COPERTINA

PORTALE CHIMICO-TECNOLOGICO





Le nuove frontiere sulla digeribilità della Pasta





Studi avanzati hanno dimostrato che la digeribilità della pasta prodotta utilizzando differenti tipi di cross-relazione di compattezza, provocata dall’intrappolamento dei granuli di amido all’interno di una rete proteica forte, riduce l’accesso degli enzimi amilolitici, ritardando, di conseguenza, la digestione dell’amido. 

Nonostante in letteratura siano disponibili molti studi su questo argomento, le informazioni sulla digeribilità di prodotti di pasta preparati utilizzando varietà antiche di frumento sono, invece, decisamente limitate. In questo contesto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori italiani, è stata valutata la digeribilità dell’amido e delle proteine, in vitro ed in vivo, di pasta (spaghetti) prodotta utilizzando tre differenti varietà di frumento: Triticum durum (varietà tipicamente impiegata per i prodotti moderni), T. dicoccum e T. polonicum (varietà antiche). 

Tutti i campioni sono stati preparati seguendo la stessa procedura, a partire da frumenti coltivati in modo biologico.

 I risultati evidenziano differenze significative in termini di digestione dell’amido tra i vari prodotti: in particolare, sono stati osservati una minore digeribilità ed un indice glicemico inferiore nei campioni preparati con T. polonicum in confronto con quelli a base di T. dicoccum e di T. durum. Secondo lo studio, questa differenza non è correlata con la digeribilità delle proteine, che è risultata simile per tutti i campioni. 

Al contrario, gli autori attribuiscono questo risultati all’elevato contenuto proteico di T. polonicum, in confronto con le altre due varietà di frumento, ed alla sua influenza sulla velocità di digestione dell’amido e, di conseguenza, sul valore dell’indice glicemico. Concludendo, lo studio evidenzia il fatto che, considerando la grande quantità di pasta consumata nel mondo ed i problemi nutrizionali legati al consumo di alimenti amidacei in termini di aumento di glucosio nel sangue, la digeribilità dell’amido dovrebbe rappresentare un aspetto fondamentale da valutare per l’industria del settore.

La produzione di pasta di elevata qualità utilizzando ingredienti non convenzionali costituisce una sfida particolarmente difficile per l’industria del settore. In particolare, le fibre dietetiche esercitano un gran numero di effetti benefici per la salute dei consumatori, tra cui la riduzione dell’indice glicemico. 

In uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori internazionali (Foschia et al., 2015), è stata valutata la possibilità di sostituire parzialmente la farina di frumento con differenti combinazioni dei seguenti componenti: inulina a catena lunga (HPX), inulina a catena corta (GR), Glucagel, fibra di psillio e crusca di avena. I campioni sono stati preparati, utilizzando una macchina per pasta fresca, con una forma di spaghetti da 2.25 mm. 

Tali campioni sono stati confrontati con quelli tradizionali a base di sola farina di frumento in termini di caratteristiche di cottura, strutturali e colorimetriche. I risultati dimostrano che, in generale, la sostituzione della farina di frumento con questi ingredienti provoca un aumento della perdita di solidi per cottura, dell’indice di rigonfiamento e dell’assorbimento di acqua, ma una riduzione della tenacità e della resistenza all’estensione monoassiale. 

È stato, inoltre, osservato che i campioni di controllo sono significativamente meno scuri (L*) e caratterizzati da una tonalità di rosso (a*) meno intensa rispetto ai campioni modificati. Al contrario, nella pasta cotta, il prodotto modificato è risultato più chiaro di quello tradizionale. Secondo lo studio, i risultati migliori sono stati ottenuti sostituendo la farina di frumento con la crusca di avena, anche se il prodotto finale è, comunque, significativamente differente da quello tradizionale. 

Al contrario, i risultati peggiori sono stati ottenuti utilizzando la fibra di psillio. Concludendo, gli autori sostengono che ulteriori approfondimenti sono necessari per determinare eventuali effetti sinergici o antagonisti provocati dall’utilizzo delle diverse fibre sull’indice glicemico del prodotto finale. 



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I Materiali Riciclabili anche per le produzioni alimentari





Sostenibilità e creatività. Lungo gli assi portanti di queste due coordinate si sono sviluppati alcuni dei progetti di maggior rilievo realizzati da NextMaterials: soluzioni innovative ad alta vocazione green destinate ad aprire nuovi orizzonti nel campo della ricerca e dello sviluppo di materiali, finiture e trattamenti a elevato livello tecnologico.

Afferma il professor Alberto Cigada, uno dei soci fondatori di NextMaterials. «Per questo reinvestiamo la maggior parte dei nostri ricavi in contratti di ricerca con l’università e nel sostegno a giovani ricercatori; una delle finalità dello spin-off è infatti quella di consentire a giovani dottorandi/dottori di ricerca la possibilità di continuare l’attività sviluppata nelle loro tesi, così da finalizzarla al trasferimento industriale».


 Lo spin-off milanese non distribuisce utili e ha come scopo la cessione di quei rami di azienda che hanno raggiunto “maturità” imprenditoriale; il proposito fondamentale è proprio quello di “preindustrializzare” i risultati della ricerca accademica per poi trasferirli al mondo industriale vero e proprio, così da non sprecarli ma trasformarli in finanziamenti per una nuova ricerca.

Proprio sul fronte del packaging di nuova generazione, NextMaterials sta investendo buona parte delle proprie risorse in termini di ricerca, sviluppo e innovazione, con una profonda convinzione di fondo: un imballaggio davvero sostenibile deve avere un unico canale di riciclo. 


«I materiali oggi usati per il packaging hanno problemi di sostenibilità ambientale non risolti», afferma Cigada. «Ciò deriva dal fatto che in moltissimi casi gli imballaggi vengono realizzati con più di un materiale. Pensiamo solo a quelli di un televisore o di un qualsiasi altro elettrodomestico: troviamo il cartone ondulato dello scatolone esterno, il polistirene espanso per i riempimenti interni, fogli di polietilene a bolle, componenti in plastica varia, tutti materiali che seguono diversi percorsi di raccolta differenziata, spesso non facilmente individuabili. 


In questa prospettiva, siamo invece abituati da tempo a veder riciclare cartoni, giornali e riviste, e questo anche da prima che il termine “riciclabile” diventasse di uso comune; la sostenibilità è garantita dal fatto che per riciclare è sufficiente “buttare” i pezzi scartati negli appositi bidoni, presenti a pochi metri da ogni casa».

Gli studi di NextMaterials non si sono però fermati qui e hanno deciso di spingersi oltre, nel campo della tecnologia di stampa 3D, che richiede anch’essa soluzioni innovative con caratteristiche di elevata sostenibilità di cui sono invece sprovvisti i materiali oggi maggiormente utilizzati quali l’Abs (che, come tutti i polimeri non biodegradabili, ha seri problemi di riciclabilità), il Pla (compostabile ma non riciclabile) e il Pva (utilizzato per la realizzazione di supporti idrosolubili, non è però riciclabile, è troppo sensibile all’umidità e presenta problemi di stabilità nel tempo).

Una delle sue peculiarità più rilevanti è sicuramente rappresentata dalla possibilità di modificare anche in modo complesso la forma dei prodotti stampati in 3D grazie alla tecnologia che è stata chiamata Shape memory forming

«I pezzi stampati in piano possono essere formati e irrigiditi con un trattamento termico e il materiale così ottenuto acquisisce appunto memoria di forma, permettendo la realizzazione di oggetti altrimenti impossibili da concepire», conclude Cigada. «Dopo una prima fase di riscaldamento rapido a 90° C, si può infatti passare alla modellazione manuale durante il raffreddamento o direttamente su supporto. 


Giunto alla temperatura ambiente, il materiale acquisisce una forma temporanea, rimodellabile più volte; decisa quella definitiva, può essere consolidata con un trattamento di due ore a 140°C».







La Tecnologia e gli Investimenti:
                                                Basi e Nozioni







In questo articolo incominciamo a studiare il comportamento di un'impresa esaminando in primo luogo i vincoli ai quali è sottoposta. Infatti, quando un'impresa compie delle scelte e se tiene conto di molti vincoli questi possono essere imposti dai clienti o dei concorrenti oppure possono essere vincoli naturali.

 In questo che in questo articolo prenderemo in considerazione i vincoli naturali che si traducono nel fatto che sono alcuni modi di trasformare input in output sono effettivamente realizzabili. In altri termini, sono possibili solo alcuni tipi di scelte relative alla tecnologia. Studieremo ora il modo in cui gli economisti descrivono i vincoli tecnologici.


Input e output
Gli input alla produzione sono anche detti fattori produttivi. I fattori produttivi vengono di solito classificati in categorie abbastanza ampie quali: terra, lavoro, capitale e materie prime. Mentre il significato dei termini: lavoro, terra e materie prime è abbastanza chiaro, può capitare che il concetto di capitale risulti completamente nuovo. I beni capitali sono quegli input che sono essi stessi i beni prodotti si tratta fondamentalmente di macchinari di qualche tipo, per esempio trattori, edifici, computer eccetera.

A volte si usa il termine capitale per indicare il denaro impiegato per finanziare un'impresa. Useremo sempre il termine capitale finanziario in questo senso è il termine beni capitali o capitale fisico per indicare i fattori produttivi a loro volta prodotti.

 Normalmente gli input e output saranno misurati in termini di flussi una certa quantità di lavoro in un certo numero di ore-macchina per settimana che produrranno una certa quantità di output per settimana. Non dovremo ricorrere spesso a queste classificazioni e quindi possiamo sostanzialmente descrivere le tecniche senza fare alcun riferimento al tipo di input e di output sarà sufficiente considera e la loro quantità.

I vincoli naturali si presentano all'impresa come vincoli tecnologici, solo alcune combinazioni di input consentono di produrre una canna data quantità di output quindi l'impresa deve limitarsi a prendere in considerazione piani di produzione tecnicamente realizzabili. In modo più semplice per descrivere i piani di professione realizzabili e quello di elencarli cioè possono essere elencate tutte le combinazioni di input o output tecnicamente realizzabili.

L'insieme di tutte le combinazioni di input e output tecnicamente realizzabili e detto insieme di produzione. Supponiamo per esempio di avere un solo input che indichiamo con x e un solo output y. Insieme di produzione poi in questo caso avere la forma rappresentata in figura. 




Dire che un punto (X, Y) si trova all'interno dell'insieme di produzione significa affermare che tecnicamente possibile produrre una quantità y di output impiegando una quantità x input. Insieme di produzione rappresenta le scelte tecniche possibili per l'impresa.

Finché gli input dell'impresa hanno un costo ha senso prendere in considerazione soltanto il massimo livello di output che può essere prodotto impiegando un dato livello di input. Questo coinciderà con la frontiera di questo insieme nell'insieme di produzione è rappresentato nella figura. 

La funzione corrispondente alla frontiera di questo insieme e nota come funzione di produzione e misura il massimo livello di output che può tenersi impiegando un dato livello di input. La nozione di funzione di produzione può essere estesa anche al caso in cui vi siano più input. 

Se per esempio consideriamo il caso di due input la funzione di produzione f (x1, x2) determina la quantità massima di output y che può essere prodotta impiegando x1 unità del fattore 1 e x2 unità del fattore 2.

L'insieme di tutte le possibili combinazioni degli input 1 e 2 esattamente sufficienti a produrre una data quantità di output è detto isoquanto. Isoquanti sono simili alle curve di indifferenza come si ricorderà una curva di indifferenza rappresenta i diversi panieri di consumo che consentono di ottenere un certo livello di unità di utilità. 

La differenza essenziale tra isoquanti e curve di indifferenza consiste nel fatto che isoquanti sono contrassegnati in base alla quantità di output prodotto e non in base ad un livello di unità. Questo significa che i livelli di produzione corrispondente gli isoquanti sono assegnati dalla tecnologia e non risentono dell'arbitrarietà che invece caratterizza l'assegnazione dell'utilità alle curve di indifferenza.

Esempi di tecnologia

Poiché sono già note molte curve di indifferenza non sarà difficile comprendere gli isoquanti.
1.      Proporzioni fisse
2.      Perfetti sostituti
3.      Cobb-Douglas


Proporzioni fisse
Supponiamo di produrre buche e che il solo modo di produrle sia impiegare un uomo ed un badile. Un uomo in più senza un badile non scapperebbe nessuna buca e neppure un badile senza un uomo. Il numero totale di buche che possono essere prodotte corrisponderà pertanto al minimo tre numero degli uomini e quello di Basilio a disposizione. 




La funzione di produzione Sara f X1, x2 =min (x1, x2). Isoquanti vengono rappresentati come in figura e corrispondono esattamente al caso dei perfetti complementi nella teoria del consumatore


Perfetti sostituti 

Supponiamo ora di produrre compiti a casa e che gli input siano matite rosse matite blu. La quantità di compiti a casa prodotti dipende unicamente dal numero totale delle matite e quindi la funzione di produzione Sara f x1, x2 = x1 + x2. Gli isoquanti rappresentati in figura hanno la stessa forma delle curve di indifferenza relative ai perfetti sostituti nella teoria del consumatore.


Cobb- Douglas

Se la funzione di produzione alla forma f x1, x2 = diremo che è una funzione di produzione Cobb Douglas. Questa è l'equivalente della funzione di utilità Cobb Douglas, i valori numerici della funzione di utilità non sono di per sè rilevanti e quindi nella funzione di utilità Cobb Douglas abbiamo posto a = 1 e generalmente poniamo A + B = 1. 

Al contrario nella funzione di produzione la quantità dell'output è rilevante e quindi i parametri possono assumere valori arbitrari. 



In questo caso il parametro a misura la scala della produzione la quantità di output che può essere brutta impiegando una unità di ciascun impulso. I parametri a e b rappresentano la variazione del livello dell'output al variare della quantità di input impiegate.



Per concludere possiamo dire che:

Un investimento aziendale è formato da tutte quelle attività (risorse e strumenti finanziari) che l'impresa mette in atto per ottenere un reddito o un utile. Gli investimenti possono essere suddivisi innanzitutto in:
  • capitale umano. L'impresa investe sui lavoratori, ad esempio attraverso la loro formazione;
  • investimento di portafoglio. Questo investimento avviene tramite strumenti finanziari, come obbligazioni e azioni;
  • capitale intangibile. In questo caso, l'azienda investe sul patrimonio "non materiale" dell'impresa, ad esempio nel brand.
Per eseguire investimenti vantaggiosi l'azienda deve valutare attentamente diversi fattori, fra cui i rischi e gli obiettivi. Per questo, è utile preparare un programma dettagliato con l'aiuto di professionisti esperti nel mondo finanziario che analizzino l'andamento dei mercati finanziari.

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Estrazione solido-liquido 


La lisciviazione o più comunemente detta estrazione solido-liquido, nella terminologia chimica è il processo consistente nella separazione di uno o più componenti solubili da una massa solida mediante un solvente. Viene spesso utilizzato in metallurgia, ad esempio nei processi di produzione del rame, dell'argento o dello stagno.

Il termine è utilizzato anche in idrogeologia e pedologia per indicare il processo per cui gli elementi solubili del suolo, per effetto dello scorrimento e della percolazione delle acque, vengono trasportati o migrano negli strati più profondi.

Durante la lisciviazione, il processo di trasferimento di materia avviene per diffusione del soluto dalla soluzione concentrata che imbeve il solido, alla massa della soluzione d'estrazione, in forza della concentrazione esistente.

L'estrazione solido-liquido ha trovato negli ultimi anni la sua applicazione nel settore vinicolo. Il processo naturale di invecchiamento del vino, infatti, richiede molti anni di riposo nelle botti, permanenza questa che può portare a contaminazioni e conseguente perdita del prodotto.

L'estrazione solido-liquido consente di accelerare la fase di estrazione della componente aromatica del legno da parte della bevanda riducendo notevolmente i tempi di invecchiamento, in quanto con l'aggiunta di tale componente ai vini o alle grappe inizia immediatamente la fase chimica, vale a dire la fase in cui le sostanze aggiunte subiscono le relative trasformazioni, fase che è più veloce nell'andare a completamento e, di conseguenza, all'equilibrio. 

Infatti, è necessario solo aspettare che i diversi componenti (quelli del legno e quelli nativi della bevanda) interagiscano tra di loro oppure con l'ossigeno.


Il Processo
Una miscela solida può essere composta di svariate sostanza inorganiche ed organiche ad attività biologica. Per separare il soluto d'interesse o per rimuovere un componente indesiderato dalla fase solida, quest'ultima è messa a contatto con un liquido. Quando il solido e il liquido sono in contatto, il soluto, o i soluti, possono diffondere dal solido nel solvente, con conseguente separazione dei componenti inizialmente contenuti nel solido. 


Questo processo di separazione è chiamato lisciviazione solido-liquido o semplicemente lisciviazione. Poiché nella lisciviazione il soluto viene estratto da un solido, tale operazione è chiamata anche estrazione. 

Nella lisciviazione, quando un componente indesiderato è rimosso da un solido tramite l'acqua, il processo è detto lavaggio. Nelle industrie di interesse biologico e alimentare, molto prodotti sono ottenuti tramite lisciviazione liquido-solido, come ad esempio l'estrazione dello zucchero dalle barbabietole con acqua calda.

 Nella produzione di oli vegetali, sono utilizzati solventi organici come esano, acetone, e/o etere per l'estrazione di olio di noci o semi. Nel settore farmaceutico, molti principi attivi farmaceutici sono ottenuti lisciviando radici di piante, foglie e steli.


Metodo grafico e di calcolo

1 - Gradi di libertà

Il numero di gradi di libertà dell’operazione di estrazione solido-liquido può essere ricavato facilmente dall’analisi delle variabili in gioco e delle relazioni esistenti tra esse.

A) Singolo stadio
Facendo riferimento ad un singolo stadio di estrazione, abbiamo 4 correnti cui corrispondono 4 portate e 4·2 composizioni (il sistema è ternario, costituito cioè da 3 sostanze: soluto A, solido inerte B, solvente C, per cui la composizione di ciascuna corrente è definita da 2 parametri) per un totale di 12 variabili.






Per determinare tali incognite sono utilizzabili:

      1)      3 equazioni, corrispondenti ai 3 bilanci di materia (uno per ciascun componente);

2)  1 relazione tra le composizioni del raffinato e dell’estratto, R1ed E1, che impone la condizione  che il raffinato uscente trattenga con sé una soluzione avente la stessa composizione dell’estratto uscente;

3)  1 relazione tra le composizioni del solvente e del soluto presenti nel raffinato, relazione (ottenibile per via analitica o per via sperimentale) che impone che il raffinato uscente trattenga una quantità ben determinata di liquido.

Il numero di gradi di libertà dell’operazione sarà pari pertanto a: 

n° gradi di libertà = n° incognite – n° equazioni = 12 – 5 = 7

Essi normalmente vengono saturati fissando portate e composizioni del raffinato R0 e dell’estratto E2entranti e definendo la composizione z
E1 dell’inerte B contenuto nell’estratto uscente (in genere posta uguale a 0), per complessive 2 + 2·2 + 1 = 7 variabili.

Il problema a questo punto risulta completamente definito ed ammette una soluzione univoca.

B) Stadi multipli

Nelle operazioni di estrazione a più stadi, il numero di gradi di libertà si ottiene sommando quelli relativi ai singoli stadi, più 1 grado di libertà relativo alla scelta da parte del progettista del numero di stadi, e sottraendo da questa somma le relazioni di uguaglianza di portate e composizioni delle correnti che connettono tra loro gli stadi stessi.

Avremo pertanto: n° variabili = 7 (gdl di un singolo stadio) · N (n° di stadi) + 1 (scelta n° di stadi) = 7·N+1 n° equazioni = 2·(N-1) (n° correnti tra gli stadi) · 3 (n° equazioni di uguaglianza) = 6·(N-1) n° gradi di libertà = 7·N+1- 6·(N-1) = N + 7 I primi N gradi di libertà sono saturati imponendo che l’estratto uscente da ogni stadio non contenga il solido B, ossia che z Ei= 0 per i=1..N.

Altri 6 gradi di libertà sono utilizzati specificando portate e composizioni del raffinato entrante nel I° stadio R0 e dell’estratto entrante nell’ N-esimo stadio EN+1






L’ultimo grado di libertà può essere saturato sostanzialmente in due modi:

     1)        Imponendo che l’operazione si svolga in un numero N di stadi
e ricavando quindi le portate e le composizioni delle correnti uscenti dall’estrattore RN ed E1;

    2)      Imponendo la resa del processo, e quindi la composizione del raffinato uscente RN, e ricavando poi portata e composizione dell’estratto E1 nonché il numero di stadi necessari per ottenere la resa voluta.



Diagrammi ternari

Lo studio dei processi di estrazione può essere effettuato indifferentemente attraverso la risoluzione analitica delle equazioni di bilancio di materia e di equilibrio oppure mediante procedimenti grafici.
In quest’ultimo caso si fa uso di diagrammi cosiddetti ternari nei quali è possibile visualizzare la composizione di miscele a tre componenti.

 Tali diagrammi hanno la forma di triangolo, equilatero o più frequentemente rettangolo isoscele, i cui vertici e i cui lati rappresentano rispettivamente ciascuno dei tre componenti puri e tutte le possibili miscele binarie dei componenti relativi ai due vertici connessi.

Nel seguito indicheremo con le lettere A, B e C rispettivamente il soluto (componente da estrarre), il solido inerte (il componente insolubile) ed il solvente, mentre con i simboli x, y e z si farà riferimento alle corrispondenti concentrazioni (espresse come frazioni in massa).






Il Glucono-delta lattone (GDL)



Il Glucono-delta lattone (GDL) anche conosciuto come Glucono-lattone è un additivo alimentare contrassegnato con il simbolo E 575 e usato nelle preparazioni alimentari per molteplici funzioni tecniche. Dai dati ottenuti attraverso gli studi sulla sua Tossicità, rivelano che per le dosi impiegate nelle produzioni attuali la sua tossicità è bassa praticamente nulla.

Il GDL è usato come sequestrante, correttore di acidità, legante chimico ed esaltatore di sapidità, stabilizzatore, agente lievitante.si tratta di un lattone cioè un estere ciclico dell’Acido D Gluconico.

Allo stato puro il GDL appare come us polvere bianca priva di odore e dall’aspetto cristallizzato.


Il Glucono-delta Lattone è facilmente riscontrabile nel miele, nei succhi di frutta, nei lubrificanti e in alcuni tipi di vino. Si tratta di una sostanza neutrale che tuttavia idrolizza in acqua ad Acido Gluconico, un acido che è ampiamente usato come additivo in alimenti in cui è richiesto un’importante effetti sulla testure sul gusto.

È metabolizzato come Glucosio e 1 grammo di GLD da circa la stessa energia di un grammo di zucchero, le quantità sono approssimative.

Aggiunto all’acqua, il GLD fortemente idrolizzato ad Acido Gluconico, tende a stabilizzare in soluzione creando un bilanciamento tra la sua forma Acida e la sua forma di Lattone. La quantità di GLD tende ad aumentare di poco il Ph della soluzione.



Il Lievito specie Saccharomyces genere Bulderi,è  in grado di usare il GLD e fermentato lo trasforma in Etanolo e Anidride carbonica. Il Ph e gli effetti sull’ambiente determinano una buona crescita microbica. Il GLD all’1-2% in una soluzione a medio contenuto di minerali causa un drastico abbassamento del Ph al di sotto di 3.


D-Gluconico acid δ-lattone
Glucono-delta-lactone-2D-skeletal.png
D-glucono-delta-lactone-3D-balls.png
Nomi
Nome IUPAC 
(3R,4S,5S,6R)-3,4,5-trihydroxy-6-(hydroxymethyl)tetrahydro-2H-pyran-2-one
Other names
D-Glucono-1,5-lactone
Valori identificativi
90-80-2 
ChEBI CHEBI:16217 
ChEMBL ChEMBL1200829 
ChemSpider 6760 
DrugBank DB04564 
EC Number 202-016-5
Jmol 3D image Interactive graph
KEGG D04332 
PubChem 736
UNII WQ29KQ9POT 
Caratteristiche
C6H10O6
Massa Molare 178.14 g·mol−1
Punto di Fusione 150–153 °C (302–307 °F; 423–426 K)
Except where otherwise noted, data are given for materials in their standard state (at 25 °C [77 °F], 100 kPa).




L’azione Sequestrante

Dal punto di vista chimico un composto sequestrante o chelante è un composto chimico o una miscela di composti chimici in grado di formare per chelazione complessi più o meno stabili con atomi o ioni. Il termine chelante viene da chele, immaginando il chelante come un granchio che afferra e avvolge gli ioni metallici. Normalmente più sono i legami che si formano tra il chelante ed il metallo, più è stabile il complesso che si forma. Chelanti in grado di stabilire molti legami sono detti pluri-dentati.
D-Glucono-delta-lactone | C6H10O6

Nella pratica chimica si utilizzano largamente i sequestranti per eliminare ioni interferenti in ambienti di reazione o di analisi ovvero per isolare specie altrimenti instabili.
Essendo spesso sostanze chimiche con nomi lunghi e difficilmente pronunciabili o memorizzabili sono spesso definiti con acronimi o sigle.

In campo alimentare, agisce sugli ioni metallici, in questo caso il sequestrante può inibire sia l'autossidazione che la crescita microbica. Per questo sono utilizzati nella cosmesi, anche quella non destinata alla detergenza personale, e nella conservazione degli alimenti in sinergia con antiossidanti e conservanti.


Azione Acidificante (Correttore)
Come Correttore di acidità è impiegato al fine di inibire possibili variazioni da parte dei prodotti alimentari, come ad esempio l'irrancidimento o la variazione di colore; i correttori di acidità agiscono stabilizzando il grado di acidità e basicità di un alimento, sia ai fini del gusto che della conservazione del prodotto.
Come additivo  regolatore di acidità, è  utilizzato in prodotti per la pulizia: l'acido gluconico è in grado di dissolvere depositi di minerali, soprattutto in presenza di pH basico. Lo ione gluconato, con una carica netta negativa (anione), chela Ca2+, Fe2+, Al3+, e altri metalli pesanti. Il gluconato di calcio è utilizzato nel trattamento di ustioni da acido fluoridrico.


Azione Legante (conservante) 
e Stabilizzante
Il GLD è usato nelle produzioni alimentari industriali per migliorare la conservazione del prodotto. Infatti è in grado di controllore i processi osmotici e la sua azione migliora notevolmente se combinata con Sali, Nitarti e Nitriti.
Come Stabilizzante il GLD è usato per combattere i processi fermentativi e la formazione di Brina nei prodotti. In altre parole è in grado di legare e fermare i processi legati a questi due problemi pratici.


Agente Lievitante
Come lievito chimico o agente lievitante secco, cioè un composto da una base debole e da un acido debole, è usato per aumentare il volume e per alleggerire la consistenza dei prodotti da forno. Il lievito chimico funziona grazie a una reazione acido-base che rilascia bolle di anidride carbonica nella pastella o nell'impasto che si allargano e lo fanno lievitare. È utilizzato al posto del lievito di birra in quei prodotti dove gli aromi prodotti dalla fermentazione non sarebbero graditi o nei casi in cui la pastella è priva della struttura elastica in grado di trattenere le bolle di gas per più di qualche minuto. La reazione acido-base produce anidride carbonica più velocemente che la fermentazione.



Il Suo Genitore

Il Glucono-Delta Lattone deriva chimicamente dall’ Acido gluconico.
L'acido gluconico è un composto organico con formula bruta C6H12O7 e formula molecolare HOCH2(CHOH)4COOH. In soluzione acquosa a pH neutro, l'acido carbossilico è presente in forma dissociata, determinando lo ione gluconato; i corrispettivi sali sono chiamati gluconati. L'acido gluconico e i gluconati sono molto presenti in natura poiché questi composti hanno origine dall'ossidazione del glucosio.


Sintesi di un Lattone dal suo Acido corrispondente

I lattoni vengono ottenuti per esterificazione interna di acidi Idrossicarbossilici. Il processo è spontaneo con gli acidi gamma e delta idrossicarbossilici, questi acidi infatti tendono spontaneamente a perdere ea dare i relattivi lattoni che rappresentano rispettivamente anelli a 5 e 6 atomi () atomo di Ossigeno compreso).


Uno dei metodi per la sintesi di un lattone prevede la ciclizzazione intramolecolare di un acido idrossicarbossilico in presenza di un acido come H2SO4 o H3PO4 che agiscono da catalizzatori.

Nel primo stadio della reazione lo ione H+ attacca l’ossigeno legato tramite doppio legame al carbonio con conseguente protonazione dello stesso.


Uno dei doppietti elettronici solitari presenti sull’ossigeno alcolico attacca il carbonio carbossilico con formazione di un intermedio ciclico che, deprotonandosi dà luogo alla formazione di un diolo geminale.

 La protonazione di uno dei gruppi –OH fa sì che si abbia la fuoriuscita di una molecola d’acqua, la formazione di un intermedio che per deprotonazione porta al lattone.




Prodotti che contengono il GLD

Riportiamo qui alcuni tra i più noti prodotti contenenti Glucono-delta Lattone
Paste farcite
Impasti in polvere
Impasti
Alcuni succhi di Frutta
Alcuni tipi di vino
Bustine di lievito chimico in polvere

I prodotti in foto contengono Glucono-delta Lattone.





 

















Il GLD in cosmetica
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 Non solo in campo alimentare il Glucono-delta lattone è impiegato anche nel campo cosmetico.
Il Glucono-lattone viene utilizzato come ingrediente in numerose preparazioni per la pelle, sia per il suo effetto esfoliante sia come stabilizzante. Inoltre possiede proprietà idratanti, antiossidanti, UV-protettive e favorisce il rinnovamento cellulare.

In genere è infatti consigliato in concentrazioni che vanno dal 2% al 15%, e nello specifico viene maggiormente utilizzata una dose del 2% se aggiunto come sequestrante (come con l'Urea) e in 4-5% se utilizzato come esfoliante. E' particolarmente indicato a pelli delicate e arrossate.


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Bilancio Entalpico : Caso Aziendale



  Parte Seconda


Prosegue il nostro viaggio all’interno dell’Azienda Alimentare ******* e in questo secondo appuntamento analizziamo e studiamo il quesito del Bilancio Entalpico, in altre parole il calcolo ponderale delle energie interne del sistema in questione.

In campo alimentare un processo necessita e produce energia in continuo o in discontinuo, tuttavia non è possibile avere la quantità precisa ma si può misurare solo una variazione di entalpia.


Andiamo quindi nel reparto di ricerca e sviluppo e vediamo che già tre persone si stanno occupando di questo lavoro. L’Azienda vuole determinare il Bilancio Entalpico del processo sviluppano nel nostro primo appuntamento.

Prima di essere utilizzato nel prodotto finito, il miscelato, allontanato di solidi insolubili e filtrato, viene concentrato in purea grezza.

La macchina processa 100 kg di miscelato per volta in un'ora si lavorano 400 kg di miscela. Il miscelato ha un contenuto iniziale di umidità pari al 85% e viene condotto in un evaporatore che opera a 19,94 KPa per concentrarla fino al 30%. 

Bisogna determinare l'ammontare di energia richiesta per il lavoro. La composizione miscelato è fatta di zucchero e acqua.





 Procediamo con i calcoli per studiare l'andamento dei Flussi per determinare l'Entalpia finale:

M = 85% H2O

P= 30% H2O

P er = 19.94 KPa = 0.1994 bar

M=100Kg (in 1ora x 4)

Bilancio Totale
M=P+V
100=P+V

Bilancio per l'Acqua

0.85M=0.30P1
0.85×100=0.39P1
P1=283Kg

V=100- P1=100-283=183Kg

Bilancio Entalpico

M×cpM×(TM-0) +Q= P1×cp P1× (Tp P1-0) +V×H20.1994bar
CpM=0.15cpzucchero+0.85×cp H2O

0.15×1548+4187×0.85=~3791.1Kj/Kg°C
CpP1= 0.7cp zucch. +0.30×4187=~2339.7Kj/Kg°C

Bilancio Entalpico

100×3791.1×20+Q=283×2339.7×60°C+183×2610

Q=~1960Kj


In Conclusione si potrà dire che l'Entalpia Q è di 1960Kj.


L'entalpia può essere espressa in joule (nel Sistema internazionale) oppure in calorie, ed esprime la quantità di energia interna che un sistema termodinamico può scambiare con l'ambiente. In particolare:
  • per una trasformazione isobara in cui si ha solo lavoro di tipo meccanico la variazione di entalpia è uguale al calore scambiato dal sistema con l'ambiente esterno;
  • per una trasformazione isocorobarica (a volume e pressione costanti), la variazione di entalpia coincide sia col calore (Q) sia con la variazione di energia interna (ΔU) che si è avuta durante il processo;
  • per una trasformazione isobaroentropica (a pressione ed entropia costanti), la variazione di entalpia esprime la variazione di energia libera.



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Bilanci di Massa: Caso Aziendale
PARTE PRIMA




Per la produzione di un alimento con buona shelf-life l’Azienda ******* deve acquistare un preparato fatto da Succo d'Arancia con il 15% di Solidi, da concentrare.

La loro ricetta prevede poi una diluizione con Acqua Pura con un rapporto di 1:2.
Al Tecnologo Alimentare è stata fatta la richiesta di determinare la concentrazione da usare.

 Il Succo Preparato viene poi miscelato con del Succo Fresco e corretto con Acqua.

 A queste condizioni bisogna ora rivalutare la quantità di Succo Fresco e Preparato da miscelare per produrre 100 kg di Miscela al 32% di Solidi Solubili, sapendo che il succo fresco contiene due punti 12% di soldi solubili, 15% di solidi totali, 0,4% di acido citrico.

La composizione del Preparato e 10% di Solidi Solubili 3,2 % di Acido Citrico l’Acidità finale deve essere dello 0.023%.


Nella Tecnologia degli alimenti e in particolarmodo nella progettazione di un processo alimentare esistono due momenti :

1. La progettazione tecnica
2. La progettazione dei Bilanci ( per semplicità citiamo ne citiamo solo due B. di Massa e termici)

In questo caso analizzeremo solo il punto 2 e cioè andremo a valutare Tecnicamente quali saranno gli apporti e quindi le Masse da considerare per la produzione in progettazione.

Per Massa si intende Quantitativo e cioè il o i flusso/i da mettere in gioco, con specifiche caratteristiche, considerando gli obbiettivi di Massa da raggiungere.

Supponiamo dunque di voler produrre un Prodotto (S) di 100 Kg partendo dalle informazioni date di P e W (aggiunta di Acqua Pura).





La prima cosa utile è quella di dividere il lavoro in Volumi di Controllo, cioè delle fasi. In questo primo Volume valuteremo il sistema complessivo del Bilancio totale di Massa.


BILANCIO SOLIDI



Vediamo ora cosa accade quando al Succo concentrato si aggiunge il succo Fresco.





 Procediamo ora con i Bilanci di Massa NB ( i bilanci sono racchiusi in sistemi):



 


 Procediamo ora alle fasi di calcolo conclusive NB( i bilanci sono racchiusi in sistemi ):






 I valori determinati permetteranno al tecnologo di dimostrare all'Azienda i quantitativi in kg (Masse) dei diversi componenti pensati per la preparazione della miscela, Acqua, Succo Fresco e Concentrato.


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La Distillazione: non solo un semplice passaggio..






La distillazione è l’operazione unitaria che permette la separazione dei componenti di una miscela di più componenti in fase liquida, dotati di tensione di vapore e volatilità differenti.

Consiste nel riscaldare la miscela, fino all’ ebollizione: il componente dotato di tensione di vapore più elevata passa nella fase vapore in quantità maggiore rispetto all’altro.

Arrestando l’ebollizione prima che tutto il liquido sia evaporato e condensando il vapore formato, si avrà un liquido che rispetto a quello di partenza, conterrà il componente più volatile ad una concentrazione più elevata. 



Il liquido residuo risulterà, di conseguenza, più di conseguenza, più ricco del ricco del componente meno volatile.


Un esempio classico è quello della distillazione della grappa dal vinello ottenuto dalla vinaccia.

In questo caso si sottopone a distillazione una miscela costituita da acqua (prevalentemente), alcool (temp. ebollizione 78,3°C) e tracce di composti volatili (aromi).

 La miscela portata all’ebollizione produce un vapore, costituito maggiormente da alcool, che viene condensato e raccolto man mano che distilla; l’operazioneè interrotta quando il liquido residuo risulta quasi privo d’alcool.

Si ottiene così la grappa, il cui tenore alcolico è di gran lunga superiore a quello della soluzione di partenza.

Se una miscela liquida viene parzialmente vaporizzata e da essa si separa una fase vapore all’equilibrio, si dice che si è realizzato uno stadio ideale.


 Si supponga di partire da una miscela di composizione Xm, dal diagramma si ricava che essa inizia a bollire alla temperatura d’ebollizione Te.

Se viene portata fino alla T’:

- x’ e la frazione molare del liquido
- y’ è la frazione molare del vapore

Il segmento LV unisce isotermicamente la curva del liquido con quella del vapore, rappresenta l’arricchimento della miscela di vapore, rispetto al liquido.




M rappresenta la composizione della miscela liquido della miscela liquido-vapore alla temperatura 

T’: M = L + V


Volendo conoscere la massa di liquido L non evaporata alla temperatura T’, e la massa di vapore V formatasi alla temperatura T’, si applica la regola della leva:

 L ·LM = V·MV da cui

L/V = MV / LM; L/MV =V/LM/L


Cioè il rapporto tra il numero di moli contenute nelle due fasi
(Liquido-vapore), è all’uguale all’inverso dei segmenti (intercettati inverso dei segmenti (intercettati sulla isoterma del diagramma dell’equilibrio) rappresentativi della composizione della miscela globale:


Moli di vapore/moli di liquido = LM/ MV

V/L = LM/ MV


E’ possibile ripetendo più volte la distillazione arrivare alla composizione del componente puro, ma è evidente applicando la regola della leva che i quantitativi si riducono ogni qualvolta si effettui una distillazione per cui, per tale strada, si ricavano solo tracce del componente più volatile puro.










Gli Omega 3 tra Tecnologia e Medicina




Gli omega-3 sono presenti in alcuni alimenti o possono essere assunti come integratori alimentari o come farmaci e questo porta alla necessità di chiarire il ruolo di queste sostanze nelle diverse forme per consentire scelte consapevoli nella prevenzione cardiovascolare.

Gli omega-3 sono un’importante esempio di sostanza che è al contempo alimento, integratore alimentare e farmaco. Da decenni è noto come gli acidi grassi polinsaturi omega-3 possono avere un ruolo prezioso nella prevenzione cardiovascolare. Gli omega-3 sono acidi grassi essenziali, sostanze indispensabili che l’organismo non produce e, conseguentemente, devono essere assunti con la dieta.



Le prime indicazioni degli effetti favorevoli di una dieta ricca di omega-3 sorgono dalla bassa incidenza di malattie cardiovascolari riscontrate negli Eschimesi della Groenlandia, che hanno una dieta particolarmente ricca di pesce. La relazione tra dieta ricca di pesce e protezione cardiovascolare è stata poi confermata da studi epidemiologici condotti in diversi Paesi, che hanno collocato gli omega-3 tra i composti naturali più interessanti per le possibili applicazioni terapeutiche.


Un recente studio su oltre 20.000 uomini adulti senza preesistenti malattie cardiovascolari, ha dimostrato che la “dieta a basso rischio” (comprendente frutta, verdura, legumi, frutta a guscio, latticini magri, cereali integrali e pesce) comporta, da sola, una riduzione del 16% del rischio di infarto.

Queste evidenze sono state recepite dall’American Heart Association (AHA) che ha ribadito la raccomandazione di includere almeno due porzioni di pesce a settimana all’interno di una dieta finalizzata alla riduzione di eventi cardiaci. Gli omega-3 possono agire come antiaritmici, ipotrigliceridemizzanti, antitrombotici e antinfiammatori”.

Gli integratori alimentari contengono una quantità generalmente inferiore di omega-3 rispetto ai farmaci e sono destinati al consumo da parte di persone sane che vogliono mantenere lo stato di benessere esistente. Per gli integratori infatti non esistono studi che dimostrino alcuna significativa attività di riduzione del rischio cardiovascolare.

In definitiva, gli integratori alimentari a base di omega-3 si propongono come un’alternativa ad una dieta bilanciata. Va però chiarito che i benefici nella prevenzione cardiovascolare apportati dagli omega-3, all’interno di una dieta complessivamente sana e associata ad uno stile di vita corretto, non possono essere semplicisticamente sostituiti dalla sola assunzione di integratori.

Un farmaco omega-3 equivalente è già stato approvato da AIFA e dispensato in fascia A, a carico del SSN per la prevenzione secondaria post infarto e per l’ipertrigliceridemia”.

Oggi la stessa azienda, IBSA Farmaceutici, ha ottenuto l’approvazione AIFA per lo stesso farmaco (Olevia 30 capsule) in fascia C per le persone che hanno bisogno di fare prevenzione con tutte le garanzie che solo il farmaco può dare ad un costo più contenuto di alcuni integratori alimentari.

Per gli omega-3 sono consolidate da tempo le indicazioni nel trattamento dell’ipertrigliceridemia e nella prevenzione della morte improvvisa postinfartuale. Lo studio ha dimostrato che la somministrazione a lungo termine di omega-3 è efficace nel ridurre sia la mortalità per tutte le cause, sia la frequenza di ricovero per cause cardiovascolari in pazienti affetti da scompenso cardiaco.




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IL LATTE DELATTOSATO



Gli esseri umani possono essere intolleranti al latte e dà ai suoi derivati per molte ragioni. Intolleranza allo zucchero implica una diversa capacità di digerire a metabolizzare alcuni zuccheri.

Questa situazione è differente dall' allergia alimentare, che implica una risposta immunitaria. Una reazione negativa agli zuccheri della dieta spesso causa intolleranza, mentre le proteine, comprese quelle del latte, tendono a causare allergie.

Nella maggior parte dei casi, l'intolleranza lo zucchero è dovuta alla mancanza di enzimi o ad enzimi difettosi, per cui è un altro esempio di errori congeniti del metabolismo.

Il lattosio è a volte chiamato zucchero del latte, perché si trova nel latte. In alcuni adulti la mancanza dell'enzima lattasi nei villi intestinali causa un accumulo del disaccaride quando sono inseriti i prodotti del latte.


Ciò avviene perché la lattasi è necessaria per degradare il lattosio in galattosio e glucosio, affinché possa essere assorbito attraverso il flusso sanguigno dai villi.

Senza l'enzima, il lato nell'intestino può essere attivato dalla lattasi dei batteri intestinali idrogeno biossido di carbonio e acidi organici.

I prodotti della reazione della lattasi batterica problemi digestivi come gonfiore e diarrea, così come la presenza di lattosio non degradato.

La terapia alimentare per questi due problemi e molto diversa gli individui intolleranti al lattosio devono evitare lattosio per tutta la vita. Per fortuna esistono pastiglie come il Lactaid e i prodotti senza lattosio i quali permettono di evitare che la molecola sia presente all'interno dell'organismo del consumatore.

Negli alimenti realmente fermentati come lo yogurt e molti formaggi è avvenuta la fermentazione e la degradazione del lattosio.

Non ci sono vie per trattare il latte e renderlo sicuro per i soggetti affetti da galattosemia per cui individui che ne sono affetti devono assolutamente evitare il latte durante l'infanzia.
Fortunatamente è facile seguire una dieta priva di Galattosio basta evitare il latte. Per le persone che vogliono evitare il latte, ci sono molti sostituti del latte come il latte di soia e il latte delattosato.


Il latte è essenzialmente un alimento. Viene prodotto dalla mammella femminile dei mammiferi, i quali, in seguito alla nascita della prole, provvedono a nutrirla per un periodo sufficiente ad un primo ed essenziale sviluppo fisico.

Lattosio

Il lattosio è il glucide caratteristico del latte; è presente in misura variabile tra le secrezioni delle diverse specie ma, rispetto agli altri nutrienti, il suo contenuto risulta limitatamente eterogeneo.

 Il lattosio è particolarmente presente nel latte umano, nel quale raggiunge più della metà del peso a secco (65 g/l), ma il suo contenuto risulta molto abbondante anche nella secrezione vaccina e in quella caprina; nell'uomo, il lattosio viene prodotto a partire dal glucosio, mentre nei ruminanti il substrato di partenza è costituito dagli acidi volatili presenti nel rumine.

Inoltre, essendo il lattosio molto abbondante e caratterizzato da un notevole potere osmotico, la compromissione della sua sintesi rappresenta un fattore limitante nella produzione mammaria complessiva del latte.

Il latte Delattosato


Il latte delattosato, anche definito HD (High Digestible), è un alimento artefatto dall'uomo e concepito al fine di consentire ai soggetti (o alle popolazioni!) deficienti in lattasi di consumare il latte vaccino senza incorrere nella tipica (e spiacevole) sintomatologia gastro-intestinale dell'intolleranza al lattosio.

L'insufficienza di lattasi, spesso ma non sempre, deriva da alcuni fattori genetici; a volte si tratta di una carenza transitoria, mentre altre volte riguarda un deficit permanente ma NON ereditario, imputabile all'eliminazione definitiva del latte dalla dieta; in tal caso, dopo lunghi periodi di astinenza dal latte, la concentrazione di lattasi intestinale diminuisce progressivamente fino a diventare INSUFFICIENTE.

Il latte delattosato non è altro che un latte vaccino sottoposto ad idrolisi ENZIMATICA del lattosio; questo processo consente di ridurre le concentrazioni di lattosio fino al 70% della concentrazione iniziale.

 La produzione di latte delattosato sta acquisendo sempre maggior importanza grazie all’elevato numero di consensi tra i consumatori.


Intolleranza al lattosio e latte vaccino

Chi soffre di intolleranza al lattosio ha un deficit dell’enzima che rende digeribile uno specifico carboidrato: la lattasi. Disturbi digestivi, meteorismo, crampi addominali, difficoltà a perdere peso sono solo alcuni tra i sintomi dell’intolleranza al lattosio.



Per tutti coloro che soffrono di intolleranza, il latte vaccino è tabù e l’unico modo per consumarlo, è la sua versione ad alta digeribilità, quasi totalmente priva di lattosio. Scopriamone il processo produttivo.

Il Processo Produttivo

Il latte delattosato, chiamato spesso “ad alta digeribilità” o “HD” è ottenuto mediante un processo tecnologico che consente una riduzione consistente del lattosio tale da rendere la bevanda vaccina digeribile anche agli intolleranti.

Le tecniche produttive per ottenerlo sono le seguenti:

•    idrolisi del lattosio: è la il metodo più utilizzato. Partendo dal latte intero, tramite l’azione di alcuni enzimi selezionati si riduce il tenore del lattosio in maniera significativa.

•    metodo a filtrazione: grazie a dei filtri a membrana composti da microfori quasi impercettibili, si riescono a isolare specifiche componenti del latte, come appunto il lattosio, senza alternarne le caratteristiche organolettiche.




Dal punto di vista nutrizionale diversi studi hanno dimostrato come non vi sia nessuna differenza tra il latte convenzionale e il latte senza lattosio: anzi, con l’idrolisi del lattosio si formano dei composti chimici che aiutano la crescita della flora microbica intestinale.

Se sei intollerante al lattosio lo saprai bene: l’unica cura che funzioni davvero è una dieta che ne riduca o ne elimini completamente l’assunzione, almeno per un determinato periodo di tempo.

Di conseguenza il primo alimento ad essere totalmente allontanato è il latte vaccino e suoi derivati, cosa mai facile da fare senza creare delle carenze di nutrienti per l’organismo. Il calcio, ad esempio, di cui il latte convenzionale è un grande apportatore, è fondamentale riuscirlo a compensare in altri modi.

Per questo motivo, il latte senza lattosio sembra essere tra i sostituti del latte vaccino più efficaci poiché riuscirai ad eliminare la fonte del problema (appunto il lattosio) senza rinunciare all’apporto di un minerale così importante come il calcio, vitale per evitare, in età avanzata, malattie tipiche dell’indebolimento delle ossa, come l’osteoporosi.




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Il Mercato dei Surgelati:
              Un Trend in continua Espansione







I prodotti surgelati, per la loro caratteristica di stabilità nel tempo e praticità d’uso, stanno avendo un continuo trend di espansione. Negli ultimi sei anni la crescita media in Italia è stata
del 2,7% in volume, superando i dati di crescita di alcuni Paesi europei tra cui, in particolare,
Regno Unito e Germania.

I dati dell’Istituto Italiano Alimenti Surgelati (IIAS) confermano questo successo: oltre il 66% degli italiani consuma oggi alimenti surgelati e la frequenza media di consumo è di 1,5 volte a settimana. Sin dalla loro introduzione nei primi anni ’60 essi hanno saputo riflettere i cambiamenti della società italiana e rispondere al meglio alle nuove sfide che la modernizzazione imponeva.

 


Al giorno d’oggi la crescita è più contenuta rispetto agli anni precedenti ma lo sviluppo non
si arresta.

Va ricordato come i consumi di questo settore siano la sommatoria dei risultati conseguiti in segmenti assai diversificati ed eterogenei (carni, pesce, legumi, diversi tipi di verdura, alcune varietà di frutta, piatti pronti ricettati), ciascuno dei quali è caratterizzato da una propria domanda e offerta, con dinamiche quali-quantitative specifiche e con differenti tassi di reddi-
tività.

Tale crescita dipende in larga parte dal continuo miglioramento della qualità dei prodotti surgelati, che non dipende esclusivamente dalle materie prime e dalle ricette usate, ma anche dalla corretta conservazione del prodotto fino al momento del consumo.

Per questo motivo è essenziale che gli attori della filiera del freddo si integrino tra loro per migliorare le prestazioni della supply chain nel suo complesso e superare i punti di debolezza ad oggi presenti in Italia nel processo distributivo dei prodotti surgelati (in termini di disponibilità di spazi refrigerati, adeguatezza della rete delle infrastrutture, frammentazione del settore).



Una corretta gestione della Cold chain, rappresenta, nel settore dei prodotti surgelati, la principale leva su cui intervenire per migliorare sensibilmente il posizionamento competitivo aziendale.

È stata questa la considerazione che ha spinto la divisione di molte azienda produttrici di gelati in Italia a valutare la possibilità di utilizzare una soluzione tecnologica per il monitoraggio delle temperature e il miglioramento della gestione della propria catena del freddo, con particolare riferimento alla categoria merceologica dei gelati (antica gelateria del corso).


 Uno sguardo ai consumi

 I vegetali rappresentano la principale famiglia merceologica del mercato dei surgelati che, nonostante mostri dei leggeri trend negativi sia a valore (-1,6%) che a volume (-2,2%), offre alle aziende ampie possibilità in termini di innovazione e differenziazione. 

“Nei vegetali il dato più interessante riguarda i preparati (+4,7%) ai quali i consumatori riconoscono un valore oggettivo che prescinde dal prezzo e che porta a identificare tali referenze come una vera e propria pietanza anziché un semplice contorno” afferma Vittorio Gagliardi, Presidente IIAS (Istituto Italiano Alimenti Surgelati). Anche referenze più tradizionali quali minestroni, funghi e verdure miste (sia al naturale che cucinate) continuano a riscuotere un certo successo, perché - come rivela Laura Bettazzoli, Direttrice Marketing Bonduelle Italia - “soddisfano i bisogni di praticità e benessere richiesti dagli italiani. Sono, infatti, prodotti ready to use ma al contempo naturali e personalizzabili a piacere”.


Volgendo lo sguardo agli altri comparti, quello ittico sta ottenendo buone performance (+3,2% a valore e +0,7% a volume): in un difficile momento economico come quello attuale, infatti, il consumatore italiano non rinuncia al pesce (soprattutto a quello naturale che segna un +3,4%) e si rivolge al surgelato con fiducia, apprezzandone l’elevato contenuto di servizio (legato alla velocità di preparazione degli alimenti, ad esempio).


 “Il pesce surgelato rappresenta da sempre una categoria in cui il valore percepito va ben al di là del prezzo pagato.” - afferma a questo proposito Claudia Puzziello, Marketing Services Manager Findus – “Si consuma esattamente ciò che si compra: il prodotto è già pulito, tagliato e senza spine.“.
Segnali positivi provengono, infine, anche dal segmento di pizze e snacks (+2,9% a valore e +3,1% nelle quantità): prodotti estremamente concorrenziali rispetto al fresco che cercano di attrarre il consumatore puntando soprattutto sul gusto.





Si può concludere che anticipare i bisogni futuri del mercato e sviluppare l’innovazione tecnologica ottimizzando obiettivi di efficienza e qualità produttiva” è certamente un fattore importante anche per la Cold chain.



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La Trasformazione  della lattuga per diventare 
     Prodotto di IV GAMMA:  LA LATTUGA IMBUSTATA


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Per i prodotti di Quarta Gamma che vengono consumati crudi, non esistono trattamenti che permettano di ridurre in maniera significativa il numero di microrganismi (come può invece avvenire con la cottura, la pastorizzazione, la sterilizzazione, per altri tipi di processo e prodotti).

È di conseguenza imprescindibile operare la trasformazione degli stessi (mantenendoli nello stato di freschezza) con la massima cura e attenendosi a rigorosi e vincolanti criteri di sicurezza alimentare.


Ricevimento e stoccaggio

Il prodotto, subito dopo la raccolta, deve essere trasferito in maniera tempestiva ai locali di stoccaggio; l’ubicazione dello stabilimento di processo in prossimità delle aree di coltivazione delle insalate può consentire di abbreviare i tempi tra raccolta e lavorazione, riducendo le perdite di qualità. Nell’area di stoccaggio avviene l’abbattimento della temperatura a livelli prossimi a 4 °C e le insalate vengono mantenute in un ambiente con un tasso di umidità controllato e costantemente monitorato, per evitare una rapida deperibilità.


La materia grezza ricevuta dal produttore deve essere controllata onde assicurarsi che il prodotto in arrivo sia stato coltivato e preparato secondo il codice di buona pratica agricola (GAP, Good Agricultural Practices). Se esistono alti livelli di contaminazione del prodotto, sarà assai difficile che possano venire ridotti durante le successive fasi di lavorazione.

Se la materia prima non è di qualità ottima o accettabile, il prodotto finito non potrà che rispecchiare la qualità della stessa materia prima: neppure i più sofisticati e delicati macchinari di processo potranno migliorarla. Il primo controllo delle caratteristiche qualitative (aspetto estetico, sanità, corpi estranei, residui di terra ecc.) riveste pertanto una grande importanza. Nella maggior parte delle aziende è predisposto un sistema di tracciabilità del prodotto basato su supporti informatici, che viene mantenuto costantemente efficace in ogni fase della lavorazione. L’obiettivo è di risalire in qualunque momento ai lotti di provenienza della materia prima impiegata.

Cernita e mondatura

Questa fase è necessaria per provvedere all’eliminazione di tutto ciò che non è conforme e confacente alla preparazione del prodotto da immettere sul mercato.
La praticità d’uso e la convenienza di un prodotto di quarta gamma sono intrinseche all’utilizzo della parte edibile o più pregiata (come nel caso del cuore di lattuga)


Miscelatura e Dosaggio

La miscelatura delle diverse varietà di insalate avviene generalmente in maniera manuale sul tavolo di monda o su un banco di cernita. Questa operazione prevede la creazione di una misticanza di diversi tipi di insalate, sia sfalciate sia tagliate.

Processo di deumificazione prodotto
La quantità e il dosaggio delle varietà di insalate che compongono la combinazione sono stabiliti il più delle volte grazie all’intervento degli operatori. Questi agiscono in base a precise istruzioni e talvolta si avvalgono di bilancine di pesatura. Le quantità dosate vengono miscelate in genere durante il lavaggio, tramite l’azione di borbottaggio, che permette una miscelatura (abbastanza approssimativa) delle stesse.

Tuttavia, per ovviare alla grossa componente di manodopera ed effettuare una miscelatura più accurata, risulta possibile costruire un sistema automatico su misura, che può avere diversi livelli di complessità. In base al numero di ingredienti o di prodotti da miscelare, il sistema permette di ridurre al minimo la possibilità di danneggiare i prodotti, i quali sono convogliati, dagli appositi contenitori, in tramogge di stoccaggio.

Grazie a un sistema di controllo, il quantitativo richiesto è trasportato a tramogge di pesatura dotate di celle di carico. Al raggiungimento del peso programmato, lo scarico del prodotto può avvenire su nastri di trasporto o in tramogge mobili. L’interfaccia con il sistema informatico del cliente permette una gestione efficiente e ottimale del processo.



Evacuazione degli scarti

La rimozione degli scarti nelle linee di lavorazione delle insalate di quarta gamma e il loro trasporto all’esterno dello stabilimento avvengono con diverse modalità. Nella versione più semplice, dei nastri convogliatori trasportano gli scarti in bins che vengono trasportati dagli operatori all’esterno.
In una modalità altrimenti utilizzata, gli scarti vengono evacuati tramite canale con acqua o coclee.

Questi sistemi presentano tuttavia una serie di grossi svantaggi.

Per esempio, lunghi nastri convogliatori per gli scarti potrebbero creare pericolosi punti di gocciolamento sul prodotto e problemi igienici se questi nastri non fossero appropriatamente lavati. Anche i sistemi di trasporto a canale possono essere veicolo di agenti patogeni mentre i contenitori per gli scarti, per essere trasportati, necessitano di costosi e ingombranti carrelli elevatori.

Per questo motivo di recente sono stati introdotti sistemi a trasporto pneumatico, con lo scopo di rimuovere rapidamente gli scarti prodotti in un impianto di lavorazione delle insalate e gestirli
in maniera efficace e non invasiva per l’ambiente stesso. Il sistema è essenzialmente composto da un sofisticato sistema a compressione che, tramite una doppia tubazione (una dedicata alla spinta degli scarti e l’altra all’evacuazione degli scarti medesimi), provvede a trasportare la parte del prodotto non utilizzata (torsoli, fogli ingiallite o deperite, radici ecc.) anche a grande distanza.

Taglio


In base alla varietà della materia prima e al tipo di prodotto finito, possono essere utilizzati diversi tipi di taglierine. Malgrado le stesse siano costruite in acciaio inossidabile e soddisfino le più severe norme e regolamentazioni, devono essere sanificate e controllate con frequenza.


Trattamento termico (Heat shock)

Una recente evoluzione apparsa nel settore è stata l’introduzione del trattamento termico (altrimenti noto come “shocktermico”) nella lavorazione delle insalate adulte (essenzialmente insalata iceberg e romana). Questo procedimento, sviluppato in laboratorio e mutuato dalle tecniche di alcuni grandi chef, permette di ritardare l’imbrunimento e l’ossidazione delle foglie, estendendo notevolmente la shelf-life secondaria del prodotto (che decorre dall’apertura delle buste di insalata).

È noto che il fenomeno è dovuto allo “stress da taglio” sofferto dalle foglie e che deriva dal contatto della superficie tagliata con l’ossigeno. In maniera più scientifica, questo imbrunimento è dovuto all’ossidazione dei fenoli, catalizzata dalla polifenolo ossidasi.

I fenoli sono prodotti da una reazione catalizzata dalla fenilalanina ammonio liasi (PAL,
Phenylalanine Ammonia Lyase). L’attività della PAL viene usata come un indice di imbrunimento potenziale.

Il sistema brevettato dalla Turatti S.r.l. permette di effettuare una tenue scottatura (fenomeno altrimenti noto come blanching) delle foglie di insalata immediatamente dopo il taglio. La speciale configurazione del sistema consente un’omogenea distribuzione del calore (senza causare la cottura delle foglie) seguita da un repentino raffreddamento delle stesse.

Questo riduce al minimo lo stress cui le foglie sono sottoposte, determinando un rilassamento che ne prolunga la durata e ne incrementa in maniera considerevole la qualità.



Lavaggio e trattamento

Funzioni del lavaggio







Il lavaggio è un momento fondamentale della lavorazione delle insalate di quarta gamma. In particolare esso permette: l’eliminazione delle impurità, flottanti e non;la riduzione della consistenza della carica microbica; l’abbassamento della temperatura del prodotto, qualora il lavaggio avvenga in acqua gelida.

Nel caso delle insalate adulte, una funzione secondaria del lavaggio è rappresentata dalla diluzione e separazione dei succhi fuoriusciti durante la fase di taglio. Di fatto, questi potrebbero costituire risorse nutritive per la proliferazione dei microrganismi. Per questo motivo, avviene di frequente che la linea di lavaggio inizi con una piccola vasca di prelavaggio posta al di sotto dello scarico della taglierina, con il duplice scopo di attutire la caduta del prodotto tagliato e di impedire l’immissione dei summenzionati succhi nella linea di lavaggio vera e propria.


 La progettazione dei sistemi di lavaggio deve essere improntata a rigorosi criteri che permettano un’agevole e continuativa sanitizzazione delle lavatrici. Infatti, qualora ciò non avvenga, la comparsa di biofilm può essere un effetto provocato dallo stress nelle popolazioni di microrganismi.


CLORO ED ALTRI DISINFETTANTI


In Italia, allo stato attuale, per disinfettare l’acqua di lavaggio si utilizzano in genere soluzioni clorate a 80-100 ppm di cloro attivo

Come sorgenti di cloro possono essere valutati l’ipoclorito di sodio (NaOCl) o di calcio (CaCl2O2), il biossido di cloro (ClO2) e il cloro gassoso (Cl2).

Quest’ultimo può essere molto efficace (determina l’abbassamento del pH della soluzione), ma deve essere utilizzato con molta cautela giacché presenta problemi di tossicità e può provocare danni per pitting (ossia la comparsa su una superficie di piccoli danneggiamenti superficiali) agli impianti.

In altri Paesi sono utilizzate, in base alle normative, miscele cloro-ossigeno, perossido di idrogeno (H2O2), ozono (O3), fosfato trisodico dodecaidrato, acido peracetico, acido percitrico, acqua elettrolizzata.

Occorre evidenziare che delle sostanze menzionate, nessuna è priva di inconvenienti. Giacché il loro uso è soggetto a regolamenti in continua evoluzione, è auspicabile un accordo a livello europeo che regoli questa intricata situazione. È paradossale, di fatto, la situazione attuale che permette di utilizzare certi detergenti-sanitanti in taluni Paesi mentre ne vieta l’impiego in altri.

Il cloro è uno dei disinfettanti più ampiamente usati. È ben applicabile e molto efficace per la disattivazione dei microrganismi patogeni. Può essere applicato, misurato e controllato facilmente.

È piuttosto persistente e relativamente economico.

Tipologia dei disinfettanti più utilizzati

Ipoclorito di sodio (NaOCl). L’ipoclorito di sodio come disinfettante presenta i seguenti vantaggi: può essere facilmente immagazzinato e trasportato quando è prodotto sul posto, il dosaggio è semplice; il trasporto e l’immagazzinamento sono sicuri. Inoltre, l’ipoclorito di sodio è efficace quanto il cloro gassoso per la disinfezione e produce disinfettante residuo.

Biossido di cloro (ClO2). L’efficacia del biossido di cloro è elevata almeno quanto quella del cloro, sebbene a concentrazioni più basse. Ma ci sono anche più importanti vantaggi: il biossido di cloro è infatti chiaramente superiore al cloro nella distruzione di spore, batteri, virus e altri microrganismi patogeni su uguali basi residuali (disattiva efficacemente gli agenti patogeni resistenti al cloro,

Giardiae Cryptosporidium). L’efficienza battericida risulta inoltre relativamente invariata a valori di pH tra 4 e 10, con tempo di contatto necessario più basso per il cloro. Il biossido di cloro rimuove e previene il biofilm.

Deve inoltre essere messo in evidenza che ha migliore solubilità e non ha odore distintivo.
Tuttavia, neppure questa sostanza è immune da numerosi svantaggi.

Perossido di idrogeno (H2O2). Noto come acqua ossigenata, il perossido di idrogeno, al contrario di altre sostanze chimiche, non produce composti o gas. La sua sicurezza dipende dalla concentrazione applicata, dal momento che è completamente solubile in acqua.


Asciugatura e raffreddamento

La fase dell’asciugatura è quella attraverso la quale si provvede a ridurre (sgrondamento o
dewatering) o a eliminare l’acqua di lavaggio dalle foglie prima di prepararle per la vendita.

Lo scopo principale è allungare la durata del prodotto, al fine di evitare che, all’interno delle confezioni (buste o vassoi), si venga a trovare una quantità troppo elevata di umidità, che potrebbe favorire il rapido deterioramento del prodotto.

Il livello di asciugatura varia in funzione del tipo e della varietà di insalata: con le insalate da sfalcio (rucola e insalatine da taglio) non si dovrà rimuovere la totalità dell’acqua che aderisce al prodotto, ma lasciarne una quota molto bassa per impedire l’appassimento dello stesso.

 Principalmente si possono utilizzare tre metodi distinti rappresentati da: sistemi a centrifuga, sistemi di tipo dewateringe tunnel ad aria.


Sistemi a centrifugazione
Le centrifughe possono essere a carico manuale o completamente automatiche, sempre con il fine di eliminare efficacemente e delicatamente l’acqua dalla superficie del prodotto dopo il lavaggio

Anche per questi macchinari in fase di costruzione si deve porre particolare attenzione a semplicità, robustezza e igiene. I sistemi a centrifugazione sono di diverso tipo, ma generalmente offrono la possibilità di selezionare la corretta velocità di rotazione per ogni prodotto.

Nei modelli più utilizzati, i cicli di centrifugazione iniziano di solito con carichi modesti, soprattutto nel caso di prodotti delicati quali alcuni tipi di insalate. Queste vengono sottoposte a una velocità di rotazione che aumenta progressivamente fino allo scarico del prodotto asciugato, praticato con molta attenzione.






Il Mantenimento del freddo

Per ovviare a problemi di mantenimento della temperatura e agevolare il lavoro degli operatori, negli ultimi tempi il raffreddamento del prodotto dopo l’asciugatura avviene anche tramite sistemi di tipo criogenico (azoto) o di tipo ibrido (azoto-correnti di aria fredda).

Grazie alle basse temperature ottenibili, i tempi di raffreddamento vengono ridotti, abbassando sensibilmente la carica batterica durante il processo lavorativo. In questa maniera, si riesce ad abbattere la temperatura del prodotto asciugato da 12-15 a 4-5 °C in tempi molto brevi (circa 2-3 minuti).

In molte applicazioni il raffreddamento ad azoto ha caratteristiche del tutto particolari che lo fanno preferire ad altre forme di raffreddamento. Infatti, il processo avviene in atmosfera scarsamente ossigenata, impedendo l’insorgere di fenomeni ossidativi: come risultato si osservano miglioramenti nel colore delle foglie e nella freschezza del prodotto finale



Per quanto le insalate di quarta gamma siano presenti sul mercato italiano da quasi tre decenni, è stato solo negli ultimi anni che il mercato di questi prodotti si è notevolmente espanso. Come in quasi tutti gli altri Paesi europei e negli Stati Uniti il mercato dei cosiddetti prodotti convenience si è sviluppato con tassi di crescita a due cifre.

Sotto il profilo prettamente di processo, il settore negli ultimi anni ha visto l’introduzione di sistemi sempre più meccanizzati, con un maggior utilizzo di sistemi di gestioni del flusso e di pesatura automatizzati.

Le linee di lavorazione sono inoltre progettate e costruite secondo criteri improntati alla sostenibilità. In tale ottica i consumi energetici e idrici sono stati notevolmente ridotti, garantendo nel contempo un prodotto ancora più sano e di qualità. L’obiettivo di raggiungere una maggiore ottimizzazione delle risorse combinata a un più spiccato aumento delle rese rappresenta una sfida che dovrà necessariamente coinvolgere l’intera filiera.

Abbiamo qui cercato di sintetizzare il processo e le informazioni, al fine di dare una più chiara comprensione generale, sono stati tuttavia omessi casi particolari e alternativi ma lo è stato fatto per semplificare l’articolo.

Di seguito proponiamo il diagramma di Flusso semplificato e schemattizzato del processo. Ulteriori articoli molto dettagliati e tecnici saranno pubblicati in futuro






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NON PIU' UN MISTERO:  I GRASSI IDROGENATI





Si parla spessissimo di Grassi Idrogenati, facilmente riscontrabili in molti prodotti alimentari, ma in questo approfondimento non valuteremo quali prodotti contengono questi grassi ma di come si ottengono chimicamente. In senso generico, i grassi idrogenati sono il prodotto dell'idrogenazione catalitica dei grassi insaturi.

Il processo è chiamato Indurimento e viene generalmente utilizzato per produrre grassi concreti a partire da oli. Il prodotto principale è la margarina. Esistono anche altri tipi di preparati come gli oli parzialmente idrogenati, anch’essi utilizzati dall'industria alimentare.

I grassi idrogenati hanno come vantaggio una maggiore conservabilità e un minor costo rispetto a quelli che il Mercato e il mondo tecnico-scientifico definisce Grassi Buoni, Pregiati, grassi con alto valore commerciale . Inoltre dosando il grado di idrogenazione è possibile ottenere grassi con diversi punti di fusione (e quindi con diversa consistenza).

Il difetto principale è la presenza di acidi grassi trans che si formano durante la reazione di idrogenazione.
Le tecniche alternative all'idrogenazione per la produzione di grassi concreti sono la cristallizzazione frazionata e la inter-esterificazione.



CENNI SULL’IDROGENAZIONE CATALITICA

L'idrogenazione è una reazione chimica dove viene addizionato idrogeno ad un substrato che può essere un elemento o un composto chimico, di regola in presenza di un catalizzatore. La reazione inversa è detta deidrogenazione.

REAZIONE DI IDROGENAZIONE CATALITICA


L'idrogenazione spesso consiste nell'addizionare due atomi di idrogeno ad una molecola contenente un doppio o triplo legame carbonio-carbonio, ma l'idrogeno può essere addizionato anche ad altre specie chimiche. Ad esempio si può addizionare idrogeno all'azoto (sintesi dell'ammoniaca), o al monossido di carbonio (sintesi del metanolo). In ogni caso si tratta di reazioni di riduzione che richiedono la presenza di un opportuno catalizzatore, in genere di nichel, palladio, platino o rodio. In assenza del catalizzatore le reazioni di idrogenazione richiedono temperature troppo elevate per essere di utilità pratica.

 È d'uso distinguere le idrogenazioni in fase eterogenea da quelle in fase omogenea. Nel primo caso il catalizzatore è un solido disperso in un solvente assieme al substrato, o posto a contatto con un substrato gassoso. Nelle reazioni in fase omogenea il catalizzatore è disciolto nello stesso solvente contenente il substrato da idrogenare.

Ci sono vari tipi di reazioni correlate con l'idrogenazione. La maggior parte delle idrogenazioni impiega l'idrogeno molecolare (H2), ma a volte si utilizzano altre fonti di idrogeno; in questi casi si parla di reazioni di trasferimento di idrogeno.

 Quando la reazione avviene con rottura del legame durante l'addizione di idrogeno si parla di idrogenolisi; questa reazione può avvenire su legami carbonio-carbonio e carbonio-eteroatomo (ossigeno, azoto o alogeno). L'idrogenazione non va confusa con la protonazione e l'addizione di idruro; nel caso dell'idrogenazione reagenti e prodotti hanno la stessa carica.

In genere tutti i composti chimici che hanno uno o più legami multipli possono fungere da substrati nelle reazioni di idrogenazione. In alcuni casi, in particolare per composti aventi un triplo legame, il prodotto finale dipende anche dalle condizioni di idrogenazione.

Ad esempio, idrogenando gli alchini in condizioni blande si ottengono alcheni, mentre in condizioni più drastiche si arriva direttamente agli alcani corrispondenti. Per quanto riguarda l'idrogenazione di alcheni e alchini va notato che entrambi gli atomi di idrogeno vengono addizionati sulla stessa faccia della molecola (addizione syn), quella meno ingombrata, sia nelle idrogenazioni in fase eterogenea che in quelle in fase omogenea.

Nella tabella seguente sono elencate alcune classi di substrati organici insaturi e i prodotti che si ottengono per loro idrogenazione.





Substrati e prodotti della reazione di idrogenazione
alchene, R2C=CR'2
alcano, R2CHCHR'2
alchino, RCCR
alchene, cis-RHC=CHR'
o
alcano, R2CHCHR'2
aldeide, RCHO
chetone, R2CO
estere, RCO2R'
due alcooli, RCH2OH, R'OH
immina, RR'CNR"
ammina, RR'CHNHR"
ammide, RC(O)NR'2
ammina, RCH2NR'2
nitrile, RCN
immina, RHCNH
ammina, RNH2



I CATALIZZATORI   

In genere le reazioni di idrogenazione sono favorite da un punto di vista termodinamico, ma sono sfavorite cineticamente a causa della grande forza di legame nella molecola H2.

Per questo motivo in assenza di catalizzatore le reazioni tra H2 e un composto organico sono molto rare al di sotto di 480 ºC. Lavorare a temperatura elevata è scomodo, e vi sono composti organici che non possono resistere alle alte temperature.

La soluzione preferita è usare un catalizzatore, che si lega sia al composto insaturo che all'idrogeno e ne favorisce la reazione. I metalli del gruppo del platino, specialmente platino, palladio, rodio e rutenio sono catalizzatori particolarmente attivi e funzionano a bassa temperatura e bassa pressione di idrogeno. Sono stati sviluppati anche catalizzatori a base di metalli non preziosi, specie a base di nichel (come il nichel Raney e il nichel Urushibara), cobalto, ferro e rame, ma spesso questi catalizzatori più economici sono più lenti o richiedono condizioni più drastiche.

 In genere è necessario trovare un compromesso tra l'attività del catalizzatore (e quindi la velocità della reazione) e il suo prezzo, tenendo conto anche del costo dell'apparecchiatura richiesta per operare a pressione elevata. Ad esempio le idrogenazioni con nichel Raney richiedono normalmente pressioni elevate.

Di seguito proponiamo uno schema semplificativo che dimostra come avviene un processo di Idrogenazione catalitica di tipo Eterogeneo (cioè quando l'attività del catalizzatore viene ottimizzata cambiando l'intorno del metallo).




UNO SGUARDO SULL’INDURIMENTO


Con il termine indurimento in chimica si intende l'idrogenazione catalitica dei trigliceridi di origine vegetale al fine di ottenere un miscuglio omogeneo di grassi di consistenza solida.
Si ottengono quindi dei grassi idrogenati.

La reazione, esotermica (ΔH= −125 kJ/mol), consiste in un'addizione di H alle insaturazioni presenti nella catena alchilica degli acidi grassi che hanno dato origine al trigliceride.
Quindi il substrato è formato da un olio e il reagente è l'idrogeno gassoso; per far avvenire la reazione occorre un catalizzatore che è un metallo di transizione (Ni, Pd, Pt, Ru, Rh, Cu).

A seconda di quanto viene spinto il processo si ottengono prodotti dalla diversa consistenza: un prodotto con poche insaturazioni residue sarà solido (concreto) con consistenza simile a quella del burro, mentre si possono ottenere anche prodotti semisolidi.

Durante il processo possono avvenire anche delle reazioni di isomerizzazione dei doppi legami da cis a trans. Questo ha comunque, dal punto di vista meramente commerciale, un effetto positivo sul prodotto in quanto gli acidi grassi trans hanno un punto di fusione più alto rispetto ai cis, tant'è che in passato si producevano margarine solo per isomerizzazione. Ultimamente questa via stata abbandonata perché sembra che i grassi trans possano causare disturbi al metabolismo degli acidi grassi.


La reazione è condotta insufflando H2 in pressione su una emulsione acqua/olio (20:80) in agitazione con il catalizzatore solido disperso (catalisi eterogenea).

La resa del processo dipende da:
•    composizione dell'emulsione;
•    temperatura;
•    pressione;
•    concentrazione del catalizzatore;
•    agitazione.



In questo tipo di processo si individuano delle diverse selettività dei catalizzatori:
•    selettività linoleica, SI: indica che le catene alchiliche vengono ridotte principalmente a monoinsature:
•    selettività linolenica, SII: indica che le catene alchiliche vengono ridotte principalmente a diinsature;
•    selettività di isomerizzazione specifica, Si: è il rapporto tra i doppi legami trans che si formano e i doppi legami saturati;
•    selettività trigliceridica, St: indica se la velocità di saturazione di un doppio legame è influenzata dagli altri doppi legami.

La legge n. 1316 del 1951 impone che i grassi idrogenati abbiano le seguenti caratteristiche:

•    acidità espressa in acido oleico inferiore all'1%;
•    umidità inferiore al 2%;
•    assenza di tracce del catalizzatore;
•    assenza di idrocarburi di origine minerale;
•    assenza di qualsiasi colorante.

In conclusione gli Acidi grassi idrogenati sono ottenuti da processi chimici industriali, sono impiegati nell’industria per soddisfare 2 requisiti:

1.    COSTI
2.    PRESISE NECESSITA’ PRODUTTIVE

Posseggono come tante altre cose al mondo punti negativi ed oscuri, tra cui quello di possedere acidi grassi trans che si formano durante la reazione.

Ecco in elenco i principali problemi che sono stati valutati:

1.    AUMENTANO LE MALATTIE CARDIO-VASCOLARI
2.    PROBABILI EFFETTI CANCEROGENI (sempre in fase di studio)
3.    PRESENZA DI NICKEL ALL’INTERNO DELLE SOSTANZE
4.    PROBABILE USO ABNORME DI CIBI CONTENENTI ACIDI GRASSI IDROGENATI
5.    AUMENTO INDIRETTO DI COLESTEROLO CATTIVO LDL NEL SANGUE
6.    RISCHI EPATICI
7.    OBESITA’
8.    PROBLEMI AL BAMBINO IN GRAVIDANZA
9.    VALUTABILE PERDITA DI MASSA NEGLI ATLETI

I cibi che contengono questo tipo di sostanze sono tanti: Margarina, gelati, cibi fast food, prodotti da forno, cioccolato.


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Liofilizzatore: 
 come funziona e come è fatto



Quante volte si consumano i prodotti liofilizzati? Questa è una domanda che Agroalimenti e dintorni pone per analizzare cosa c’è dietro un processo di liofilizzazione.

Gli alimenti liofilizzati sono utilizzati soprattutto per la preparazione di brodi, minestroni, pappe pronte per bambini, carni e verdure omogeneizzate.


 Per coloro che non conoscono la Liofilizzazione diciamo che per definizione la liofilizzazione o crioessiccamento è un processo tecnologico che permette l'eliminazione dell'acqua da una sostanza organica con il minimo deterioramento possibile della struttura e dei componenti della sostanza stessa. Viene principalmente utilizzato nell'industria farmaceutica, soprattutto su materiali biologici, secondariamente per la conservazione degli alimenti quando non siano utilizzabili tecniche più economiche.


 Ci sono tre fasi principali in un ciclo di liofilizzazione:


1. In primo luogo, il prodotto da essiccare viene generalmente congelato prima di essere inserito in un
    Liofilizzatore.

2. Il prodotto passa quindi dallo stato solido allo stato gassoso senza passare per quello liquido.

3. Le molecole di acqua sono estratte dal prodotto e restando separate.



Per permettere una liofilizzazione ottimale del prodotto è opportuno seguire determinati parametri. Il primo dei quali è la temperatura usata durante il processo che varia a seconda della consistenza del prodotto.


Inoltre si deve controllare adeguatamente il livello di umidità nel liofilizzatore per evitare il deterioramento del prodotto. Anche la Pressione varia a seconda del prodotto, in particolare durante la fase di transizione dallo stato solido a quello gassoso. Ultimo ma non ultimo, è fondamentale mantenere le tempistiche ideali per far sì che tutte le fasi si verifichino al meglio. In alcuni casi, è necessario sterilizzare il liofilizzatore prima dell’uso (in particolare per prodotti chimici quelli soggetti a vapore o a radiazioni).

I moderni liofilizzatori, hanno numerose altre componenti, allo scopo di rendere il processo più veloce o "ripetibile", in vista di applicazioni industriali o di stesure di protocolli di lavoro.

Accessori oggi indispensabili in un moderno liofilizzatore sono:

•    vassoi riscaldabili su cui riporre i prodotti
•    elettrovalvole per il controllo del livello di vuoto a cui si desidera lavorare
•    sistemi di determinazione per il monitoraggio della fine del processo di liofilizzazione.

Circa i vassoi riscaldabili, non va dimenticato che, anche nella sublimazione, si sviluppa una reazione endotermica, che sottrae calore all'ambiente in cui si sviluppa. Poiché la sublimazione avviene solo in presenza del raggiungimento del punto eutettico, per mantenere costante la temperatura, compensando la sottrazione di calore endotermica, i moderni strumenti per liofilizzare sfruttano il riscaldamento dei piatti, evitando in tal modo un processo "isterico".

Liofilizzatore

Circa le elettrovalvole per il controllo del vuoto valgono le stesse considerazioni fatte per il riscaldamento dei piatti. Infatti agire sul vuoto significa agire indirettamente sulla temperatura di sublimazione.


Caratteristiche tecniche

Il liofilizzatore dovrà essere realizzato in ottemperanza alle norme italiane ed internazionali Il liofilizzatore dovrà essere progettato in modo da consentire
Una velocità di raffreddamento delle piastre tale da portare la temperatura delle piastre stesse da +20°C a -40°C in meno di 40 minuti.


Il liofilizzatore dovrà essere progettato in modo da consentire una velocità di evacuazione della camera e condensatore tale da portare la pressione interna del sistema da pressione ambiente a 0,12 mbar in meno di 20 minuti, il massimo valore di vuoto raggiungibile dovrà essere inferiore a 0,01 mbar. La camera di liofilizzazione, il condensatore e tutti i bocchelli (ports)di ingresso dei servizi e dei sensori dovranno essere facilmente accessibili ed ispezionabili, per le normali operazioni di pulizia o per le attività di manutenzione e di convalida. La camera del liofilizzatore dovrà essere dotata di almeno un bocchello (validation port) per l'inserimento di sonde per la rilevazione della temperatura e della pressione durante le operazioni di convalida analogamenteil condensatore dovrà essere dotato di almeno una validation port.


La camera del liofilizzatore dovrà essere dotata di una porta ad apertura a piena luce posta nella zona di produzione. La camera del liofilizzatore dovrà essere corredata da almeno 1 specola visiva localizzata nell'area di produzione per la verifica visiva dell'andamento del processo di liofilizzazione. Analogamente dovrà essere prevista almeno 1 specola visiva sulla camera del condensatore per la verifica visiva della quantità di ghiaccio presente. Il liofilizzatore dovrà essere progettato e realizzato per permettere l'alloggiamento del corpo macchina in una apposita area tecnica e la parte frontale dell'apparecchiatura dovrà essere dotata di apposita cornice atta a separare la parte frontale della macchina, posta nella zona di produzione, tale cornice dovrà essere realizzata in maniera opportuna onde permetterne facilmente la sua completa pulizia e successiva sanitizzazione (flangia per montaggio su clean room).

Il condensatore dovrà essere progettato in modo da garantire, in condizioni di massimo carico dell'apparecchiatura, la completa condensazione del vapore acque contenuto all'interno di 1,5 batch produttivi. La camera del liofilizzatore dovrà essere separata dalla camera di condensazione mediante un'opportuna valvola, comandabile in maniera automatica, in grado di garantire, anche durante le operazioni di scarico, la possibilità di eseguire lo sbrinamento del condensatore. Saranno da preferire sistemi di sbrinamento tramite inversione del ciclo frigorifero del tipo a gas caldo.

Il ciclo frigorifero dovrà essere realizzato mediante compressori opportunamente dimensionati, sia come numero, sia come potenze, in modo che il ciclo di liofilizzazione possa essere portato a termine, in ogni fase del processo. Prevedere la doppia opzione di raffreddamento del condensatore dei gruppi frigoriferi sia ad aria sia ad acqua. I flaconi o le fiale, riempiti, dovranno essere disposti in vassoi o comici di dimensioni adeguate i quali dovranno essere caricati, nel liofilizzatore attraverso la porta posta nell'ambiente di produzione. La distanza tra le piastre dovrà essere non inferiore a 90 mm. L'apparecchiatura non dovrà comportare rischi per il prodotto; le parti esposte non dovranno essere chimicamente reattive ne dovranno dar luogo a fenomeni di cessione o assorbimento in tutte le condizioni operative in misura tale da condizionare la qualità del prodotto.

Liofilizzatore da Laboratorio

La camera di liofilizzazione ed il condensatore, ed in generale tutte le superfici metalliche esposte, dovranno essere realizzati in acciaio di elevata qualità quale ad esempio AISI 316L, in modo tale da minimizzare la possibilità di corrosione, con rugosità superficiale massima di 0,6 micron Ra. Tutte le tubazioni in ingresso ed in uscita, dovranno essere, dove possibile, realizzate in acciaio 316L. Le parti esterne in contatto con l'area di produzione (flangia e porta) dovranno essere realizzate in acciaio AISI 304, AISI 316 o altro idoneo materiale.


Di seguito sono riportate le informazioni tecniche di un Liofilizzatore super avanzato non più da semplice laboratorio ma che apre le porte alla liofilizzazione industriale:



CARATTERISTICHE TECNICHE: _________

Liofilizzatori Advantage plus modello ES:
- Range di controllo della temperatura dei vassoi: -40 ÷ +60°C
- Range della temperatura di congelamento dei vassoi: -45 ÷ +60°C
- Capacità del condensatore: 6 litri
- Numero di compressori: 1
- Sistema di refrigerazione: senza CFC
- Pompa da vuoto raccomandata: 65 ÷ 194 LPM
- Dimensione cabina: (LxWxH) 65,4 x 71,1 x 73,0 cm
- Peso: 118 Kg.
- Alimentazione: 200-240 V; 50-60 Hz
- Sistema di stoppering dall'alto in basso: opzionale
- Distanza tra i vassoi (pollici/millimetri): se 3 vassoi 1,75/44,5 ; se 2 vassoi 2,875/73 ; se 1 vassoio 6,25/158,7.

Liofilizzatori Advantage plus modello XL:
- Range di controllo della temperatura dei vassoi: -45 ÷ +60°C
- Range della temperatura di congelamento dei vassoi: -55 ÷ +60°C
- Capacità del condensatore: 6 litri
- Numero di compressori: 1
- Sistema di refrigerazione: senza CFC
- Pompa da vuoto raccomandata: 65 ÷ 194 LPM
- Dimensione cabina: (LxWxH) 65,4 x 71,1 x 73,0 cm
- Peso: 136 Kg.
- Alimentazione: 200-240 V; 50-60 Hz
- Sistema di stoppering dall'alto in basso: opzionale
- Distanza tra i vassoi (pollici/millimetri): se 3 vassoi 1,75/44,5 ; se 2 vassoi 2,875/73 ; se 1 vassoio 6,25/158,7.

Liofilizzatori Advantage plus modello EL:
- Range di controllo della temperatura dei vassoi: -55 ÷ +60°C
- Range della temperatura di congelamento dei vassoi: -65 ÷ +60°C
- Capacità del condensatore: 6 litri
- Numero di compressori: 2
- Sistema di refrigerazione: senza CFC
- Pompa da vuoto raccomandata: 65 ÷ 194 LPM
- Dimensione cabina: (LxWxH) 65,4 x 71,1 x 73,0 cm
- Peso: 154 Kg.
- Alimentazione: 200-240 V; 50-60 Hz
- Sistema di stoppering dall'alto in basso: opzionale
- Distanza tra i vassoi (pollici/millimetri): se 3 vassoi 1,75/44,5 ; se 2 vassoi 2,875/73 ; se 1 vassoio 6,25/158,7.
(r.210613)


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Il Quinto Ingrediente "Misterioso" di alcuni tipi di Cioccolato



Non tutto il Cioccolato è uguale, alcuni sono meno uguali di altri.

Il Poliricinoleato di Poliglicerolo il cui acronimo noto tra gli addetti ai lavori è PGPR e noto anche come E 476 è una molecola riscontrabile nei prodotti dolciari e nel Cioccolato di alcune note produzioni industriali, in quanto additivo alimentare

La molecole è usata come emulsionante e il suo nome riporta alla mente, parlando di grassi e di trigliceridi i cosiddetti esteri del Glicerolo. Il nome ci dice che nella composizione del poliricinoleato di poliglicerolo entra l’acido ricinoleico, un idrossiacido che è estratto dal ricino (Ricinus Communis), una pianta originaria dell’Asia tropicale appartenente alla famiglia delle Euforbiacee.

L’acido ricinoleico è il componente principale dell’olio di ricino. Negli ultimi anni la coltivazione del ricino è aumentata e anche l’olio ha acquistato valore per i suoi numerosi utilizzi. L’olio di ricino (o castor oil) trova impiego oltre nell’industria alimentare anche nell’industria farmaceutica, tessile, cosmetica. E’ utilizzato anche come lubrificante per motori e automobili. Ecco un utile in cui sono elencati i numerosi suoi derivati.

I paesi produttori dell’olio di ricino sono: India, Cina, Brasile, Paraguay, Etiopia, Filippine, Russia, Tailandia. La produzione Indiana copre circa il 65% del mercato, seguita dalla Cina e dal Brasile.

L’estrazione dell’olio dai semi segue diverse tappe simili a quelle impiegate per estrarre altri oli vegetali, si fa uso di solventi (esano o eptano) a cui seguono diverse tappe di raffinazione. L’olio di ricino che si ottiene si usa come tale o dopo essere stato idrogenato.

Il poliglicerolo (o poliglicerina) è un polimero del glicerolo, si sa che il glicerolo è contenuto in tutti i trigliceridi presenti nei grassi sia animali che vegetali. Per la sintesi del polimero, vengono fatte reagire insieme diverse molecole di glicerolo, ne deriva che il polimero finale presenta numerosi gruppi –OH che saranno i gruppi funzionali per la sintesi degli esteri come l’emulsionante da cui siamo partiti.




Il poliglicerolo nella cui composizione -come schematizzato nell’immagine -possono entrare fino a 20 unità di glicerolo, ha diverse proprietà funzionali.

Il poliricinoleato di poliglicerolo, liquido viscoso, insolubile in acqua e solubile nei grassi e oli, è introdotto nella produzione del wafer fino a quella del cioccolato. E’ usato come agente modulatore della viscosità. In rete si trovano comunque altre possibili giustificazioni all’ingresso dell’emulsionante nelle filiere produttive, esso verrebbe usato per sostituire la fase grassa e ridurre la quantità di burro di cacao. Dal 2006 quindi le multinazionali tra cui Nestlè e Hershey hanno iniziato ad utilizzarlo per ridurre i costi produttivi e ne deduciamo che la sua presenza o la presenza di altri poliesteri può essere considerata un buon indicatore della qualità non eccelsa del prodotto.


Il poliricinoleato di poliglicerolo viene ottenuto da una reazione di esterificazione a partire da poliglicerolo + acido ricinoleico. Per descrivere la storia del poliricinoleato di poliglicerolo occorre partire quindi dai due componenti.

EFFETTI SULLA SALUTE

Nella vasta gamma di sostanze chimiche che vengono mescolate agli alimenti che finiscono sulla nostra tavola, ci sono le quattro categorie specifiche degli emulsionanti, stabilizzanti, addensanti e gelificanti. Ciascuno, come spiega il termine stesso, ha un ben determinato compito, che generalmente è riferito al mantenimento di un preciso stato fisico e solido.

Tuttavia per quanto riguarda l’E476 possono esserci rischi, in soggetti predisposti, di insorgenza di allergie ed ipersensibilità ma ancora in merito vi sono pareri contraddittori e pochi studi al merito.

Al momento non si conoscono effetti collaterali negativi per la salute dell'uomo derivanti dal consumo di prodotti alimentari addizionati con poliricinoleato di poliglicerolo.





IL VALORE QUALITATIVO DI QUESTI TIPI DI CIOCCOLATO





Tuttavia non è un prodotto “naturale” cioè si ottiene per passaggi chimici industriali prima di essere utilizzato in produzione.

 Nel caso specifico la sostanza deriva dai mono e digliceridi degli acidi grassi per poi passare alla fase ultima di ottenimento. Si stima che il 50% degli emulsionanti usati nelle varie filiere produttive sia costitutito dai mono-e digliceridi degli acidi grassi.

 Da essi derivano poi altri emulsionanti (della serie E472) che si ottengono facendo reagire acidi organici e monogliceridi distillati. Tra i derivati ci sono monogliceridi acetilati, esteri dell’acido citrico, esteri dell’acido lattico ecc. Inoltre, utilizzando poliglicerolo è possibile ottenere esteri del poliglicerolo tra cui il Poliricinoleato di Poliglicerolo (E476)


Si può concludere che, se da un lato non ci sono informazioni specifiche sugli effetti negativi o cancerogini o di serio rischio per la salute a causa di insufficieti studi in merito, dall'altro lato l'uso di questi additivi abbassano di gran lunga la qualità del prodotto, sia dal punto di vista Qualitativo che merciologico cioè di prezzo.


Il Cioccolato, che è già di suo un composto fatto di Pasta di Cacao (parte nobile) ed altri ingredienti con l'aggiunta del Poliricinoleato di Poliglicerolo viene "allungato" ulteriormente causando una sorta di diluizione della parte Buona, ciò comporta la produzione di Cioccolato non di "fascia alta" ma di un prodotto di Quantità.



















L’altro aspetto del Latte




Il latte è forse uno dei prodotti usati tal quale e/o come sostanza di partenza per estrarne delle componenti da utilizzare nelle preparazioni e produzioni alimentari. Agroalimenti e dintorni in questo articolo molto tecnico cerca di spiegare perché il latte è tato usato nelle lavorazioni, esistono infatti molte spiegazioni che dimostrano l’utilizzo del latte ne sintetizziamo brevemente qui qualcuno:


1.    Capacità amalgamante
2.    Capacità strutturale (nel prodotto finito)
3.    Valore nutrizionale
4.    Valore aggiunti/ economico

Nei primi 3 casi la motivazione di perché si usa il latte è perché la propria composizione chimica che lo fa essere non “acqua” ma un prodotto liquido arricchito naturalmente da Proteine e quant’altro che cooperano nella produzione del prodotto stesso, non che nella trasformazione vista dal punto di vista Fisico e Chimico.
 Al contempo, la stessa composizione chimica garantisce una struttura “voluta” al prodotto che si sta realizzando. Ciò per le motivazioni che spiegheremo dopo è impossibile per un liquido come l’acqua. Da lì poi si aggiunge il valore nutrizionale, anche qui si ricorda che nel campo scientifico quando si fanno delle comparazioni o differenze, queste sono fatte sempre in funzione di qualcos’altro e non in assoluto e in modo generico, in tal caso si tratterebbe di sponsorizzazioni o altro ma non scienza, quindi diremo che il latte ha un valore nutrizionale diverso rispetto ad altri liquidi quali l’acqua ad esempio, ma non è detto che sia migliore su tutti i punti di vista.

Ad ogni valore aggiunto, ovviamente, si lega un valore aggiunto ed economico, nel senso che, se un
Silos per lo stoccaggio del latte
prodotto è fatto con latte l’azienda cavalca l’onda delle informazioni nutrizionali per comunicare la consumatore che il suo prodotto ha latte e non altro, che è nutriente e non altro, che è quel latte e non altro e così via. Ciò ovviamente né da un valore commerciale ed un costo.

Tuttavia se è vero che la nutrizione dice che il latte è un prodotto nobile e nutriente che ha tutto ciò che serve e così via, c’è da dire al contempo che si parla di latte consumato da solo e fresco e non in prodotti e quant’altro.

Per tal motivo, tralasciamo il significato generico e comune che bere latte fa bene, che è nutriente e andiamo ad analizzarne il significato chimico- meccanico che svolge in un prodotto, partendo proprio dalle Proprietà Tecnologiche.

Le proprietà tecnologiche del latte che, nella preparazione dei latti alimentari e degli altri derivati ne regolano il comportamento alle sollecitazioni di natura chimica, fisica e meccanica, dipendono, più che dalla distribuzione percentuale dei vari componenti, dalle aggregazioni strutturali, mediante le quali si stabiliscono rapporti di emulsioni, dispersione o soluzione colloidale con la fase disperdente acquosa, rappresentata da una soluzione di zuccheri e sali minerali.

Tra i componenti in soluzione gli Ioni di sali minerali giocano un ruolo importante nello stabilire le strutture organizzate (globuli di grasso e micelle caseiniche) mediante reazioni all'equilibrio, tra la fase colloidale e la soluzione, regolate dalle sollecitazioni prima ricordate. Figura 1
 
Fig 1


Come esempio degli equilibri tra componenti minerali quello del calcio può essere così riassunto si hanno spostamenti verso la forma ionica per aumento dell'acidità e verso la forma non dissociata per azione di sequestranti ad esempio l'acido citrico, del calore e della concentrazione del latte.
Poiché questi equilibri riguardano anche altri componenti, non solo minerali, che causa le stesse sollecitazioni passano da forme più o meno organizzate ad altre, un esempio che riassume gli equilibri fondamentali che regolano nel latte crudo la dispersione colloidale della caseina informami cellulare è rappresentato nella figura2

 
Fig 2



In questo schema, quando si parla di caseina insolubile si intendono le aggregazioni sub-micellari causate dalle proprietà molecolari delle singole casine come sarà illustrato in uno speciale articolo, mentre i complessi caseinici corrispondono alle micelle, che sono aggregati di submicelle aventi come collante componenti minerali calcio e fosfato di calcio presenti nella fase colloidale

A loro volta i globuli di grasso, nella forma in cui sono presenti nel latte, hanno origine quando le gocce costituite da ammassi lipidici, che si formano nelle cellule dell'epitelio secretorio della ghiandola mammaria, emergono dallo stesso epitelio avvolgendosi con una frazione della sua membrana apicale.



 Questa, che è una struttura proteica organizzata, partecipa agli equilibri riguardanti la stabilità dell'emulsione gli stessi globuli. Alcune delle proprietà e delle caratteristiche degli elementi strutturali del latte sono riportati in Tabella 4


Questo approfondimento spiega un’ulteriore nozione e cioè quella di perché in molti prodotti alimentari e quindi sulle loro etichette si legge spesso proteine del latte, aggiunta di caseine, siero e così via e non latte.


Il latte e i suoi componenti, anche in modo separato sono usati in tantissime produzioni alimentari se ne citano alcune:

Panificazione
Prodotti Carnei fermentati
Fermentazioni in genere
Bevande
Prodotti lattiero caseari e Derivati

dove agiscono meccanicamente per interagire con tutti gli altri microcomponenti, ciò che si ottiene è una maggiore stabilizzazione, un maggiore corpo e una determinata struttura interna. Inoltre sono importanti nelle Reazioni di Maillard nelle preparazioni gastronomiche e dolciarie.

Si è fatto qui solo un veloce e riassuntivo quadro di perchè il latte è usato, tuttavia ulteriori approfondimenti saranno sviluppati in seguito 

 L’industria scegliendo e dosando le componenti in linea macroscopica e microscopica (latte e proteine del latte per intenderci), modifica e lavora sulla modulazione di tali effetti e sul lavoro meccanico che quest’ultimi devono avere nel prodotto considerato.



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Le Fasi della Produzione Industriale del Pomodoro



La produzione industriale del Pomodoro, serve a determinare la trasformazione fisica, chimica, organolettico-sensoriale del prodotto fresco, il quale si presenta a forma di bacca. Tutto ciò per poterne garantire una maggiore conservazione ed anche un più vasto modo d’uso.


 La conservazione del Pomodoro è nota da secoli e già i nostri antenati hanno studiato metodi per poterli assaporare durante l’intero anno, un esempio lo sono i Pomodori tagliati ed essiccati al sole o spremuti e concentrati attraverso la cottura a fuoco lento. Ma solo nella seconda metà dell’Ottocento, parallelamente alla trasformazione della dieta, si è sviluppata una attività, dapprima artigianale e quindi industriale, di trasformazione delle conserve vegetali, che ha trovato nel territorio parmense luogo privilegiato di elezione. 




Oggi, importanti aziende conserviere, leader nei rispettivi settori di mercato, lavorano quantità enormi di prodotto seguendo metodiche di lavorazione e utilizzando tecnologie messe a punto nel tempo. 


                              Agroalimenti e Dintorni  
Vi accompagna in una di queste e proviamo a seguire, passo dopo passo, le fasi di produzione, cercando di capire l’importanza di ogn’una di esse.



 

Il Frutto di Pomodoro è una bacca. E’ da qui che l’ingegnere alimentare, l’agronomo e il tecnologo alimentare partono quando c’è da studiare, migliorare o creare una linea per la conserva di pomodoro. Questo perché sarà la natura della materia prima con le sue caratteristiche proprie a dettare le regole per la linea produttiva, nonché il punto di partenza fino al punto di fine.



In generale il processo di trasformazione industriale del pomodoro può essere schematicamente  in tre parti:

 



1.    FASI PRELIMINARI, COMUNI A TUTTI I PRODOTTI

Ricevimento della materia prima, valutazione qualitativa, pesatura e calibratura, operazioni di scarico, invio alle linee, lavaggio e cernita; ricevimento del materiale da imballaggio e degli ingredienti e loro invio alle   
                                    linee di Produzione.

2.    FASI SPECIFICHE PER TIPOLOGIA DI PRODOTTO

Successivamente all’operazione di lavaggio e cernita (comune a tutti i processi) il trattamento che i pomodori subiscono è in funzione dei derivati che si vogliono ottenere: 

- succo, passata e concentrati condizionati in scatola, vetro o in contenitori asettici destinati al consumatore finale;
- pomodori pelati interi e non interi in scatola o vetro o contenitori asettici destinati al consumatore finale;
- pomodori non pelati interi in scatola o vetro destinati al consumatore finale;
- succhi, passate, polpe e concentrati posti in fusti asettici per la successiva rilavorazione o destinati alla vendita fra industrie di trasformazione;
- sughi e ketchup.

3.    FASI FINALI COMUNI A TUTTI I PRODOTTI

Etichettatura dei contenitori, confezionamento (fusti, cartone, Termo, ecc.) e immagazzinamento finale.


 FASI PRELIMINARI ______________________


 RICEVIMENTO POMODORO

Il pomodoro arriva in Fabbrica all’interno di enormi cassoni in plastica da agricoltura. I cassoni  (cassoni di autocarro o di carro agricolo) o in cassoni (bins) da circa 350 kg. Cadauno, i quali a loro volta sono trasportati su Tir.La fase preliminare è fondamentale e può pregiudicare la qualità del prodotto finale, in quanto esistono tempi precisi per la raccolta del frutto la modalità di carico nei cassoni, evitando danni ai frutti stessi, tempi precisi per il trasporto. Una eccessiva sosta provocherebbe focolai fermentativi che modificherebbero le caratteristiche organolettiche del prodotto.


 VALUTAZIONE DEL FRUTTO, PESATURA.

All’arrivo della materia prima avviene subito la prima fase di controllo qualità la quale deve accertare che i requisiti di richiesta dell’azienda sono presenti:
-    Quantità
-    Tipologia
-    Stato fisico e di trasporto
-    Valutazione biologica, chimica e microbiologica
-    Gestione degli standard aziendali

Il pomodoro viene dunque valutato, prelevandone un campione casuale, secondo regole stabilite in precedenza fra parti agricole ed industriali; in queste sono fissate le percentuali massime consentite di prodotti estranei (frutti verdi, terra e sassi) e quelle di pomodori con leggeri difetti (parzialmente gialli o verdi); dopo questo primo controllo visivo, si valuta il residuo zuccherino del frutto; l’insieme di questi elementi ne determina il valore definitivo. 
 La partita viene quindi pesata.


SCARICO

I bins sono dunque scaricati con carrelli elevatori e stoccati temporaneamente nei piazzali; tuttavia, per evitare il deterioramento del prodotto, il periodo di sosta non deve superare le 24 ore. 

Quando il frutto è conferito alla rinfusa, i mezzi vengono posizionati lateralmente alle vasche di ricevimento; forti getti d’acqua vengono indirizzati sul frutto, facendolo defluire attraverso apposite bocchette disposte sui lati del mezzo e facendolo cadere in canali pieni d’acqua.

 Con questa operazione si elimina buona parte del materiale inerte (fango, sabbia o sassi) causata dalla raccolta meccanica sul campo e si effettua un primo superficiale lavaggio; prima di essere immesso nelle piscine (o direttamente ai nastri di cernita manuale) il pomodoro passa attraverso il controllo di selezionatrici ottiche che, similmente a quelle operanti sulle macchine di raccolta, scartano i frutti difettosi (verdi, gialli, ecc.); questi verranno utilizzati quale concime naturale nei campi (ammendante), mentre i frutti idonei finiranno invece in piscine piene d’acqua o direttamente sulle linee di cernita manuale.


 STOCCAGGIO TEMPORANEO DEL POMODORO

Il pomodoro che arriva alla rinfusa viene inviato a piscine di stoccaggio (della capacità di circa 100 tonnellate di frutto ciascuna) parzialmente riempite d'acqua, nelle quali i frutti sono mantenuti in attesa dell'invio alle linee di trasformazione.

Le operazioni successive allo scarico dei mezzi (alimentazione delle vasche di sosta, loro svuotamento ed invio alle linee di lavorazione del pomodoro) sono effettuate da un operatore, che posto su una cabina dislocata in posizione elevata, è in grado di tenere sotto controllo l'intero sistema.

 INVIO ALLE LINEE DEL POMODORO

Il pomodoro esce dalle piscine mediante l'abbassamento di apposite paratie. 

Per quello in bins si utilizzano ribaltatori automatici, con caduta delle bacche in vasche di ridotte dimensioni, piene d'acqua. Da qui in avanti, il percorso del frutto è comune ai due sistemi: attraverso acqua via via più pulita, esso perviene ad elevatori meccanici, che lo riversano sulle linee di cernita.


È’ indispensabile per eliminare le sostanze estranee (inerti derivanti dalle operazioni di raccolta, parti vegetali verdi e frutti non idonei) dalla materia prima. 

Dapprima viene effettuato un prelavaggio in vasche piene d’acqua, munite sul fondo, di insufflatori d’aria sotto pressione, in modo da agitare i frutti e permetterne una pulizia più accurata; da questa prima vasca, a mezzo di un elevatore meccanico, il pomodoro cade in una successiva vasca piena d’acqua pulita; da questa parte un lungo nastro a rulli sul quale gli addetti effettuano l’ultimo controllo qualitativo dei frutti. 

Subito dopo il pomodoro passa sotto getti d’acqua a forte pressione per eliminare le ultime impurità rimaste. Un altro sistema di cernita prevede l'azione meccanica di dischi pulitori dei frutti, che sono presi e sottoposti a un'energica azione di sfregamento, che pulisce la superficie sana e asporta le parti molli (guaste) e che sostituisce, in buona parte, la cernita manuale.

 CERNITA

I pomodori alterati, specialmente se ammuffiti o con marciume, peggiorerebbero la qualità della conserva, deteriorandone sia il colore che il profumo, riducendo altresì la durata del prodotto. I frutti non idonei sfuggiti ai precedenti controlli delle selezionatrici ottiche, passano sotto lo sguardo del personale addetto all’ultima cernita; il loro compito di controllo risulta facilitato dal fatto che i rulli sui quali passa il pomodoro ruotano su loro stessi, facendo così ruotare i frutti ed esponendoli ad una visione completa da parte delle operatrici addette al controllo. 


Vengono quindi asportati manualmente dal personale addetto a tale compito; il prodotto giudicato non idoneo viene allontanato ponendolo su piccoli nastri meccanici (o idraulici) posizionati sopra quello di lavaggio. Dopo tale controllo, la rulliera che trasporta il pomodoro, assume una posizione inclinata verso l’alto; in quest’ultimo tratto avviene l’ultimo lavaggio con getti d’acqua a pressione.

 È indispensabile un adeguato sistema di illuminazione ed un frequente avvicendamento del personale addetto alla cernita, perché l'operazione affatica notevolmente la vista e rischia di far perdere la necessaria attenzione. 

Generalmente a ciascun addetto vengono affidati compiti specifici di cernita: togliere il verde, togliere lo spaccato o il marcio, togliere il materiale estraneo. Fino a tempi recenti tale operazione era ben più faticosa, poiché la mancanza delle selezionatrici ottiche inviava alla cernita una quantità sensibilmente maggiore di frutti non idonei.

 RICEVIMENTO E STOCCAGGIO DEL MATERIALE DA IMBALLAGGIO

Le scatole metalliche ed i contenitori in vetro arrivano su pallets sigillati da uno strato di plastica trasparente per proteggerli dal contatto con gli elementi esterni (pioggia, polvere, materie inquinanti). 

Il materiale per il riempimento asettico arriva in bobine di poliaccoppiato (brik) o in cartoni chiusi (sacchi asettici). Il materiale plastico, per i fardelli termoretraibili o per l'imballo protettivo dei pallets, arriva in bobine. Il loro stoccaggio in magazzino ne evita il contatto con gli agenti atmosferici, la polvere e la colonizzazione dei parassiti.

 INVIO ALLE LINEE DEL MATERIALE DA IMBALLAGGIO

Le scatole metalliche e i contenitori in vetro vengono depallettizzati in un'area limitrofa alla zona di confezionamento e quindi inviati, mediante trasportatori a nastro, alle zone di utilizzo. I sacchi asettici ed i tubetti di alluminio vengono portati nelle zone di impiego in imballi di cartone, dai quali sono estratti al momento dell'uso, così come le bobine di poliaccoppiato per i brik.

 RICEVIMENTO INGREDIENTI
Il sale, posto su pallets, arriva abitualmente in sacchi impermeabili da 25 Kg.
Gli ingredienti come erbe, spezie, prodotti carnei, riservati alle produzioni di seconda lavorazione (ketchup e sughi), arrivano nelle modalità idonee per ciascun prodotto.

 STOCCAGGIO E PREPARAZIONE INGREDIENTI
Mentre è bene stoccare il sale alimentare, pur protetto dall’involucro impermeabile in luogo asciutto, prima di essere impiegato in soluzione acquosa o in succo di pomodoro, gli ingredienti di origine vegetale o animale, a seconda delle loro caratteristiche, devono essere stoccati in magazzini idonei alla loro perfetta conservazione nel tempo.

INVIO DEGLI INGREDIENTI ALLE LINEE DI CONFEZIONAMENTO
Dai serbatoi di preparazione (dissolutori) le soluzioni sono inviate, mediante pompaggio entro tubazioni in acciaio inossidabile, alle vasche di miscelazione. Gli altri ingredienti raggiungono la zona di miscelazione nelle modalità idonee a ciascun prodotto.


 
La calibratura per le linee specifiche _____________________

La calibratura è una fase importante che permette all’inizio della produzione di selezionare il prodotto più indicato per la specifica linea di produzione. A tal fine prima della fase di trasformazione vera e propria la macchina cernitrice seleziona i frutti in base alla forma e al peso, permettendo la giusta trasformazione.

 PRODUZIONE DI PASSATA


Per questa produzione si utilizzano varietà di pomodoro ricche di fibra e di pectina. Il processo produttivo si differenzia da quello utilizzato per il concentrato soltanto per l’impiego della tecnica hot break nell’ottenimento del succo; insieme ad una raffinazione non spinta e ad una ridotta concentrazione dello stesso, permette di ottenere un prodotto che, nell’utilizzo gastronomico, aderisce più facilmente alla pasta. Il prodotto viene confezionato in bottiglie, scatole metalliche o brick. 
 PRODUZIONE DI PELATI

Rapida scottatura

Si utilizzano varietà di pomodoro di forma allungata, piriformi. I pomodori vengono sottoposti a rapida scottatura a 130-140° sotto pressione: in tal modo la buccia si distacca più facilmente dalla polpa e, con un semplice processo meccanico, viene asportata dal frutto. Un nastro trasportatore lo porta all’ultimo controllo da parte degli addetti, che provvederanno a togliere eventuali bacche non idonee al confezionamento o parti di buccia rimaste. Il prodotto viene poi posto in scatole metalliche, aggiungendo succo di colmatura, ottenuto dalla lavorazione di parte dei frutti non utilizzati per la pelatura. Possono essere aggiunte anche erbe aromatiche (basilico) e sale da cucina. Le confezioni vengono poi chiuse ermeticamente e trasportate alla linea di pastorizzazione o di sterilizzazione.
 I SOTTOPRODOTTI

Dalla lavorazione del pomodoro si ottengono anche le bucce ed i semi che vengono utilizzati come componente dei mangimi per la nutrizione degli animali “da carne”.



La PRODUZIONE DI CONCENTRATO__________________


 TRITURAZIONE 

Al termine del piano di cernita, il pomodoro viene risciacquato con acqua potabile sotto pressione, quindi sottoposto a triturazione. Il frutto viene forzato a passare tra pettini, alloggiati nell’impianto ed altri posti su un cilindro rotante che si incastrano perfettamente nei primi. Ultimamente si è diffusa l'adozione di mulini a martelli che permettono una triturazione del pomodoro molto più fine tale da consentire il suo più rapido riscaldamento.

 SCOTTATURA 

Il pomodoro triturato viene inviato alla scottatrice, dove è sottoposto a riscaldamento. Lo scopo del trattamento termico è di agevolare il distacco della buccia nella successiva fase di estrazione del succo. Il calore, infatti, attiva l'azione degli enzimi pectolitici, provocando un rapido distacco dei legami fra buccia e mesocarpo del frutto. Il massimo di attività degli enzimi pectolitici si ha a una temperatura di circa 70-75°C. In base alla temperatura applicata si determinano le caratteristiche e l'aspetto del concentrato:

- Tecnica cold-break. Opera con temperatura tra i 60 e 75°C, ed ha come obiettivo quello di salvaguardare al massimo principi organolettici e qualitativi. Si ottiene un succo più fluido, perché questo trattamento facilita la più forte riduzione delle pectine del frutto.

 - Tecnica hot-break. Consente di ottenere la resa massima nell’estrazione superando nel più breve tempo possibile le temperature tra i 45° e gli 80° (dove l’attività degli enzimi pectolitici è massima) ed arrivando a 100° C; il prodotto ottenuto è quindi più denso e viscoso di quello ottenuto con il sistema in cold break.

 RAFFINAZIONE
 
Il pomodoro triturato e riscaldato passa nel gruppo passatrice/raffinatrice al fine di separare bucce e semi dal succo; la massa triturata viene forzata a passare, attraverso l’azione centrifuga provocata da un sistema rotante di sbarre metalliche, attraverso lamiere forate cilindriche o tronco coniche, con setacci dai fori progressivamente sempre più piccoli (da 1,2 a 0,5 mm). Nel primo setaccio (passatrice) i fori di 1,2 mm consentono l’allontanamento dei semi, dei piccioli, delle parti verdi consistenti e di buona parte delle bucce. 

Le sbarre sono montate in modo da imprimere al triturato un avanzamento continuo (a coclea), mantenendo sempre pulita la superficie del setaccio. Nella raffinatrice i setacci, con luci di passaggio di 0,8-0,6 mm, consentono l'eliminazione dei frammenti di semi e bucce e di altre particelle sfuggiti al transito precedente nella passatrice.

 VASCA DI RACCOLTA DEL SUCCO

Il succo viene raccolto in una vasca di acciaio inox, che serve da "polmone" per alimentare in continuo la successiva fase. Per evitare fenomeni di alterazione del succo per eccesso di sosta a temperature ideali per la crescita microbica, che possono causare aumento di acidità nel prodotto finito, la vasca deve essere dimensionata in funzione alle quantità assorbite dalle lavorazioni successive.

 CONCENTRAZIONE
Il succo, che contiene inizialmente circa il 95% di acqua, viene concentrato in grandi contenitori, detti "concentratori" o "evaporatori", fino al raggiungimento della concentrazione desiderata; tali impianti (che possono essere a doppio o multiplo effetto) lavorano a pressioni ridotte (sottovuoto), per danneggiare il meno possibile le caratteristiche qualitative del prodotto.

 Il vapore vivo, che subisce un processo di condensazione nella sezione di riscaldamento dell'evaporatore, trasferisce il calore rimanente allo stadio successivo, aggiungendolo al calore che si genera dalla soluzione. Il vapore prodotto è nuovamente utilizzato con l'invio nella sezione di riscaldamento di un secondo evaporatore, che, con pressione di lavoro ancor più ridotta, opera a temperature inferiori. Il sistema può essere spinto fino a quattro effetti successivi, con temperature che variano da 40° a 90°C.


 CONFEZIONAMENTO
Il concentrato può essere addizionato con circa l'1% di sale da cucina (NaCl).
Il confezionamento del concentrato, dopo un trattamento termico di pastorizzazione per permetterne la conservazione, può avvenire in tubetti metallici deformabili o in scatole di banda stagnata.
La maggior parte del concentrato di pomodoro, condizionato in fusti metallici nei quali viene inserito un sacco in materiale apposito, viene confezionato in asettico (contenitori ed ambiente sterile), ed è destinato alla rilavorazione o alla vendita tra industrie.

Si distinguono quindi due linee di confezionamento.





LINEA DI PASTORIZZAZIONE ________________________

 

INVIO ALLE LINEE DEL MATERIALE DA PACKAGING



I contenitori metallici vengono de pallettizzati in un'area limitrofa alla zona di confezionamento e inviati mediante trasportatori aerei a cavo o magnetici, alle singole zone di utilizzo.

RISCALDAMENTO
I trattamenti termici di stabilizzazione sono fissati generalmente in base all'inattivazione di lieviti e bacilli lattici, ottenuta riscaldando il prodotto a circa 92°C in pastorizzatori a fascio tubiero orizzontale riscaldati da vapore o con acqua mantenuta ad una temperatura di alcuni gradi superiore (riempimento a caldo) a quella prevista per il prodotto da trattare; oppure si possono utilizzare pastorizzatori monotubolari in serie. 


Nel caso della pastorizzazione di concentrati di elevata consistenza ("hot break", tripli, ecc.), risultano vantaggiosi gli scambiatori di calore a superficie raschiata, costituiti di un cilindro cavo (statore), avvolto da una camicia entro la quale circola il fluido riscaldante (vapore) e di un secondo cilindro (rotore), che, ruota all'interno del primo, sostenuto da un albero. 

Nell'intercapedine tra i due cilindri viene fatto passare il prodotto con un percorso elicoidale, determinato dalla pressione esercitata dalla pompa di alimentazione e dall'azione di trascinamento del rotore. L'omogeneità del riscaldamento e della durata dello stesso è resa possibile dall'azione di appositi raschiatori in fibra che, mantengono sempre libera la superficie di scambio termico e provocano un continuo rimescolamento del prodotto.

CONFEZIONAMENTO A CALDO

Si utilizzano riempitrici volumetriche a gravità o sotto vuoto. L'elevata temperatura di riempimento consente, durante il successivo raffreddamento, la creazione di una zona depressurizzata (vuoto) e quindi di una minore incidenza delle reazioni di alterazione chimica ossidativa; nel caso delle scatole, anche di una minore incidenza delle reazioni di corrosione delle superfici metalliche.

CHIUSURA CONFEZIONI

Al riempimento segue immediatamente l'aggraffatura (scatole metalliche) o la ripiegatura (tubetti di alluminio).

PASTORIZZAZIONE CONFEZIONI

Dopo la chiusura, le scatole sono lavate con una doccia d'acqua calda, capovolte e mantenute in questa posizione per 2-3 minuti, sufficienti a sterilizzare il fondello prima di essere inviate al raffreddamento.

 Il confezionamento in scatole o tubetti di piccolo formato (dove l'elevato rapporto superficie esterna/quantità di prodotto provoca un abbassamento molto rapido della temperatura) e quello dei contenitori in vetro (nei quali il capovolgimento della confezione è impossibile) non garantiscono che la temperatura del prodotto caldo possa essere sufficiente per la sterilizzazione delle pareti interne del contenitore. 
Per questo il riempimento a caldo è seguito da un ulteriore trattamento termico della durata di pochi minuti in bagnomaria bollente.

RAFFREDDAMENTO

Si pratica tramite acqua nebulizzata; il processo viene accelerato quando i barattoli siano sottoposti a rotazione.

ASCIUGATURA
Uscite dalla zona di raffreddamento le confezioni vengono colpite da getti di aria calda per un rapido asciugamento.


 

LINEA DI CONFEZIONAMENTO ASETTICO ____________


INVIO ALLE LINEE DEL MATERIALE DA PACKAGING
I sacchi o le cisterne vengono portati nelle zone di impiego in imballi di cartone, dai quali sono estratti al momento dell'uso.

TRATTAMENTO TERMICO
I concentrati sono sterilizzati utilizzando apparecchiature a scambio di calore indiretto, a tubi concentrici, a triplo tubo o a superficie raschiata.

RIEMPIMENTO ASETTICO
Il concentrato sterilizzato viene inviato ad una zona di sosta, costituita da tubi semplici coibentati o da sistemi a superficie raschiata, per permettere una miglior uniformità ed efficacia del trattamento effettuato. 

Il prodotto viene poi raffreddato alla temperatura di 35-40°C. Il raffreddamento può essere ottenuto con scambiatori del tutto analoghi a quelli utilizzati per il riscaldamento, sostituendo naturalmente al vapore un mezzo raffreddante (di solito acqua fredda o liquidi refrigeranti) o mediante sistemi sotto vuoto (flash cooler).

 In questo caso, si immette costantemente vapore nelle parti "a rischio" di contaminazione microbica. La fase di riempimento avviene in una camera apposita, che deve essere assolutamente isolata da possibilità di contaminazioni esterne. Si innesta il dispositivo di alimentazione nell’apposito foro di ingresso del sacco, a riempire il contenitore ed infine a richiuderlo ermeticamente. Talvolta si inietta anche azoto (gas inerte) sterile per dare una leggera sovrappressione.



 
FASI DI PRODUZIONE DEI PELATI E DEL CUBETTATO____
 
Per i Pelati: dopo il lavaggio e la cernita si passa alla pelatura, alla separazione delle bucce, alla cernita. Dopo queste fasi il prodotto viene inscatolato, le scatole sterilizzate e raffreddate.
Per il Cubettato: a differenza dei pomodori pelati interi, dopo la pelatura il prodotto viene cubettato (cubettatrici), sgrondato e confezionato.


 

FASI FINALI COMUNI A TUTTI I PRODOTTI____________
 
ARRIVO CONFEZIONI

I prodotti arrivano in singole confezioni: le scatole e i tubetti litografati necessitano solo di essere codificati, confezionati in imballo secondario e pallettizzati, mentre i sacchi asettici in contenitori secondari rigidi necessitano anche di etichettatura. Le scatole arrivano dalla linea di preparazione o da un apposito de pallettizzatore e, nel caso di lavorazione successiva alla produzione, attraverso nastri trasportatori aerei.

 ARRIVO ETICHETTE
Le macchine etichettatrici e codificatrici sono periodicamente rifornite di etichette, colla e inchiostro.

 ARRIVO MATERIALE DA IMBALLAGGIO SECONDARIO

I sacchi asettici sono immessi all'interno di fusti metallici o altri contenitori rigidi prima del riempimento, in modo che il sacco non subisca danneggiamenti. I cartoni che servono a contenere le confezioni delle scatole metalliche o i tubetti di alluminio arrivano appiattiti e vengono formati al momento.

 ETICHETTATURA
Al termine delle operazioni di riempimento, apposite macchine provvedono ad applicare, sull’imballaggio secondario, le etichette che riportano le caratteristiche del prodotto.

 IMBALLAGGIO SECONDARIO

I barattoli in banda stagnata, a seconda del loro peso, sono confezionati in numero che può andare da 3 fino a 48 pezzi. I tubetti di alluminio sono confezionati, in numero variabile a seconda delle richieste dell’acquirente, in singolo astuccio, in cartoni o in espositori.

PALLETTIZZAZIONE
Le confezioni destinate al consumo sono inviate ad un pallettizzatore per essere poste, ordinatamente, su pedane in legno. I fusti vuoti da 200 litri, destinati al successivo riempimento in asettico, vengono preventivamente disposti su pallets a gruppi di quattro ed inviati al riempimento. Terminata questa operazione, il tutto viene avvolto in films di plastica per proteggerli dagli agenti atmosferici e per consolidarne la struttura.

 MAGAZZINAGGIO

I pallets con i prodotti destinati al consumatore finale vengono inviati ai rispettivi magazzini di stoccaggio, mentre fusti metallici possono essere posizionati, su aree in cemento o asfalto e sovrapposti fino a tre di altezza, anche all'esterno.




SUNTO LINEE DI PRODUZIONE_______________________

 

LINEA PELATO ______________________






LINEA PASSATA ___________________________________________________







LINEA CONCENTRATO _________________________________________________





 LINEA CUBETTATO ______________________________________________





Diamo Voce e Musica . AgroeD  riassume con un Video. Buona Visione




Agroalimenti e Dintorni Vi da appuntamento alla 3° ed ultima parte del Focus sul Pomodoro.

Ulteriori approfondimenti saranno fatti nella sezione dadicata.

 Un grande ringraziamento va ai Team di lavoro di AgroeD che hanno prodotto questo Focus in collaborazione con Aziende conserviere del Settore. AgroeD per la Vera Qualità.














 INNOVAZIONE IN CAMPO ALIMENTARE: PERCHE' E QUANDO!

Agroalimenti e Dintorni cerca di analizzare brevemente i fattori e le fasi che un’azienda alimentare deve fronteggiare al momento di voler immettere sul mercato un nuovo prodotto, ma soprattutto risponderemo ad una domanda: Perché le Aziende propongono sempre nuovi prodotti?



Lo sviluppo di un nuovo prodotto è un processo che richiede un grosso impegno aziendale con largo impiego di risorse umane, sensibili investimenti economici, tempi generalmente lunghi di gestione e comporta quasi sempre un alto rischio di insuccesso. Se queste sono le premesse, viene spontaneo chiedersi perché un'azienda decida di sviluppare nuovi prodotti.



Sta di fatto che nonostante queste controindicazioni, aziende leader del settore alimentare, negli ultimi  anni hanno rinnovato la loro gamma introducendo sul mercato circa il 20 per cento i nuovi prodotti, la Comunità Europea nel tracciare le linee guida sia del quinto che del sesto programma quadro (programmi in cui si fissano le proprietà della ricerca per i paesi membri) ha indicato l'innovazione in campo alimentare come un tema ad alta priorità, ed ancora secondo un recente sondaggio fatto tra i marketing manager di primarie aziende alimentari alla domanda 2 punti quale strategia aziendale ritiene influisca maggiormente sul successo della vostra azienda, hanno risposto in maggior parte è la strategia più promettente si basa sull'innovazione di prodotto.

Per capire questa che a prima vista può sembrare una contraddizione bisogna considerare che qualunque azienda che intenda restare sul mercato deve tendere al Profitto, vale a dire che su base annuale i Ricavi dovrebbero sempre eccedere i Costi e affinché ciò avvenga è necessario che l'azienda persegua una politica di innovazione per contrastare gli attacchi cui è inevitabilmente sottoposta da parte dei Competitors.





 note: L'innovazione in campo alimentare può interessare diverse parti del prodotto finito. Le parti possono essere i costituenti del prodotto stesso, il packaging, la conservazione, l'apparance, il livello organolettico sensoriale e così via.


A tal fine è a carattere generale possiamo dire che: lo sviluppo di un nuovo Prodotto è un processo che richiede un grande impegno per l'azienda con l'impiego è l'analisi delle seguenti parti:

  •  Risorse umane,
  • Investimenti economici,
  • Tempi lunghi di gestione,
  • Alto rischio di insuccesso
 A questo punto bisogna capire per quale motivo un'azienda decide di innovare un prodotto.
Secondo un recente sondaggio si è evinto che la migliore strategia aziendale che influisce maggiormente sul successo di quest'ultima è l'innovazione di un prodotto e quindi  bisogna considerare che qualunque azienda che vuole restare sul mercato e mantenere un certo successo deve mettere in conto i costi e tutte le procedure da fare per l’Innovazione.



Tuttavia, se da un lato esisto i problemi già elencati dall’altro devo essere considerati altri motivi che obbligano l’azienda all’Innovazione,

 Le principali motivazioni che spingono le aziende ad innovare sono le seguenti:

      -  Posizionamento degli esistenti prodotti rispetto a loro ciclo di vita punto  
      -  Attese dei consumatori che derivano da cambiamenti socio economici e demografici,
      -  Opportunità offerte dei miglioramenti tecnologici,
      -  Vincoli imposti dai cambiamenti legislativi


Noi oggi con questo articolo andremo a valutare solo due di questi punti, il primo è proprio il Cambiamento Socio-Economico e Demografico e il secondo quello legato alla Diagramma dei Profitti.


La Curva di Engel della spesa alimentare valuta il rapporto che c’è tra Reddito e ammontare di cibo che una famiglia è in grado di approvvigionarsi, Si evince che l’ammontare di cibo è indipendente dal livello di Reddito totale della famiglia.
Oggi è radicalmente cambiato l'atteggiamento del consumatore nei confronti della scelta del cibo non sarà più di quantità ma di qualità.

Ciò è da riscontare nella naturale evoluzione della storia dell’uomo in Europa, infatti non più di 60 anni fa la situazione socio economica della quasi totalità dei paesi europei era profondamente diversa da quella attuale. Senza entrare in dettaglio si può dire che un tempo la loro situazione può essere descritta grossolanamente ma al tempo stesso efficacemente con la necessità di approvvigionarsi il necessario per sostenersi.


In altre parole la situazione europea post bellica era caratterizzata da due fattori dominanti da un lato l’agroindustria europea non era in grado di far fronte alla domanda delle popolazioni e dall'altro il livello economico di gran parte della popolazione era in sufficiente a garantire il fabbisogno. 

Fortunatamente la situazione è mutata per cui oggi ci troviamo in una situazione tale che come rappresentato in figura dalla curva di Engel l'ammontare di cibo che una famiglia in grado di approvvigionarsi e in pratica indipendente dal livello di reddito di tale famiglia. Ovvero si è realizzata la situazione ideale purtroppo con poche ma drammatiche eccezioni che dovrebbero essere tenute in debito conto da chi governa lo stato per cui ogni individuo può disporre di un quantitativo di cibo sufficiente, e talvolta eccedente, al proprio fabbisogno giornaliero.

Una prima variazione riguarda l'atteggiamento riguarda l'aspettativa di vita cresciuta significativamente nei paesi ad elevato reddito e si è affacciata sul mercato una nuova fascia di consumatori quelli della terza età. Tua portato alla nascita di un nuovo ed interessante segmento di mercato per molte aziende alimentari costituito da cittadini con età avanzata buona forma fisica e con reddito elevato attenti alla scelta di prodotti alimentari che posso aiutarli a mantenere il loro stato di salute. La recente comparsa sul mercato di specifiche linee di prodotti salutistici, funzionali e nutraceutici sono la risposta ai bisogni di questa categoria di consumatori.


Altre variazioni possono essere il numero di single che è cresciuto in maniera sensibile come così pure il numero di nuclei familiari costituiti da due sole persone oppure la percentuale delle donne che svolgono un'attività al di fuori delle mura domestiche ho ancora aumento del numero di coppie che dispongono di un doppio reddito ed è diminuito il numero di figli queste variazioni socio-economiche hanno avuto una forte ripercussione sullo stile di vita di gran parte della popolazione che si e poi rinfaccia siete poi affacciata alla trasformazione nel campo industriale


D'altro canto il successo commerciale o il fallimento di un nuovo prodotto può dipendere da diversi fattori che sono stati sintetizzati nella curva rappresentata.



 Si descrive l’andamento della situazione, fase dopo fase, dal momento in cui il nuovo prodotto entra nella gamma di mercato fino alla fase 5 detta di declino.
Le fasi sono riassumibili come segue: fase 1 di introduzione, fase 2 di sviluppo, fase 3 di consolidamento, fase 4 di stagnazione, fase 5 di declino.

Nella prima fase ci si aspetteranno delle perdite economiche in seguito all'introduzione sul mercato del nuovo prodotto ciò è dovuto agli alti costi di sviluppo che direttamente ed indirettamente entrano in gioco. Nella seconda fase migliora la situazione in quanto il prodotto ora di successo modifica il volume di vendita il quale bilancia i costi di investimento e quelli promozionali e portano al breaking point , cioè punto in cui la curva dei profitti attraversa l'asse ed assume valori positivi. 





Nel consolidamento o terza fase la curva dei profitti continua ad aumentare al termine di questa fase si assiste ad un’inversione di tendenza la curva raggiunge il massimo e poi inizia a calare ciò è dovuto ai costi pubblicitari e promozionali che bisogna ancora sostenere e allo steso tempo controllare. La quarta fase di stagnazione, è detta così poiché caratterizzata dalla stagnazione vera e propria delle vendite, per cui prevarranno, in questo frangente, i costi per il sostegno promozionale del prodotto che avranno un loro peso.

 La quinta fase detta di declino è il calo fisiologico delle vendite dovuto alla formazione del prodotto, il prodotto è sul mercato, è conosciuto, i consumatori lo hanno provato, il boom commerciale finisce e il nuovo alimento si andrà ad auto collocare nella classifica dei più o meno venduti del marchio.



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