le copie di un gene, denominato RAD21, sia responsabile di una forma di pseudo ostruzione intestinale cronica in pazienti figli di consanguinei. Tramite esperimenti cellulari ed in vivo, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che la mutazione è patogena e determina una riduzione, associata a una alterata motilità intestinale, dei neuroni presenti nell’apparato digerente. Alla base della disfunzione, ci sono, come già detto, anomalie di una parte del cervello noto come cervello intestinale, che i ricercatori hanno studiato per capire le alterazioni genetiche che possono
comportare gravi malattie come la pseudo-ostruzione intestinale per l’appunto.




Gli episodi di occlusione intestinale non sono, perciò, dipendenti da cause organiche, ma si originano da difetti della funzione motoria dell’apparato digerente. Questi nuovi dati contribuiscono a chiarire l’origine della malattia e fare un passo avanti importante per la cura dei pazienti affetti.




Dati Tecnici che denominano il gene RAD 21
Aliases
RAD21 Homolog (S. Pombe)1 2
     
CDLS42 5
NXP12 3 5
     
SCC12 5
Sister Chromatid Cohesion 11 2
     
KIAA00783 5
Nuclear Matrix Protein 12 3
     
RAD21 (S. Pombe) Homolog1
HR212 3
     
HRAD212
NXP-12 3
     
MCD12
hHR212 3
     
Double-Strand-Break Repair Protein Rad21 Homolog2
SCC1 Homolog2 3
     
Protein Involved In DNA Double-Strand Break Repair2

External Ids:    
HGNC: 98111   
Entrez Gene: 58852   
Ensembl: ENSG000001647547   
OMIM: 6064625   
UniProtKB: O602163   








La proteina codificata da questo gene è fortemente simile a quella del gene prodotta dal lievito Schizosaccharomyces pombe rad21, un gene che è coinvolto nella riparazione del DNA a doppia elica ed anche nella coesione dei cromatidi durante la mitosi. Questa proteina è una proteina fosfo-nucleotidica la quale diventa idrossifosforilata durante la fase M della vita cellulare. Altamente collegata questa proteina con la cromatina mitotica che la si trova nella regione del centromero, ciò suggerisce che il suo ruolo di cromatide sorella di coesione nella mitosi cellulare.  (provided by RefSeq, Jul 2008)














Quando L’alimentazione influisce sulla diverticolite







Non è un luogo comune creare un intimo legame tra alimentazione e stato di salute. Per alimentazione il piu delle volte si intende stile di vita alimentare, corretta dieta annessi poi ad una adeguata attività fisica, mentre per salute si intende lo stato sano e quello malato. Ebbene molti studi non solo medici in senso proprio hanno rivelato che il rapporto tra alimento e malattia o alimento e salute è forte, ne è un caso la ben nota Diverticolite, patologia che nasce dal diverticolo. Diamo qui delle informazioni dal punto di vista tecnico sia strutturale del diverticolo, sia medico che di alimentazione perché il sapere è il primo passo per la giusta scelta.



Struttura e patologia ____________________________

  

Generalmente parlando, I diverticoli sono delle piccole sacche estroflesse che si formano nel tratto digestivo, soprattutto nell'ultimo tratto del colon (sigma), mentre La diverticolite è una patologia dell'apparato digerente, caratterizzata dall'infiammazione di uno o più diverticoli. La maggior parte dei casi di diverticolite è localizzata nel colon.
La presenza asintomatica dei diverticoli è detta diverticolosi, interessa più del 50% della popolazione oltre i 60 anni ma non dà alcun disturbo, tant'è che la maggior parte della popolazione colpita da diverticolosi spesso non si accorge della malattia. Tuttavia nel 15-20% dei soggetti colpiti da diverticolosi i diverticoli si infiammano, causando la comparsa dei sintomi e la necessità di un trattamento: si parla allora di diverticolite, ovvero di infiammazione dei diverticoli.
Numerosi studi si sono focalizzati sulle cause della diverticolite e ne è risultato che, I diverticoli si formano nelle zone più deboli dell'intestino, a causa della pressione che si ha al suo interno al passaggio delle feci.
La causa della diverticolosi (che ricordiamo essere la semplice presenza di diverticoli) è comportato da una eccessiva pressione all'interno dell'intestino, a sua volta causata da feci troppo dure e secche e stitichezza cronica.
Indicazioni fanno presupporre che una dieta squilibrata in apporto di fibre, attuata per molti anni causa un aumento della pressione nel colon che porta alla diverticolosi e quindi attualmente si pensa che la diverticolosi sia causata da una dieta povera di fibre. Le fibre, infatti, aumentano il volume e la morbidezza delle feci, facilitandone il transito nell'intestino e di conseguenza riducendo la pressione al suo interno.


I principali sintomi della malattia diverticolare sono: dolore addominale (solitamente nel quadrante addominale inferiore sinistro), diarrea, spasmo colico, variazione dell'alvo ed occasionalmente una severa emorragia rettale. Questi sintomi compaiono in una piccola percentuale di pazienti con questa condizione e talvolta sono difficili da differenziare dai pazienti affetti da sindrome da colon irritabile.
La diverticolite - un’infezione del diverticolo - potrebbe causare uno o più dei seguenti sintomi: dolore, brividi, febbre, alterazione dell’alvo. Una sintomatologia più importante è presente nelle complicazioni più gravi come la perforazione con accesso o formazione di una fistola.




Complicazioni _____________________________




I diverticoli tendono nel tempo ad aumentare la propria dimensione, con il rischio che le feci si accumulino all'interno di essi andando incontro a infezione con conseguente infiammazione (diverticolite).La diverticolite, successivamente, può causare complicanze di vario genere.
Le fistole, come già citato, sono passaggi anormali che mettono in collegamento intestino e cavità addominale o altri organi come la vescica, la vagina o la pelle. Si parla poi di ascesso quando l'infezione del diverticolo provoca la formazione di pus.





Alimentazione ____________


                              


Nella vita quotidiana di ognuno non dovrebbero mai mancare frutta e verdura, indipendentemente dalla presenza o meno di diverticolosi/diverticolite. I residui vegetali contenuti nella fibra tendono infatti ad aumentare la motilità intestinale, regolando la consistenza delle feci ed irrobustendo le pareti dell'intestino.

     
 Per questo motivo chi soffre di diverticolosi deve prestare molta attenzione alla propria dieta, assumendo ogni giorno la giusta quantità di fibre (almeno 30 grammi). In particolare, in chiave preventiva, sembra importante consumare soprattutto fibre insolubili ( cellulosa, lignina e derivati) contenute in alcuni vegetali e nei cereali integrati. La fibra insolubile assorbe infatti grosse quantità di acqua aumentando il volume delle feci ed il transito intestinale; accelerando lo svuotamento del colon, questo tipo di fibra contribuisce ad evitare il ristagno delle feci, il cui accumulo preme sulle pareti intestinali favorendo la comparsa dei diverticoli e la loro infiammazione.

La componente insolubile delle fibre, come la cellulosa, si è dimostrata fortemente associata ad una riduzione del rischio di malattia diverticolare; tale relazione, tuttavia, non sembra valida per la fibra dei cereali.

           

Tuttavia tutti i tipi di fibre sono importanti per la salute, ed è altrettanto raccomandabile il loro inserimento in una dieta ricca di liquidi. Non a caso, frutta e vegetali, raccomandati come fonte di fibre insolubili per la prevenzione della malattia diverticolare, sono anche apportatori della frazione solubile. Al contrario, nei cereali, si ha una netta prevalenza di quelle insolubili.
Per chi soffre di diverticolosi è quindi importante associare ad un elevato apporto di fibre un'abbondante quantità di liquidi.
Le fibre prevengono sia la formazione dei diverticoli sia la loro infiammazione. Sono quindi utili sia per prevenire la diverticolosi, sia per evitare che questa si trasformi in diverticolite.


Le persone colpite da diverticolite potrebbero invece avere qualche problema ad assumere fibre, soprattutto nella fase acuta della malattia. All'interno dei diverticoli, soprattutto quando sono molto grandi, possono infatti accumularsi piccole sostanze come i semi contenuti nella frutta. Per questo motivo alimenti come kiwi, pomodoro e cocomero potrebbero dare dei problemi (stitichezza) in caso di diverticolite ricorrente. Inoltre la malattia diverticolare, alterando la motilità e la funzionalità di tutto l'intestino, predispone il soggetto ad un maggior rischio di intolleranze alimentari.


E’ dunque importante ricordare che non esistono alimenti o integratori magici in grado di invertire i cambiamenti strutturali delle pareti enteriche; ciò significa, che una volta formati, i diverticoli non possono regredire per effetto della dieta.






 Carne e diverticoli


Per quanto riguarda la carne, è noto che un elevato consumo di carne rossa è associato alla comparsa della diverticolosi sintomatica. Non a caso, l'incidenza della condizione è nettamente inferiore nei soggetti vegetariani. Anche l'obesità sembra favorire la comparsa di malattia diverticolare soprattuto legata a due fattori cattiva alimentazione, rilassamento dei tessuti , scarsa attività fisica.
Molte persone, spesso spinte da consigli o pubblicità fuorvianti, tendono ad assumere fermenti lattici per regolarizzare la propria funzionalità intestinale. In realtà in chi soffre di malattia diverticolare i fermenti lattici potrebbero addirittura complicare la sindrome da contaminazione batterica ed avere effetto contrario a quanto sperato. Questi prodotti andrebbero infatti a potenziare ulteriormente la flora batterica del colon favorendo la sua risalita nell'intestino tenue e meteorismo, flatulenza, diarrea e stitichezza.


Giungiamo quindi alla corretta attività fisica
Il movimento e l'attività fisica aiutano a mantenere tonici i muscoli della parete addominale, migliorando la motilità colica e riducendo il ristagno di feci nei diverticoli. Sia in caso di semplice diverticolosi, sia in presenza di diverticoli infiammati è importante correggere fattori di rischio fumo, l'eccesso di alcolici, di grassi e di carboidrati semplici.


 IMPORTANTE: Mai essere medici di se stessi cercando di autocurarsi o sottovalutare le cose, consultare sempre il medico per ogni esigenza. Le immagini che seguono sono immagini reali, foto di reali diverticoli che possono toccare la suscettibilità. seguire solo se lo si ritiene opportuno.




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